Condividi:

Parola, Eucaristia, martirio

Fonte:
CulturaCattolica.it

Il pane e la parola sulla mensa dei piccoli, canta un inno della liturgia di Santa Romana Chiesa. Evidentemente però questa certezza che ha attraversato i secoli pare vacillare sotto i colpi di dotte interpretazioni della Parola, la quale, addirittura, sembra avere una supremazia sul Sacramento.
È potuto accadere che nelle proposizioni sinodali dell’appena concluso Sinodo sulla Parola sia solo accennato al legame tra Parola e Sacramento. È potuto accadere che un libro di Benedetto XVI su Gesù di Nazareth, nella versione illustrata, avesse una prefazione che correggesse il tiro all’interpretazione del testo, troppo pastorale, del Papa. È potuto accadere senza che alcuno ne rimanesse giustamente sdegnato.
Davvero le radici cristiane della nostra terra, che per secoli ha custodito col sangue dei martiri e la testimonianza dei santi la retta comprensione della fede rischiano di rinsecchire al sole di un relativismo infuocato!
Non è forse vero che Martirio, Parola e Altare, siano state un tutt’uno per le più antiche cattedrali che costellano l’Italia, per non dire l’Europa intera?
Anche l’altare consacrato di ogni nostra chiesa parrocchiale, costruita col sacrificio di molti e sia pure senza grande valore artistico, non potrebbe essere eretto senza le reliquie dei santi martiri.

Per celebrare degnamente i santi misteri non basta il ministro della Parola e il popolo, sebbene siano gli agenti principali del rito. Occorre un luogo conveniente e un altare con le reliquie dei martiri e la Croce. Questo dice il sensus fidei più antico, dove la Chiesa depositaria della Parola del Signore celebrava l’Eucaristia sulla memoria viva di coloro che quella Parola avevano vissuto fino alla fine, fino al dono totale di sé.

Oggi, la stagione ermeneutica aperta dalla tradizione protestante rischia di diventare il vero e unico magistero. E si dimentica così la trazione unica, quella antica, quella che trova in Pietro il suo punto di riferimento sicuro, quella che si affida all’intercessione dei santi, degli angeli e di Maria Vergine. Quella che sa di essere dentro una drammatica lotta che non si attua fra le forze della carne e del sangue, bensì tra quelle misteriose dello spirito.
È diventata emblematica una barzelletta nata attorno a certa esegesi della Parola. L’arcangelo Gabriele dopo aver salutato la Vergine e riscontrato il suo timore le dice: «Non temere, Maria, sono un genere letterario
I generi letterari non confortano il cammino dei viventi, ma gli arcangeli sì. Schiere innumerevoli di uomini e donne hanno testimoniato la comunione dei santi, quelli del cielo e quelli della terra. La Parola, nel Padre nostro, ci sprona a tenere come metro di misura del compimento della volontà di Dio il cielo: «come in cielo così in terra». La certezza che la Parola di Dio, fatta carne in Cristo, si possa osservare in terra ci è data solo dalla grazia sacramentale che fa di noi non soltanto ascoltatori della Parola, ma un solo corpo e un solo Spirito con Colui che di questa Parola è termine e Principio, Alfa e Omega.
Per fortuna non un genere letterario ci salverà, ma la Parola di Dio fatta Carne: Cristo morto e risorto, che si fa continuamente Eucaristia e gesti sacramentali. Anche questo ci dicono – con tutta la loro vita – i nostri martiri.

Vai a "Abbiamo detto... Gli Editoriali"