8 dicembre - IMMACOLATA CONCEZIONE (1854): chiusura ufficiale (1965) del CONCILIO ECUMENICO VATICANO II: continuità non rottura.

Il Vaticano II è avvenimento che rappresenta il punto di riferimento per la Chiesa Cattolica nel suo compito di evangelizzazione del mondo contemporaneo.
Il dibattito storico sulla sua INTERPRETAZIONE al fine di coglierne il messaggio veritiero è ancora aperto. La linea del rinnovamento nella continuità sostenuta dal magistero (Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco) ha trovato un supporto storico nel lavoro del vescovo Agostino Marchetto di cui allego una sintesi della presentazione del suo libro: Il Concilio Vaticano II. Per la sua corretta ermeneutica.
Ecco un suo intervento su "Letture ermeneutiche del Concilio Ecumenico Vaticano II".

Ha detto Benedetto XVI in occasione del quarantesimo anniversario della chiusura del Vaticano II :
"L'ultimo evento di quest’anno su cui vorrei soffermarmi in questa occasione (22 dicembre 2005 n.d.r.) è la celebrazione della conclusione del Concilio Vaticano II quarant'anni fa. Tale memoria suscita la domanda: Qual è stato il risultato del Concilio? È stato recepito nel modo giusto? Che cosa, nella recezione del Concilio, è stato buono, che cosa insufficiente o sbagliato? Che cosa resta ancora da fare? Nessuno può negare che, in vaste parti della Chiesa, la recezione del Concilio si è svolta in modo piuttosto difficile, anche non volendo applicare a quanto è avvenuto in questi anni la descrizione che il grande dottore della Chiesa, san Basilio, fa della situazione della Chiesa dopo il Concilio di Nicea: egli la paragona ad una battaglia navale nel buio della tempesta, dicendo fra l'altro:
“Il grido rauco di coloro che per la discordia si ergono l’uno contro l’altro, le chiacchiere incomprensibili, il rumore confuso dei clamori ininterrotti ha riempito ormai quasi tutta la Chiesa falsando, per eccesso o per difetto, la retta dottrina della fede …”
(De Spiritu Sancto, XXX, 77; PG 32, 213 A; SCh 17bis, pag. 524).

"Emerge la domanda: Perché la recezione del Concilio, in grandi parti della Chiesa, finora si è svolta in modo così difficile? Ebbene, tutto dipende dalla giusta interpretazione del Concilio o – come diremmo oggi – dalla sua giusta ermeneutica, dalla giusta chiave di lettura e di applicazione.

I problemi della recezione sono nati dal fatto che DUE ERMENEUTICHE CONTRARIE si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro. L'una ha causato confusione, l'altra, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti. Da una parte esiste un'interpretazione che vorrei chiamare “ermeneutica della discontinuità e della rottura”; essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna. Dall'altra parte c'è l'“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino"


Oggi - più di cinquant'anni dopo la sua chiusura - è ancora in atto lo scontro tra le due interpretazioni, quella del RINNOVAMENTO NELLA CONTINUITÀ e quella della DISCONTINUITÀ e della rottura, portata avanti dalla quasi totalità dei mass media che si applica anche all'insegnamento dell'attuale pontefice, papa Francesco, di cui si mette in rilievo solo la rottura con i precedenti.

Parole conclusive dell'Arcivescovo Marchetto
(in Campidoglio, il 7/XI/ 12)

"Era il 1990 e Mons. Maccarrone, mio Professore di Storia al Laterano, che mi aveva cooptato come collaboratore assiduo ed attento della "Rivista di Storia della Chiesa in Italia", mi disse a bruciapelo: "Basta Medioevo!" Era il mio amore, come credo dimostri il mio grosso volume dal titolo "Chiesa e Papato nella storia e nel diritto" (LEV, 2002). E aggiunse: "abbiamo bisogno di Lei nell'età contemporanea, nello studio del Concilio Vaticano II". Ubbidii, ed eccomi qui stasera a concludere questa presentazione del mio "II volume sul Concilio Ecumenico Vaticano II", che é diventato il mio secondo amore storico. I sottotitoli dei due volumi, e cioé "Contrappunto per la sua storia" (Integrale) e "Per la sua corretta ermeneutica", ne illustrano l'oggetto".

