8 dicembre - Percorso n.3: QUALE CHIESA?
Ci chiediamo qual è la natura della Chiesa Cattolica e come si comporta di fronte al nuovo totalitarismo del pensiero diffuso dominante. Il percorso è in sette passi come i precedenti.
1) Primo passo.
L’8 dicembre 1965 segna il giorno della chiusura ufficiale da parte di san Paolo VI del CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, avvenimento che rappresenta il punto di riferimento per la Chiesa Cattolica nel suo compito di evangelizzazione del mondo contemporaneo.
Il dibattito storico sulla sua INTERPRETAZIONE al fine di coglierne il messaggio veritiero è ancora aperto. La linea del rinnovamento nella continuità sostenuta dal magistero (Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco) ha trovato un supporto storico nel lavoro del vescovo Agostino Marchetto di cui allego una sintesi della presentazione del suo libro: Il Concilio Vaticano II. Per la sua corretta ermeneutica.
Ecco il suo intervento su Letture ermeneutiche del Concilio Ecumenico
Oggi - a cinquantasei anni dalla chiusura del Concilio - è ancora in atto lo scontro tra le due interpretazioni, quella del RINNOVAMENTO NELLA CONTINUITÀ e quella della DISCONTINUITÀ e della rottura, portata avanti dalla quasi totalità dei mass media che si applica anche all'insegnamento dell'attuale pontefice, papa Francesco, di cui si mette in rilievo solo la rottura con i precedenti.
2) Il secondo passo lo ricaviamo il 28 agosto da AGOSTINO d'Ippona, filosofo, vescovo, teologo, padre, dottore e santo della Chiesa cattolica, conosciuto semplicemente come sant'Agostino, detto anche Doctor Gratiae (Dottore della Grazia), Viene proposto da Joseph Ratzinger/Benedetto XVI come modello ideale nel rapporto “Fede-ragione” durante l'UDIENZA GENERALE di Mercoledì, 30 gennaio 2008, seconda delle quattro a lui dedicate (Sant'Agostino, modello ideale nel "rapporto tra fede e ragione")
Per il pensiero diffuso dominante il rapporto con la verità e quello con l'Infinito rappresentano due dimensioni da rifiutare in favore della dimensione pratica della vita per la quale l'uomo è riconducibile al risultato dell'esperimento di sé condotto secondo il metodo "scientifico".
Queste due dimensioni, fede e ragione, non sono, per Agostino da separare né da contrapporre, ma piuttosto devono sempre andare insieme. Come ha scritto dopo la sua conversione, fede e ragione sono “le due forze che ci portano a conoscere” (Contra Academicos, III, 20, 43).
A questo proposito rimangono giustamente celebri le due formule agostiniane (Sermones, 43, 9) che esprimono questa coerente sintesi tra fede e ragione: crede ut intelligas (“credi per comprendere”) — il credere apre la strada per varcare la porta della verità — ma anche, e inseparabilmente, intellige ut credas (“comprendi per credere”), scruta la verità per poter trovare Dio e credere.
L'armonia tra fede e ragione significa soprattutto che Dio non è lontano: non è lontano dalla nostra ragione e dalla nostra vita; è vicino ad ogni essere umano, vicino al nostro cuore e vicino alla nostra ragione, se realmente ci mettiamo in cammino. E' talmente vicino che diventa uno di noi: Gesù Cristo, che diventa così come unico mediatore dell'incontro con Dio, presente nella Chiesa che diventa popolo di Dio e casa di Dio.
3) Il terzo passo è il 21 marzo, giorno in cui si festeggia san BENEDETTO da NORCIA.
Per capire la sua importanza ci possiamo riferire alla presentazione della sua figura da parte di due grandi pontefici: san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Il primo nella sua LETTERA APOSTOLICA SANCTORUM ALTRIX , cerca di individuare gli aspetti per i quali la figura di Benedetto rappresenta una testimonianza ineliminabile per tutti gli uomini; il secondo nella conferenza tenuta il 1° aprile 2005 a Subiaco dal titolo significativo, L'EUROPA NELLA CRISI DELLE CULTURE, riflette sulla cultura europea odierna, cercando di recuperare l'insegnamento attuale di Benedetto per illuminarne la crisi.
