Fantasy: Thomas Covenant 2. La scoperta del male
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
La scoperta della realtà del male
Il male irrompe nella vita del protagonista Thomas Covenant [1] attraverso la lebbra che egli contrae improvvisamente. Essa pone il problema fondamentale, da cui dipende tutta la vicenda e la caratterizzazione stessa del protagonista.
Prima dell'inizio dell'azione del romanzo, Thomas Covenant è un uomo felicemente sposato, con un figlio neonato, e il cui primo romanzo è stato per un anno nella lista dei best sellers. Nella sua vita tutto scorre, apparentemente, liscio. Anzi, egli è così felice, dopo il successo del suo romanzo e la nascita del figlio, che non riesce ad applicarsi a nulla, ma soltanto a ridere e sorridere a tutto e a tutti. In questa condizione di assoluta serenità piomba, imprevedibile e devastante, la lebbra.
La lebbra distrugge progressivamente il corpo, rende deformi e repellenti; fin dall'inizio la lebbra priva del senso del tatto, richiede una attenzione spasmodica a tutti i particolari, perché una minima ferita, inavvertita data la perdita della sensibilità, può causare un riacutizzarsi del male; la lebbra causa il disprezzo generale per chi ne è colpito, isola dagli altri, sottrae al protagonista anche l'affetto più saldo, quello della moglie. La lebbra distrugge tutta la vita, cancella da essa tutto quanto possa esserci di gratificante.
La lebbra diventa per Covenant l'esperienza fondamentale, la pietra di paragone di tutta l'esperienza, e getta un giudizio di condanna su tutto ciò che egli ha vissuto fino a quel momento; la sua felicità non era vera, poiché non ha saputo resistere all'irrompere della lebbra: rileggendolo, il suo best seller gli si rivela fatuo ed inconsistente, la fama si trasforma nel disprezzo dei concittadini, la moglie chiede il divorzio e si allontana con il figlio per proteggerlo dalla malattia. Covenant si accorge che non aveva mai risolto il problema del male, l'aveva solo accantonato.
La scoperta della realtà del male in tutta la sua gravità, al di là della superficialità con cui l'uomo cerca di accantonare il problema, inchioda davanti alla responsabilità, impedisce di continuare a vivere come prima, di gioire. Tutto deve essere messo tra parentesi, finché non viene trovata risposta al misterium iniquitatis.
La scoperta del male dentro di sé
Covenant non scopre l'esistenza del male riflettendo sulla fame nel mondo o sulla crescita della criminalità, la scopre in sé stesso, nella sua carne. Per questo motivo non c'è, per lui, ritorno da questa scoperta. Egli fa esperienza del male non come qualcosa di estraneo, esterno a lui, ma come qualcosa che lo segna, interiormente e pubblicamente.
Il suo disprezzo per il male è perciò autodisprezzo, l'autodisprezzo del lebbroso. Odiato ed emarginato dai concittadini per la sua lebbra, Covenant condivide in fondo la loro avversione per la propria vita segnata dal male. E' colmo di rabbia contro il male che non può allontanare da sé, mentre tutti, potendolo, si allontanano (compresa sua moglie Joan, malgrado il patto matrimoniale).
Egli non ha una risposta al male ed è inchiodato davanti alla esigenza radicale di un senso. Nella sua vita precedente, nella sua precedente borghese felicità non c'era risposta, ma solo non consapevolezza del problema.
Di fronte al problema del male Covenant si scopre in una mortale solitudine. Nessuno è in grado di dare risposta al suo dramma. Anzi, i suoi concittadini hanno un'unica risposta, emarginare lui, cioè negare il problema:
"[…] "alla morte c'è solo una risposta buona."
- Solo una? E che risposta è?
- Voltarle la schiena - ringhiò Covenant, allontanandosi - emarginarla. Cacciarla via. –" [2]
La falsità di questa risposta si evidenzia da due elementi: innanzitutto davanti alla drammatica necessità che Covenant sente di compassione e di solidarietà, il loro allontanarsi diventa colpevole crudeltà.
In secondo luogo tale risposta, oltre che crudele, è erronea: essi tentano di distinguersi, innalzano barriere contro di lui per evitare il contagio, come se il male fosse un problema marginale, qualcosa di estraneo che possono tenere lontano da sè. Egli invece sa, per esperienza, che non è così, perché era come loro prima che il male lo colpisse personalmente.
Un'altra esperienza, legata alla lebbra, chiude davanti a Covenant la strada dell'adesione a questa falsa risposta: nella sua permanenza al lebbrosario Covenant ha incontrato persone che hanno reagito al male negandone l'esistenza: hanno cercato di vivere come prima, hanno scordato di curarsi, hanno sottovalutato la malattia, e la lebbra le ha divorate.
Covenant invece sta di fronte con determinazione a ciò che la lebbra pone come problema.
"Conobbe pazienti che erano già stati varie volte al lebbrosario: recidivi atterriti che non riuscivano ad adeguarsi alla richiesta essenziale della loro pena, la necessità di rimanere stretti alla propria esistenza senza desiderare nessuna delle ricompense che le davano valore. La loro ciclica degenerazione gli insegnò a vedere nel suo incubo il materiale grezzo da cui costruirsi la sopravvivenza. Una notte dopo l'altra, la sua decisione lo prendeva e lo sbatteva contro la legge brutale e irrimediabile della Lebbra; un colpo dopo l'altro, gli mostrava che l'assoluta dedizione a quella legge era la sua unica difesa contro la suppurazione, la cancrena progressiva e la cecità." [3]
Il male toglie tutto ciò che dà valore all'esistenza, ed essa rimane nuda, ma in questo rimanere nuda è messo in risalto tutto il suo valore. La vita di Covenant diventa una costante battaglia contro la lebbra. Battaglia disperata, perché per la lebbra non c'è guarigione: impegnando tutte le proprie energie, e rinunciando a tutte le ricompense che danno valore alla vita, si può ottenere solo di rimandare la sconfitta. Covenant vuole affermare la vita, ma di fronte alla sua quotidiana negazione ad opera del male della lebbra, affermare la vita richiede un disperato coraggio.
"Non voleva pensare a quello che gli sarebbe successo se avesse cessato di lottare. Odiava se stesso perché doveva combattere una simile guerra interminabile e senza possibilità di vittoria. Ma non riusciva ad odiare le persone che rendevano così assoluta la sua solitudine morale. Quelle persone non facevano che condividere la sua stessa paura." [4]
Questo stare di fronte al problema del male in tutta la sua serietà e drammaticità, senza cercare di sottrarsi, è la cifra principale del protagonista. Quando un vecchio misterioso davanti alla disperazione di Covenant gli chiede perché allora non si distrugge, egli risponde che "sarebbe troppo facile." [5]. Sarebbe arrendersi all'evidenza della vittoria del male, mentre egli drammaticamente è alla ricerca di una ragione per vivere che resista alla spoliazione di cui la lebbra lo ha reso vittima, di una risposta alla morte.
"Niente poteva avere significato se non si rispondeva a quella domanda. La stessa che aveva continuato a rivolgersi da quando aveva saputo di essere malato di lebbra. E lui, zoppicando, andava a cercare la risposta." [6]
Una invincibile aspirazione al bene e al bello sgorga dal cuore dell'uomo, ma sembra non poter trovare riscontro nella realtà. Esiste qualcosa che possa opporsi alla vittoria finale del nulla?
La lebbra di Covenant è una situazione emblematica di quella dell'umanità.
Covenant è un caso primario di lebbra, in cui la comparsa della malattia non ha spiegazione medica: non ha avuto occasioni di contagio. La situazione di Covenant colpito dalla lebbra è paragonabile a quella dell'umanità ferita dal peccato originale. Questo parallelo non è arbitrario: già nell'immaginario collettivo la lebbra ha un rapporto molto stretto con la colpa. I medici del lebbrosario, che lo spiegano a Covenant, illustrano anche al lettore questo stretto legame.
