Il Fantasy a fine ottocento e nel novecento
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Nel XIX secolo il fantasy è ai margini della produzione letteraria. Esso vive principalmente nelle riviste e negli USA specialmente nei quotidiani. Lo spazio dedicato al soprannaturale è comunque tanto maggiore quanto minore è l’estrazione del giornale.
L’atteggiamento verso il fantasy subisce una importante trasformazione dopo la pubblicazione delle opere di Freud. La sua teoria sulla fantasia come soddisfazione vicaria dei desideri, accettata o contestata che sia, insinua una nuova consapevolezza in scrittori e lettori. Essa si esprime soprattutto nell’autoreferenzialità delle opere: il fantasy ha perso la sua ingenuità (essa rimane solo nelle opere per bambini o nel genere pulp). Uno degli effetti più immediati delle teorie freudiane, che identificano nella pulsione sessuale la sorgente principale dei comportamenti e delle fantasie, è proprio la nascita di un fantasy “erotico” in cui è la frustrazione a produrre lo spostamento in un altro tempo/spazio. Gli amori oltre il tempo sono più potenti e anche se spesso tragici non hanno la malinconia di quelli del secolo precedente: la potenza della fantasia trionfa qualche volta anche sul tempo. Gli effetti dello spostamento nel tempo sono studiati con più cura anche dal punto di vista psicologico e metafisico.
Le teorie freudiane alimentano la riflessione intorno alla funzione e all’utilità del fantasy. Anche Tolkien, autore della più imitata opera fantasy di tutti i tempi, è importante, e lo vedremo, non solo per aver inventato un mondo secondario, descritto, analizzato e spiegato nei minimi dettagli, ma anche per aver dato per primo una spiegazione razionale delle ragioni di una tale operazione.
Tutta la storia del pensiero può essere ripercorsa come uno scontro tra ragione e sentimento, e vede spesso la prima valutata positivamente a discapito del secondo; anche l’immaginazione è spesso considerata negativamente. Il contesto culturale del ‘900 è ricco di suggestioni filosofiche che hanno un notevole influsso sulla letteratura fantastica; le novità in questo secolo non consistono tanto nella nascita di nuovi subgeneri o nuovi materiali, quanto nell’uso che gli autori fanno del materiale che ereditano dal secolo precedente: nel XX secolo il fantasy si sforza di portare a unità i due aspetti: razionale ed emotivo, strumentale e magico, il reale e il fantastico.
Se nell’800 il viaggiatore in mondi secondari riportava indietro un insegnamento morale, nel ‘900 il mondo secondario non è importante solo per ciò che dice o insegna del mondo reale, ma inizia ad avere un valore proprio, sia per il personaggio [1] che per il lettore, tanto da poter sopravvivere al suo creatore ed essere utilizzato da altri scrittori. L’esempio più famoso è il pianeta Darkover creato dalla scrittrice Marion Zimmer Bradley, che possiede una tale coerenza interna da essere diventato familiare ai lettori tanto quanto (e forse più) di una qualsiasi contrada del nostro mondo. L’autrice stessa lo ha messo a disposizione di autori esordienti, curando l’uscita di antologie di racconti ambientati nel mondo da lei creato. Autori, soprattutto esordienti, o addirittura semplici appassionati del genere si sono cimentati a scrivere avventure ambientate su Darkover [2]. Se da un lato questo incoraggia giovani autori e apre loro uno spazio di notorietà, dall’altro rischia di essere però un vicolo cieco, perché viene loro a mancare la necessità, e quindi anche la soddisfazione, della creazione.
In ogni caso il Mondo Secondario del XX secolo è robusto: esso perde progressivamente la fragilità tipica del sogno per imporsi con la sua ricchezza di particolari e la sua completezza e interna coerenza.
Un tema frequentato anche dal fantasy del ‘900 è quello dell’Aldilà, spesso rappresentato in maniera terribilmente simile all’Aldiqua, come un enfatizzazione dell’aspetto più squallido della realtà. Altre volte è semplicemente uno stato mentale che trasforma la percezione che l’individuo ha del mondo “reale”. Esso serve più a investigare i risultati delle azioni che a rappresentarne il valore. Nel XIX secolo il fantasy sembrava voler insegnare ad accettare ed apprezzare la “normalità”: nel XX l’insegnamento principale è che non si deve essere contenti del mondo com’è, anche a costo di essere schiacciati nel tentativo di cambiarlo. I drammi che nascono dall’irruzione del fantastico non sono angosciosi quanto la semplice banalità della vita quotidiana.