Oggi l’Europa – uscita appena da un secolo profondamente ferito da due guerre mondiali e dopo il crollo delle grandi ideologie rivelatesi come tragiche utopie – è alla ricerca della propria identità. Per creare un’unità nuova e duratura, sono certamente importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l’Europa. Senza questa linfa vitale, l’uomo resta esposto al pericolo di soccombere all’antica tentazione di volersi redimere da sé – utopia che, in modi diversi, nell’Europa del Novecento ha causato, come ha rilevato il Papa Giovanni Paolo II, “un regresso senza precedenti nella tormentata storia dell’umanità” (Insegnamenti, XIII/1, 1990, p. 58). Cercando il vero progresso, ascoltiamo anche oggi la Regola di san Benedetto come una luce per il nostro cammino. Il grande monaco rimane un vero maestro alla cui scuola possiamo imparare l’arte di vivere l’umanesimo vero. " (Papa Benedetto XVI - Udienza Generale 9.04.2008)
4) Il quarto passo è il 22 febbraio con la figura di un sacerdote Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, protagonista, con i fondatori di altri movimenti ecclesiali come Salvatore Martinez (Rinnovamento nello Spirito) e Chiara Amirante (Nuovi Orizzonti) di un Cristianesimo attento alle esigenze fondamentali del cuore umano,
5) Il quinto passo è il 2 aprile. Nel 2005, si spegneva a Roma il più grande Pontefice della Chiesa in età moderna, san Giovanni Paolo II.
Il significato della sua vita e della sua opera parte dalla Chiesa e si estende al mondo, parte dalla dimensione teologica e pastorale e si estende a quella politica e sociale.
Il suo biografo ufficiale, G.Weigel, nel suo monumentale "Testimone della speranza" scrive che "l'umanesimo cristiano come risposta della Chiesa alla crisi della civiltà mondiale al termine del XX secolo" (p.1068) rappresenta l'annunciato significato del suo pontificato, da lui proposto all'inizio del suo insediamento con l'Enciclica inaugurale Redemptor Hominis.
6) Il sesto passo è il 1° ottobre. Riflettiamo sulla figura di uno dei più grandi teologi filosofi, scrittori del '900, ROMANO GUARDINI. La sua opera e la sua vita ci offrono strumenti preziosi per operare una giustificazione razionale della speranza di fronte all'assenza di significato che caratterizza la nostra attuale condizione.
Il grande teologo afferma che all’origine del totalitarismo sta quella concezione dell’uomo che nega la dimensione della coscienza e della verità e che ha portato l’Europa e il mondo ad elaborare con la tecnica una società che sfugge alla responsabilità della persona e che va in direzioni che la coscienza non riesce a dominare.
"Il potere dell’uomo sulla natura si è concentrato in oggetti da lui prodotti che hanno una forza mai vista; li chiamiamo macchine. A seconda della loro funzione e della loro specifica fabbricazione stanno l’una in rapporto all’altra in un grande sistema di interdipendenze; questo è ciò che chiamiamo “tecnica”. Essa si fonda su una ricerca scientifica in continua crescita e su di una organizzazione socio-economica che attraversa sia la vita dello Stato che quella del popolo: questa è ciò che chiamiamo la “società moderna”.
E’ tipico della nuova società totalitaria il fenomeno dell’opinione pubblica, ossia dell’opinione che non si forma spontaneamente dalla vita delle persone o dei gruppi, ma viene guidata dalla stampa, dal servizio d’informazioni, dalla radio, dalla televisione, dai social media; attraverso iniziative, programmi, rappresentanze di interessi dei tipi più diversi.
Parallelamente a questa il fenomeno della mobilità e della comunicazione a livello globale crea un ambiente che condiziona l’uomo stesso. stabilendo ciò che è degno della vita e la gerarchia dei valori.
Nasce così un “tutto” che incide in ogni sfera della realtà: sorge una nuova “forma del mondo”, e ciò significa anche una nuova “forma dell’uomo”: ecco il nuovo totalitarismo.
