Ibrahim Rugova 6 - 1990: la storica riconciliazione nel Kosovo
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L'inizio non fu facile, ma entro un mese in ventisei comuni (ogni comune comprende molti grandi paesi) del Kosovo si organizzarono spontaneamente i "consigli di riconciliazione": si trattava di una pratica prevista dal Codice Dukagjini. Il Consiglio Centrale aveva sede a Prishtina; compito dei consigli era indagare e compilare le liste della famiglie che erano in stato di ostilità: i casi di vendetta del sangue e qualsiasi altro tipo di conflitto, dal tempo della fine del dominio turco al presente.
Per la Pasqua del 1990 il vescovo cattolico Nike Prela (amatissimo anche dai musulmani) scrisse una lettera pastorale in cui esprimeva il pieno sostegno all'iniziativa, chiamando il popolo e il clero a impegnarsi fino in fondo per la pace, nell'amore e nel perdono.
"Secondo me - sostiene il prof. Cetta - le ragioni che hanno favorito la lotta contro la vendetta e per la riconciliazione sono quattro: l'umanità della proposta, che si prefigge di realizzare la pace fra gli uomini; il fatto che essa venisse fatta dalla gente valida, cioè i giovani, gli intellettuali, ecc.; l'accettazione immediata da parte del popolo; il momento storico dell'avvenimento e la necessità della conciliazione per poter creare una società pluralista e democratica". Quando si parla di "accettazione immediata da parte del popolo", naturalmente, non ci si nascondono le difficoltà che questa svolta secolare incontrava nel suo incarnarsi nel popolo albanese del Kosovo, in ciascun individuo reale: le perplessità iniziali furono molte, e da parte di certi strati socioculturali ci fu un istintivo rifiuto. "Due sono stati - continua il prof. Cetta - i principali ostacoli. Il primo è stata la convinzione testarda di conservare le tradizioni sancite dal Kanun. Alcuni seguivano fanaticamente questa tradizione, riluttanti ad acquisire un punto di vista diverso, più elevato. Il secondo, la giustificazione, addotta dalle famiglie, di praticare la vendetta perché volevano mostrarsi osservanti della tradizione. Ma questo è difficile da spiegare: si può parlare di una ritrosia mentale nel primo caso, di una sorta di pudore sociale nell'altro. Nonostante vi fossero casi particolari in cui le uccisioni erano avvenute 30 o 40 anni prima e le famiglie - quelle degli uccisori ma anche quelle delle vittime da vendicare - vivevano in uno stato di oppressione e tensione continua.
Eppure il popolo abbracciò questa proposta con entusiasmo e ben presto, soprattutto per la Pasqua cattolica e per il Bajram, la principale festa islamica, presso le chiese cattoliche e le moschee, nei villaggi e nelle città, nei luoghi pubblici e privati, sulle colline e sulle montagne, nei luoghi storici vennero celebrate la riconciliazione e la pace.
Il popolo fu in grado di intuire la novità: di fronte al crollo generalizzato del sistema comunista e alle degenerazioni nazionalistiche che già si rivelavano esserne il frutto più evidente, comprese la necessità di fare qualcosa. Così nacque questo processo di interiorizzazione, questa sorta di esame di coscienza, di "confessione pubblica" del male secolare degli albanesi. Solo così si sarebbe potuti arrivare alla pace vera, alla libertà, alla democrazia, alla cultura del dialogo, del perdono, del rispetto reciproco, della collaborazione fra popoli diversi.
L'anno 1990 venne ufficialmente proclamato "anno della riconciliazione universale" e anche "anno di Madre Teresa", sorella e madre della pace per tutto il mondo e in particolare per il popolo albanese. Com'è noto, infatti, Madre Teresa di Calcutta è nata nel 1912, col nome di Agnes Gonxha Bojaxhiu, da una famiglia albanese di Skopje, in Macedonia.
Troppo a lungo era durato l'inverno: dal mezzo millennio di dominio turco alla dittatura della Iugoslavia monarchica e poi comunista. In quella stagione gli albanesi non erano rimasti solo vittime dei popoli dominatori: anche il gelo della vendetta aveva portato i suoi danni e i suoi lutti. Ma ora, in quel marzo del 1990, in uno dei momenti più bui della storia del Kosovo, era tempo che venisse la primavera.
Il primo maggio sulle colline di Verra e Llukes (vicino a Decani) fu sepolta la vendetta in una storica assemblea di 650.000 (seicentocinquantamila) persone.