"Anche in società che odiano i loro malati meno di quanto li odiamo noi americani, il lebbroso è sempre stato aborrito e temuto […]virtualmente tutte le società condannano i loro lebbrosi all'isolamento e alla disperazione, indicandoli come criminali e degenerati, come traditori e malvagi, scacciati dalla razza umana perché la scienza non è ancora riuscita a risolvere il mistero di questo male.[…] in assenza di qualsiasi spiegazione naturale e certa del morbo, la gente lo spiega in altri modi, tutti negativi: come testimonianza di criminalità, di bassezza o di perversione, come prova del giudizio divino, come orribile marchio dovuto alla corruzione o a qualche colpa spirituale o morale." [7]
In realtà, la lebbra non fa che porre in evidenza un problema che va al di là della malattia di Covenant, un problema universale; solo la superficialità consentitaci dalla distrazione ci permette di evitarlo.
"- Siete nella perdizione, figliolo.-
Umettandosi le labbra con la lingua, Covenant rispose: - No, vecchio. È la condizione normale…gli esseri umani sono tutti così. Inutili. – e, come se citasse una regola per i lebbrosi, disse a se stesso: "l'inutilità è la caratteristica che definisce la vita".
La vita è così – riprese poi. – semplicemente, la mia realtà è meno ingombra di cianfrusaglie di quella di tanti altri uomini." [8]
Alla stessa conclusione portano anche le manifestazioni di ira del protagonista verso i concittadini che lo emarginano, in cui egli considera la loro inumanità come una diversa forma di lebbra.
Nella Landa la lebbra non esiste, e anche Covenant si scopre guarito dalla sua malattia. Proprio l'impossibile guarigione, l'impressione di trovarsi in un sogno, allenta le sue difese verso il male: sconvolto dal risvegliarsi della sua sensibilità fisica, violenta Lena, la ragazza che lo ha accolto nella Landa. Questa colpa diviene l'equivalente della lebbra nella Landa: egli stesso lo afferma quando riconosce in quell'atto ciò che lo rende strumento dello Spregiatore, e cerca, come prima mossa del suo prendere posizione contro di lui, di rimediare come può al male fatto. L'esplicito rapporto tra la malattia di Covenant e il male morale rende la sua figura emblematica della lotta dell'umanità contro il male che scopre dentro e intorno a sé.
Ponendo questa equivalenza, l'autore sembra suggerire che l'origine del male è qualcosa di esterno all'uomo, così come la malattia sopraggiunge in un corpo sano. Tuttavia il male segna profondamente l'uomo e ne condiziona tutta la vita, in modo tale che egli non può considerarsi innocente: sapere di essere lebbroso, "impuro", è l'unica via per essere giusto nei confronti degli altri. Credersi puri significa diventare, inevitabilmente, strumenti del male.
Contro la lebbra, contro il male, Covenant lotta, pur vedendo la futilità della propria resistenza, sancita dal ritornello "i nervi non si rigenerano". Davanti alla lebbra, malattia inguaribile, che può essere fermata, al prezzo di non occuparsi di altro, ma che non retrocede mai, e rimane sempre in agguato Covenant è disperato. La sua disperazione è però di una qualità particolare: è il rifiuto di speranze false, speranze che non risolvono ma eludono il problema.
"Era un lebbroso:tutte le sue speranze erano false. Le speranze erano i suoi nemici. Potevano ucciderlo facendogli perdere di vista il potere mortale della realtà" [9]
Diventa così drammatica la sete di una speranza che sia reale e possa opporsi al potere mortale della realtà.
Egli rappresenta dunque quella parte di umanità che vive coscientemente il dramma del male, e che non è disposta a lasciarsi consolare facilmente, a voltare le spalle al problema. Al punto che, quando alla fine della prima trilogia il Creatore della Landa gli propone come ricompensa delle sue azioni di esprimere un desiderio:
"- Un dono?- pensò Covenant con un sospiro. No. Non poteva abbassare se stesso e il Creatore chiedendogli di guarirlo dalla lebbra." [10]
Note
[1] Sembra doveroso sottolineare che il nome del protagonista appare ben poco casuale: Tommaso l'incredulo è sicuramente una allusione inequivocabile alla tradizione cristiana; in quanto al cognome, in inglese Covenant significa "Patto solenne, Giuramento, Alleanza". Anche altri nomi, come vedremo, giocano su queste assonanze.
[2] CS, pag. 240.
[3] CS, pag. 23.
[4] CS, pag 25.
[5] CS, pag 30.
[6] AR, pag 176.
[7] CS, pag 21.
[8] CS, pag.29.
[9] GG, pag 48.
[10] AR , pag. 288-289.