Il subgenere del bambino selvaggio partorisce l’ormai intramontabile Tarzan; le infinite imitazioni non derivano però solo dal successo, ma anche dal fascino che il tema, nel contesto della neonata scienza psicologica, esercita. Molti racconti fantasy simpatizzano per la “natura animale” e anche il padre della psicoanalisi, Freud, che pure non aveva in molta simpatia l’“Id”, ammetteva che non lo si può semplicemente ignorare o negare, senza procurarsi un danno; la civiltà ha, oltre ai suoi indubbi benefici, anche dei costi.
Per quanto riguarda il mercato, ci sono significative differenze tra Gran Bretagna e USA, i due principali produttori di fantasy. In Gran Bretagna il fantasy è un genere sufficientemente rispettabile. In USA meno, ed esso vive principalmente nelle riviste, che tendono a specializzarsi maggiormente. A tenere banco è decisamente la fantascienza più che il fantasy puro da cui gli scrittori di buona reputazione si tengono alla larga. Questa distinzione favorirà nella fantascienza un atteggiamento più conservatore, mentre il fantasy permette agli autori di tentare nuove vie con più libertà. Accade spesso che il fantasy veda nascere la carriera di autori che migrano poi verso generi più “seri” ed ortodossi.
A differenza della fantascienza, il Fantasy ebbe un piccolo numero di riviste specializzate; fondamentalmente “Word tales”, “Unknown” (poi “Unknown Worlds”) e “Fantastic Adventures”. Comunque in USA si assiste anche ad una certa contaminazione di fantasy e fantascienza, che non è presente invece in Gran Bretagna.
Proprio nelle riviste nasce, ad opera di Robert E. Howards il subgenere denominato “sword and sorcery” (spada e magia), che seppure rimasto per lungo tempo nel ghetto delle riviste specializzate, conoscerà poi un ottimo successo di mercato, fino ad essere identificato con il fantasy tout court.
Il fantasy tipico di “Unknown” fu fortemente influenzata da John Campbell, editore che ebbe un peso determinante anche nella nascita della fantascienza made in USA.
Egli non accettava racconti in cui la “stranezza” dei fatti non fosse sostenuta da un solido impianto di struttura, e la libertà dell’autore non poteva spingersi, secondo lui, fino a barare con il lettore; “Unknown” fu spesso il banco di prova di autori che egli stava “tirando su” e il suo fantasy si caratterizzava per il rigore con cui venivano affrontati i nodi problematici sottesi alla trama.
Un altro fenomeno si venne a produrre nel corso del ‘900: se all’inizio il Regno delle Fate si trovava “balcanizzato”, diviso in molti subgeneri e avendo ogni autore un suo luogo proprio, si venne nel tempo a creare una sorta di regno unificato in cui tutte le invenzioni del fantasy potevano trovare una loro collocazione. “Terra di mezzo” [3] è solo uno dei tanti nomi con cui questo regno è conosciuto. Ogni territorio, una volta creato, vive una sorta di una vita propria e può essere visitato, e persino studiato e spiegato, ulteriormente. Ne sono esempi Fantasia [4], regno creato da tutti i sogni degli uomini, dove ogni creatura immaginaria vive di vita reale, sorta di impero costituito da tutti i regni immaginari possibili; il già citato Darkover di Marion Zimmer Bradley, diventato proprietà comune degli autori fantasy; anche nel caso della saga di Harry Potter sono nati, intorno ai racconti delle sue avventure, libri di spiegazioni sul suo magico mondo, e poi libri di incantesimi, di ricette di cucina “magica”, di storia della magia, di storia dello sport magico da lui praticato e così via, all’infinito.
Note
[1] Un esempio fra i tanti è La storia infinita di Ende, in cui le avventure nel mondo di Fantasia si risolvono per il protagonista in un percorso di iniziazione che lo riporta nel suo mondo trasformato da bambino capriccioso a ragazzo maturo e sicuro di sé.
[2] Sono quattro le antologie curate da M. Zimmer Bradley: L’alba di Darkover (1992); I cento regni di Darkover (1993); I Signori di Darkover (1993); Darkover e l’Impero (1994) tutti editi dalla Editrice Nord. Recano in evidenza in copertina il nome della curatrice, ed hanno la stessa veste editoriale degli altri romanzi della serie che hanno per autrice lei stessa.
[3] Non ci sarebbe forse neppure bisogno di dirlo: è il mondo secondario creato da Tolkien, gigante del genere fantasy, di cui fra poco parleremo.
[4] Nel già citato La storia infinita di M. Ende.