E li chiamano 'disabili'

Cannavò nelle prime pagine precisa: "Mi viene il sospetto di aver forzato l’impegno, di aver cercato tra i disabili i campioni capaci di un’impresa provocatoria. Non mi sento di escludere il peccato. Di certo, il pensiero si rivolge anche alla moltitudine che, lontana da ogni clamore, realizza l’impresa più grande: quella di vivere dignitosamente, giorno dopo giorno".
Fonte:
CulturaCattolica.it
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E' uscito nei giorni scorsi l'ultimo libro di Candido Cannavò, (giornalista sportivo e direttore per vent'anni della Gazzetta dello Sport) edito da Rizzoli e dedicato al mondo della disabilità. Un viaggio entusiasmante in un mondo troppo spesso lasciato ai margini: "Spero - racconta l'autore - di contribuire ad abbattere un muro: perché è l'indifferenza la prima vera barriere da superare".

Il libro ritrae in copertina la nostra amica Simona Atzori, ballerina e pittrice di grande talento, che tempo fa si è raccontata in un'intervista su questo sito.
Ma il libro racconta storie di tante altre persone speciali, che hanno fatto della loro disabilità l'occasione per sviluppare e sfruttare altri talenti.
Cè Alex Zanardi, il pilota rimasto senza gambe in un incidente, perché disabili non sempre si nasce, qualche volta lo si diventa, poi c'è il dottor Anibaldi, chirurgo, paraplegico dal 1983: ora è il massimo esperto di senologia all'ospedale di Rieti e, grazie ad un prodigio dell'artigianato, riesce ad operare i suoi pazienti in posizione eretta e altre storie, sedici in tutto.
Sedici storie incredibili, di persone che fanno cose eccezionali, con l'aiuto di chi ha saputo amarli, comprenderli ed aiutarli a dare il meglio a trarre da loro stessi quelle potenzialità che erano sopite ma presenti.

Candido Cannavò nelle prime pagine precisa: "Mi viene il sospetto di aver forzato l'impegno, di aver cercato tra i disabili i campioni capaci di un'impresa provocatoria. Non mi sento di escludere il peccato. Di certo, il pensiero si rivolge anche alla moltitudine che, lontana da ogni clamore, realizza l'impresa più grande: quella di vivere dignitosamente, giorno dopo giorno".

Mi sento di dire che queste storie vanno raccontate, perché sono un aiuto a chi si trova a vivere la disabilità, ma anche a chi si trova ad essere genitore, fratello, amico, insegnante, di una persona con delle difficoltà, vale la regola che dovrebbe valere per tutti. Aiutarli ad avere fiducia nelle proprie capacità, non lasciarli soli e non restare soli.
Perché spesso le difficoltà che le famiglie vivono tendono a far sì che ci si isoli, che si cada nell'errore di convincersi che gli altri non capiscono, non comprendono e di finire per non tentare nemmeno di spiegare loro.
Non è facile vivere la disabilità in prima persona e non è facile stare vicino a chi vive questa condizione, ma è un'esperienza che cambia lo sguardo sul mondo e ci rende più "persone", quindi è doveroso che si parli, e si faccia lo sforzo di entrare in contatto con questo mondo, perché potrà solo venirne qualcosa di buono per gli uni e per gli altri.