Il discorso su tale Concilio dev'essere, come tutti i discorsi che si rispettano, basato sulla grammatica, in questo caso essa é il metodo scientifico storico critico. Naturalmente di storia della Chiesa si parla, per cui bisogna tener conto dello statuto specifico di una tale scienza. Di Chiesa cattolica si tratta. Ma non entro in questo argomento che ci porterebbe lontano, eppur esso é fondamentale.

Faccio notare invece che anche questa grammatica contempla gli aggettivi ed é importante. E ricordo qui "en passant" quel "mago" in fatto di aggettivi che fu Paolo VI. Ve ne segnalo 4 questa sera, che risultano ripetuti se si legge il mio volume, e cioé "ecumenico" (tale é il Vaticano II e lo si indica invece poco con questo termine), "veritiera" (così deve essere la sua storia, e per molti versi ancora non ci siamo), "corretta" (e l'aggettivo vale per l'ermeneutica, per l'interpretazione conciliare) e "giusta", con riferimento alla ricezione del Concilio, alla sua accoglienza generosa e relativa attuazione.

La grammatica prevede anche gli avverbi e ne indico due per l'"evento", parola "magica" con la quale ci si riferisce al Vaticano II. Orbene dal mio volume risulta che esso può essere storicamente o teologicamente inteso. Se andiamo con la Teologia esso appare - si dice - un quasi sacramento ed é discorso da approfondire, senza opporlo però ai documenti approvati dai Padri e confermati da Paolo VI.

Se si parla in termini storici bisogna invece tener presente che nella storiografia, diciamo "civile" per non dire profana, dalla metà del secolo scorso, a partire dalla Francia, dopo aver messo da parte gli "Annales", con buona pace di Braudel e compagnia, si é detto addio al lungo periodo storico e alla sua continuità per indicare l'evento come rottura storica.

Per questo vi é la mia opposizione all'uso di tale termine (preferisco avvenimento, dunque) proprio per l'equivocità del concetto, che non si può accettare considerando che il Vaticano II non é stato una rottura con la Tradizione cattolica, ma un sinodo di riforma nella continuità dell'unico soggetto Chiesa, come disse Benedetto XVI.

Infine dall' opera qui presentata risulta evidente pure che il mio discorso conciliare dà molta importanza, fra le congiunzioni grammaticali, all' "e". Specialmente a "e ed e", che per me illustra il "genio" cattolico, come si esprimeva il teologo protestante Cullmann, durante il Concilio. Tale "genio" (=caratteristica) non si doveva perdere, e ciò egli riferiva altresì ai fratelli Protestanti.

Su questa linea va il mio considerare SPIRITO E CORPUS (dei testi), insieme, non in opposizione, EPISCOPATO E PRIMATO PONTIFICIO (famosa questione della collegialità, in senso stretto e largo, distinzione da non dimenticare), DIALOGO E CONSENSO, CHIESA E MONDO CONTEMPORANEO, ecc. ecc.
A quest'ultimo proposito bisogna ricordare che le due anime del Cattolicesimo, TRADIZIONE (IDENTITÀ) E "APERTURA", O RINNOVAMENTO, O RIFORMA, DEVONO STARE INSIEME, COME DEL RESTO É AVVENUTO IN CONCILIO, MA MOLTO MENO NEL POSTCONCILIO, IN GENERE.
Il Santo Padre peraltro ha indetto un "Anno della fede" per il 50° dell'inizio del Vaticano II: é occasione per riprenderlo come cammino insieme, alla luce del suo magistero straordinario, seguendo quello ordinario, che per grazia di Dio vi é nella Chiesa Cattolica.

Mi scuserete se alla fine, ringrazio "sub unica conclusione" ciascuno di voi, senza fare una lista di persone che oltre tutto sarebbe lunga e nella quale certamente dimenticherei qualcuno, causando un dispiacere pur involontario. Ma una persona voglio nominare, facendo dunque una eccezione. Grazie dottor Lepore! Senza di Lei non saremmo qui stasera, ed é detto tutto.

Ecco un intervento di mons. Marchetto, dal minuto 8 al minuto 39 nell'incontro sulla Ricezione del Concilio Vaticano II. Vedi qui.