7) Il settimo passo è il 31 Dicembre. BENEDETTO XVI/RATZINGER, senz’altro uno degli intellettuali più grandi (se non il più grande) del nostro tempo, il periodo del “cambiamento d’epoca”.
Di lui si può dire, cercando di individuare la caratteristica principale della sua figura, che ha testimoniato con tutta la sua vita quello che Pavel Florenskj ha raccomandato ai suoi figli in punto di morte: IL PENSIERO CHIARO E RESPONSABILE COME RISPOSTA ALLA VOCAZIONE CRISTIANA.
“Figlioli miei carissimi … abituatevi, imparate a fare tutto quel che fate con passione, ad avere il gusto del bello, dell’ordine; non disperdetevi, non fate niente senza gusto, in qualche maniera. Ricordatevi che, nel ‘pressapochismo’ si può perdere tutta la vita, e al contrario, nel compiere in maniera ordinata, armoniosa, anche cose e opere di secondaria importanza si possono fare tante scoperte, che poi vi serviranno come sorgenti profondissime di nuova creatività … E non solo. Chi fa ‘in qualche maniera’, impara a parlare nello stesso modo, e la parola trascurata implica poi di conseguenza anche un pensiero confuso. Figlioli miei carissimi, non permettete a voi stessi di pensare in maniera trascurata. Il pensiero è un dono di Dio, richiede che ce ne prendiamo cura. Essere chiari e responsabili nel proprio pensiero è il pegno della libertà spirituale e della gioia del pensiero.
Il suo pensiero è ben espresso in primo luogo dalla magistrale lezione di Ratisbona/Regensburg su fede e ragione e secondariamente dalla sua magistrale lettura del Concilio Ecumenico Vaticano II nel suo famoso "Discorso alla curia" del 22 dicembre 2005
"Perché la recezione del Concilio, in grandi parti della Chiesa, finora si è svolta in modo così difficile? Ebbene, tutto dipende dalla giusta interpretazione del Concilio o — come diremmo oggi — dalla sua giusta ermeneutica, dalla giusta chiave di lettura e di applicazione. I problemi della recezione sono nati dal fatto che due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro.
L’una ha causato confusione, l’altra, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti. Da una parte esiste un’interpretazione che vorrei chiamare “ermeneutica della discontinuità e della rottura”; essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna. Dall’altra parte c’è l’“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino. (...)
Il Concilio Vaticano II, con la nuova definizione del rapporto tra la fede della Chiesa e certi elementi essenziali del pensiero moderno, ha rivisto o anche corretto alcune decisioni storiche, ma in questa apparente discontinuità ha invece mantenuto ed approfondito la sua intima natura e la sua vera identità. La Chiesa è, tanto prima quanto dopo il Concilio, la stessa Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica in cammino attraverso i tempi; essa prosegue «il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la morte del Signore fino a che Egli venga (cfr. Lumen gentium, 8). (...)
Anche nel nostro tempo la Chiesa resta un “segno di contraddizione” (Lc 2, 34) — non senza motivo Papa Giovanni Paolo II, ancora da Cardinale, aveva dato questo titolo agli Esercizi Spirituali predicati nel 1976 a Papa Paolo VI e alla Curia Romana. Non poteva essere intenzione del Concilio abolire questa contraddizione del Vangelo nei confronti dei pericoli e degli errori dell’uomo. Era invece senz’altro suo intendimento accantonare contraddizioni erronee o superflue, per presentare a questo nostro mondo l’esigenza del Vangelo in tutta la sua grandezza e purezza. Il passo fatto dal Concilio verso l’età moderna, che in modo assai impreciso è stato presentato come “apertura verso il mondo”, appartiene in definitiva al perenne problema del rapporto tra fede e ragione, che si ripresenta in sempre nuove forme. (...)
Il dialogo tra ragione e fede, oggi particolarmente importante, in base al Vaticano II ha trovato il suo orientamento. Adesso questo dialogo è da sviluppare con grande apertura mentale, ma anche con quella chiarezza nel discernimento degli spiriti che il mondo con buona ragione aspetta da noi proprio in questo momento. Così possiamo oggi con gratitudine volgere il nostro sguardo al Concilio Vaticano II: se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa".