Dietro il disabile
Per una ripresa del valore di ogni vita umana, in qualsiasi condizione- Autore:
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Dietro la parola disabile c'è un mondo di abili a fare altro, di sensibilità a volte sconosciute, a volte incomprese ai più, altre volte valorizzate.
Dietro il nostro disagio, la nostra paura, i nostri imbarazzi, ci sono la paura del dolore, della morte, il desiderio di non pensare che vivere spesso richiede fatica.
Ci sono domande che non osiamo fare, per paura di ferire chi ci sta di fronte, ma soprattutto perché non sappiamo come affrontare questo incontro, ci sentiamo inadeguati.
Perché quando vedi una persona sulla sedia a rotelle, ti chiedi subito, se ha mai camminato, se oltre all'handicap che si vede ci sono sofferenze che non vediamo, quelle dell'anima, ma queste domande rimangono mute e questo ci impedisce di affrontare un vero rapporto umano.
Viviamo in una società che allontana da sé il dolore, che medicalizza la nascita e la morte, che cerca di evitare la fatica del vivere.
Queste persone sono uno schiaffo, un richiamo alla realtà, la vita è fatta anche di lotta, di impegno, di fatiche che spesso non ci siamo scelti, ma che vanno affrontate, di grandi sconfitte e di piccole vittorie.
Perché disabili si nasce, ma spesso, molto spesso, disabili si diventa; per una malattia, un incidente o perché gli anni che passano ci rendono inabili a compiere gesti quotidiani, come testimoniano le storie di molte persone che si sono trovate un giorno a non essere più in grado di fare cose che facevano agevolmente solo un attimo prima.
Si sono trovati dall'altra parte della barricata, le barriere tra i disabili e le persone che solitamente vengono definite normodotate sono principalmente barriere dovute alla difficoltà di rapportarsi con l'altro, certo le barriere architettoniche vanno abbattute, ma la vera barriera è culturale.
Prima di tutto, per vincere la battaglia bisogna affrontare e demolire il muro tra noi e la realtà, quel muro che ci fa credere che vi è solo un modo di vivere, un unico modo di essere felici, quello con cui la maggioranza della gente tenta di attraversare il mondo.
E' lo stesso muro che ci fa vedere negli altri, nei disabili dei "poverini", delle persone da aiutare, soccorrere, da non contraddire.
Spesso lo facciamo in buona fede, quasi a sentirci in colpa per una salute che abbiamo senza alcun merito speciale, e non ci accorgiamo che questo è un altro modo di discriminare, di far sentire l'altro diverso, non per il suo modo diverso di essere, ma perché non lo riteniamo meritevole dei nostri rimproveri, dei nostri diversi punti di vista, attiviamo nei confronti di queste persone un filtro che ci impedisce di essere ciò che siamo, diventiamo, noi per primi, "disabili", ovvero incapaci ad essere noi stessi. La nostra comprensione, la nostra pazienza diventano così non un pregio, ma un difetto.
Dobbiamo allora lavorare, perché si valorizzi l'idea di "valore umano", la vita ha un valore, dai suoi primi albori, in qualunque modo sia vissuta, sia che si viva correndo, ballando, guardando, risolvendo test matematici, o cogliendo della vita quegli aspetti, che chi corre, balla e prende la laurea non sa cogliere.
L'importante è dare a tutti la possibilità di sviluppare al meglio le sue potenzialità, i proprie inclinazioni, senza pregiudizi e senza pensare che in fondo stare al mondo vale la pena solo se lo si fa in maniera "facile", senza pensare che l'altro ha un valore perché ci obbliga a ricordare come siamo fortunati ad essere in salute, l'altro ha un valore perché ha cose che noi non abbiamo, sensibilità che a noi sono sconosciute, l'altro ha un valore perché è unico, diverso da tutti, proprio come noi.