31 dicembre - BENEDETTO XVI/JOSEPH RATZINGER, la teologia e la filosofia per il nuovo millennio.
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Oggi 31 dicembre ricordiamo papa Benedetto XVI/Joseph Ratzinger, (Marktl, 16 aprile 1927 – Città del Vaticano, 31 dicembre 2022) senz’altro uno degli intellettuali più grandi (se non il più grande) del nostro tempo, il periodo del “cambiamento d’epoca”.
Di lui si può dire, cercando di individuare la caratteristica principale della sua figura, che ha testimoniato con tutta la sua vita quello che Pavel Florenskj ha raccomandato ai suoi figli in punto di morte: IL PENSIERO CHIARO E RESPONSABILE COME RISPOSTA ALLA VOCAZIONE CRISTIANA.
“Figlioli miei carissimi … abituatevi, imparate a fare tutto quel che fate con passione, ad avere il gusto del bello, dell’ordine; non disperdetevi, non fate niente senza gusto, in qualche maniera. Ricordatevi che, nel ‘pressapochismo’ si può perdere tutta la vita, e al contrario, nel compiere in maniera ordinata, armoniosa, anche cose e opere di secondaria importanza si possono fare tante scoperte, che poi vi serviranno come sorgenti profondissime di nuova creatività … E non solo. Chi fa ‘in qualche maniera’, impara a parlare nello stesso modo, e la parola trascurata implica poi di conseguenza anche un pensiero confuso. Figlioli miei carissimi, non permettete a voi stessi di pensare in maniera trascurata. Il pensiero è un dono di Dio, richiede che ce ne prendiamo cura. Essere chiari e responsabili nel proprio pensiero è il pegno della libertà spirituale e della gioia del pensiero.
Della sua vita, soprattutto dopo la sua morte, si son scritte cose molto belle (valga per tutti l’edizione straordinaria dell’Osservatore Romano del 31 dicembre).
Il mio compito si limita a far emergere, usando il mio calendario, i capisaldi di quel PENSIERO CHIARO E RESPONSABILE che, grazie ai suoi insegnamenti, ha guidato e guida ancora molti cristiani e tutti coloro che, alla ricerca della verità, sono conquistati dalla sua chiarezza e profondità.
Partiamo allora, dal primo caposaldo del suo pensiero, ben espresso dalla magistrale lezione di Ratisbona/Regensburg
Qui il testo integrale.
Un primo punto della lezione riguarda il rapporto tra fede e violenza: NESSUNA COSTRIZIONE NELLE COSE DI FEDE.
Seguendo il filo del discorso dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo nel suo dialogo con un sapiente persiano, riportato in un testo di recente pubblicazione, papa Benedetto spiega minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima.
"Dio non si compiace del sangue; non agire secondo ragione (con il logos) è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi, quindi, vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia… Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte…".
L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: NON AGIRE SECONDO RAGIONE È CONTRARIO ALLA NATURA DI DIO.
E appunto arriviamo al secondo punto della lezione: la convinzione che AGIRE CONTRO LA RAGIONE SIA IN CONTRADDIZIONE CON LA NATURA DI DIO non è soltanto un pensiero greco ma vale sempre e per se stesso.
"Io penso - dice Benedetto XVI a Ratisbona - che in questo punto si manifesti la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia. Modificando il primo versetto del Libro della Genesi, Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: "In principio era il Logos".
È questa proprio la stessa parola che usa l'imperatore: Dio agisce con logos. Logos significa insieme ragione e parola – una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, come ragione. Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi.
"In principio era il logos, e il logos è Dio", ci dice l'evangelista. L'incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La visione di san Paolo, davanti al quale si erano chiuse le vie dell'Asia e che, in sogno, vide un Macedone e sentì la sua supplica: "Passa in Macedonia e aiutaci!" (cfr At 16,6-10) – questa visione può essere interpretata come una "condensazione" della NECESSITÀ INTRINSECA di un AVVICINAMENTO TRA LA FEDE BIBLICA E L'INTERROGARSI GRECO.
Oggi noi sappiamo che la traduzione greca dell'Antico Testamento, realizzata in Alessandria – la "Settanta" –, è più di una semplice (da valutare forse in modo poco positivo) traduzione del testo ebraico: è infatti una testimonianza testuale a sé stante e UNO SPECIFICO IMPORTANTE PASSO DELLA STORIA DELLA RIVELAZIONE, nel quale si è realizzato questo incontro in un modo che per la nascita del cristianesimo e la sua divulgazione ha avuto un significato decisivo.
Nel profondo, vi si tratta dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione. Partendo veramente dall'intima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero ellenistico fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire con il logos è contrario alla natura di Dio".
Il dialogo con il mondo islamico non può che partire da questo punto e dopo la violenta reazione di parti molto estese di tale mondo, che ha portato all'assassinio di suor Leonetta e di altri, è finalmente partito un gruppo molto qualificato di intellettuali islamici che hanno accettato l'invito di Benedetto ad una revisione teologica.
Vedi qui.
E arriviamo al terzo punto del famoso discorso: quello che riguarda L’ ALLARGAMENTO DELLA RAGIONE, che vuole contestare il pensiero "unico" nel suo scientismo positivistico oggi imperante, e che ha portato anche la teologia di molti cristiani ad ipotizzare una completa estraneità tra fede e ragione.
“In contrasto con ciò, la fede della Chiesa si è sempre attenuta alla convinzione che tra Dio e noi, tra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata esista una vera analogia, in cui – come dice il Concilio Lateranense IV nel 1215 –certo le dissomiglianze sono infinitamente più grandi delle somiglianze, non tuttavia fino al punto da abolire l'analogia e il suo linguaggio. Dio non diventa più divino per il fatto che lo spingiamo lontano da noi in un volontarismo puro ed impenetrabile, ma il Dio veramente divino è quel Dio che si è mostrato come logos e come logos ha agito e agisce pieno di amore in nostro favore. Certo, l'amore, come dice Paolo, "sorpassa" la conoscenza ed è per questo capace di percepire più del semplice pensiero (cfr Ef 3,19), tuttavia esso rimane l'amore del Dio-Logos, per cui il culto cristiano è, come dice ancora Paolo "LOGHIKÈ LATREIA“ – un culto che concorda con il Verbo eterno e con la nostra ragione (cfr Rm 12,1).[10]
Alla tesi che il patrimonio greco, criticamente purificato, sia una parte integrante della fede cristiana, si oppone la richiesta della de-ellenizzazione del cristianesimo – una richiesta che dall'inizio dell'età moderna DOMINA IN MODO CRESCENTE LA RICERCA TEOLOGICA. Visto più da vicino, si possono osservare tre onde nel programma della de-ellenizzazione: pur collegate tra di loro, esse tuttavia nelle loro motivazioni e nei loro obiettivi sono chiaramente distinte l'una dall'altra.[11]
Si tratta invece di un ALLARGAMENTO DEL NOSTRO CONCETTO DI RAGIONE E DELL’USO DI ESSA. Perché con tutta la gioia di fronte alle possibilità dell'uomo, vediamo anche le minacce che emergono da queste possibilità e dobbiamo chiederci come possiamo dominarle.
Ci riusciamo solo se ragione e fede si ritrovano unite in un modo nuovo; se superiamo la limitazione auto-decretata della ragione a ciò che è verificabile nell'esperimento, e dischiudiamo ad essa nuovamente tutta la sua ampiezza. In questo senso la teologia, non soltanto come disciplina storica e umano-scientifica, ma come teologia vera e propria, cioè come interrogativo sulla ragione della fede, deve avere il suo posto nell'università e nel vasto dialogo delle scienze.
Il secondo caposaldo del suo pensiero riguarda la sua MAGISTRALE LETTURA DEL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II e la conseguente riduzione al nulla della gran parte della teologia cattolica e protestante contemporanea.
Vedi qui il suo famoso Discorso alla curia del 22 dicembre 2005
"Perché la recezione del Concilio, in grandi parti della Chiesa, finora si è svolta in modo così difficile? Ebbene, tutto dipende dalla giusta interpretazione del Concilio o — come diremmo oggi — DALLA SUA GIUSTA ERMENEUTICA, dalla giusta chiave di lettura e di applicazione. I problemi della recezione sono nati dal fatto che DUE ERMENEUTICHE CONTRARIE si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro.
L’una ha causato confusione, l’altra, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti.
Da una parte esiste un’interpretazione che vorrei chiamare “ERMENEUTICA DELLA DISCONTINUITÀ E DELLA ROTTURA”; essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna. Dall’altra parte c’è l’“ERMENEUTICA DELLA RIFORMA”, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino. (...)
Il Concilio Vaticano II, con la nuova definizione del rapporto tra la fede della Chiesa e certi elementi essenziali del pensiero moderno, ha rivisto o anche corretto alcune decisioni storiche, ma in questa apparente discontinuità ha invece mantenuto ed approfondito la sua intima natura e la sua vera identità. La Chiesa è, tanto prima quanto dopo il Concilio, la stessa Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica in cammino attraverso i tempi; essa prosegue «il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio», annunziando la morte del Signore fino a che Egli venga (cfr. Lumen gentium, 8). (...)
Anche nel nostro tempo la Chiesa resta un “segno di contraddizione” (Lc 2, 34) — non senza motivo Papa Giovanni Paolo II, ancora da Cardinale, aveva dato questo titolo agli Esercizi Spirituali predicati nel 1976 a Papa Paolo VI e alla Curia Romana.
Non poteva essere intenzione del Concilio abolire questa contraddizione del Vangelo nei confronti dei pericoli e degli errori dell’uomo. Era invece senz’altro suo intendimento accantonare contraddizioni erronee o superflue, per presentare a questo nostro mondo l’esigenza del Vangelo in tutta la sua grandezza e purezza. Il passo fatto dal Concilio verso l’età moderna, che in modo assai impreciso è stato presentato come “apertura verso il mondo”, appartiene in definitiva al perenne problema del rapporto tra fede e ragione, che si ripresenta in sempre nuove forme. (...)
Il dialogo tra ragione e fede, oggi particolarmente importante, in base al Vaticano II ha trovato il suo orientamento. Adesso questo dialogo è da sviluppare con grande apertura mentale, ma anche con quella chiarezza nel discernimento degli spiriti che il mondo con buona ragione aspetta da noi proprio in questo momento. Così possiamo oggi con gratitudine volgere il nostro sguardo al Concilio Vaticano II: se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa".
Vedi anche la presentazione del più FAMOSO TESTO SULLA STORIA DEL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II da parte del vescovo Agostino Marchetto nel quale si puntualizza la necessità di rispettare i testi e non solo lo spirito del Concilio.
“Su questa linea va il mio considerare SPIRITO E CORPUS (dei testi), insieme, non in opposizione, EPISCOPATO E PRIMATO PONTIFICIO (famosa questione della collegialità, in senso stretto e largo, distinzione da non dimenticare), DIALOGO E CONSENSO, CHIESA E MONDO CONTEMPORANEO, ecc. ecc.
A quest'ultimo proposito bisogna ricordare che le due anime del Cattolicesimo, TRADIZIONE (IDENTITÀ) E "APERTURA", O RINNOVAMENTO, O RIFORMA, DEVONO STARE INSIEME, COME DEL RESTO É AVVENUTO IN CONCILIO, MA MOLTO MENO NEL POSTCONCILIO, IN GENERE.
Il Santo Padre peraltro ha indetto un "Anno della fede" per il 50° dell'inizio del Vaticano II: é occasione per riprenderlo come cammino insieme, alla luce del suo magistero straordinario, seguendo quello ordinario, che per grazia di Dio vi è nella Chiesa Cattolica”.
Ecco un video intervento di mons. Marchetto, dal minuto 8 al minuto 39 nell'incontro sulla Ricezione del Concilio Vaticano II. qui.
Un terzo necessario caposaldo del suo pensiero riguarda la sua IDEA DI EUROPA CON LE SUE NECESSARIE RADICI CRISTIANE.
Vedi qui la sua lezione su "Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani".
Vedi qui il tema della cultura popolare europea con le sue radici cristiane.
Ecco l'udienza di BENEDETTO XVI su Benedetto da Norcia, ispiratore del suo pontificato.
E infine vedi qui il magistrale intervento di Francesco Ricci sul concetto di Europa.
Molto significativa per la presentazione dei temi costanti del suo magistero è l'intervista seguente, rilasciata nel 1995 quando era Prefetto per la dottrina della fede.
Per un approfondimento dei vari aspetti del suo pensiero scarica il seguente file.