La Bibbia è il libro di un Popolo e per un Popolo
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«Il luogo privilegiato in cui risuona la Parola di Dio, che edifica la Chiesa è senza dubbio la liturgia. In essa appare che la Bibbia è il libro di un popolo e per un popolo; un’eredità un testamento consegnato a lettori, perché attualizzino nella loro vita la storia della salvezza testimoniata nello scritto. Vi è pertanto un rapporto di reciproca vitale appartenenza tra popolo e Libro: la Bibbia rimane un Libro vivo con il popolo, suo soggetto, che lo legge; il popolo non sussiste senza il Libro, perché in esso trova la sua ragion d’essere, la sua vocazione, la sua identità. Questa mutua appartenenza fra popolo e Sacra Scrittura è celebrata in ogni assemblea liturgica, la quale, grazie allo Spirito Santo, ascolta Cristo, poiché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Scrittura e si accoglie l’alleanza che Dio rinnova con il suo popolo. Scrittura e liturgia convergono, dunque nell’unico fine di portare il popolo al dialogo con il Signore e all’obbedienza alla volontà del Signore. La Parola uscita dalla bocca di Dio e testimoniata nelle Scritture torna a Lui in forma di risposta orante, di risposta vissuta, di risposta sgorgante dall’amore (Is 55,10-11)» [Benedetto XVI, Omelia per la Conclusione del Sinodo, 26 ottobre 2008].
La Parola di Dio, che è Cristo in persona. “E noi – ha confessato Benedetto XVI all’Angelus domenicale – abbiamo vissuto ogni giornata in religioso ascolto, avvertendo tutta la grazia e la bellezza di essere suoi discepoli e servitori. Secondo il significato originario del termine “chiesa”, abbiamo sperimentato la gioia di essere convocati dalla Parola e, specialmente nella liturgia, ci siamo ritrovati in cammino dentro di essa, come nella nostra terra promessa, che ci fa pregustare il Regno dei cieli”.
il rapporto tra la Parola e le parole, cioè tra il Verbo divino e le scritture che lo esprimono: “Le parole di Dio, espresse con lingue umane, si sono fatte simili al linguaggio degli uomini, come il già il Verbo dell’eterno Padre, avendo assunto le debolezze della natura umana, si fece simile agli uomini” (DV 13). Per questa sua dimensione “carnale” essa esige un’analisi storica e letteraria, che si attua attraverso i vari metodi e approcci offerti dall’esegesi biblica. Ogni lettore delle Sacre Scritture, anche il più semplice, deve avere una proporzionata conoscenza del testo ricordando che la Parola è rivestita di parole concrete a cui si piega e adatta per essere udibile e comprensibile all’umanità. E’, questo, un impegno necessario: se lo si esclude si può cadere nel fondamentalismo che in pratica nega l’incarnazione della parola divina nella storia, non riconosce che quella parola si esprime nella Bibbia secondo un linguaggio umano, che deve essere decifrato, studiato e compreso, e ignora che l’ispirazione divina non ha cancellato l’identità storica e la personalità propria degli autori umani. La Bibbia, però, è anche Verbo eterno e divino ed è per questo che essa esige un’altra comprensione, data dallo Spirito Santo che svela la dimensione trascendente della parola divina, la Parola di Dio in persona, presente nelle parole umane. Ecco, allora, la necessità della “viva Tradizione di tutta la Chiesa” (DV 12) e della fede di un Popolo per comprendere in modo unitario e pieno le Sacre Scritture. Se ci si ferma alla sola “lettera”, la Bibbia rimane soltanto un solenne documento del passato, una nobile testimonianza etica e culturale. Se, però, si esclude l’incarnazione cioè la via umana al divino di un Popolo, via umana alla Verità e alla Vita, al Dio vivente, Padre, Figlio, Spirito Santo, all’unico Dio, si può cadere nell’equivoco fondamentalistico o in un vago spiritualismo o psicologismo. La conoscenza esegetica deve, quindi, intrecciarsi indissolubilmente con la tradizione spirituale e teologica di un Popolo perché non venga spezzata l’unità divina e umana di Gesù Cristo, del Suo corpo che è la Chiesa e delle Scritture. “Come insegna il Concilio Vaticano II – ha insistito il Santo Padre all’Angelus – nella Costituzione Dei Verbum (n.12), una buona esegesi biblica esige sia il metodo storico – critico sia quello teologico, perché la Sacra Scrittura è Parola di Dio in parole umane. Questo comporta che ogni testo debba essere letto e interpretato tenendo presenti l’unità di tutta la Scrittura, la viva tradizione della Chiesa e la luce della fede. Se è vero che la Bibbia è anche un’opera letteraria, anzi, il grande codice della cultura universale, è anche vero che essa non va spogliata dell’elemento divino, ma deve essere letta nello stesso Spirito in cui è stata composta. Esegesi scientifica e lectio divina sono dunque entrambe necessarie e complementari per ricercare, attraverso il significato letterale, quello spirituale, che Dio vuole comunicare a noi oggi”, in fatti concreti, in esperienze di vissuti di comunione ecclesiale autorevolmente guidati.
Annunciare, celebrare e vivere la Parola di Dio in Persona nella comunità cristiana, dialogando con le culture del nostro tempo, mettendosi a servizio della verità e non delle ideologie correnti e incrementando il dialogo che Dio vuole avere con tutti gli uomini (Dei Verbum 21)
l’incontro con la Scrittura rischia di non essere “un fatto” di Chiesa, di un vissuto fraterno di comunione ecclesiale, ma esposto al soggettivismo e all’arbitrarietà intellettuale, diventa indispensabile una promozione pastorale robusta e credibile della conoscenza della Sacra Scrittura, per annunciare, celebrare e vivere la Parola di Dio in vere e concrete comunità cristiane, dialogando con le culture del nostro tempo, mettendosi a servizio della verità o realtà in tutti i fattori e non delle ideologie correnti e incrementando il dialogo che Dio vuole avere con tutti gli uomini (DV 21). A questo scopo va curata in modo speciale la preparazione dei pastori, preposti poi alla necessaria azione di diffondere la pratica biblica con opportuni sussidi. Vanno incoraggiati gli sforzi in atto per suscitare il movimento biblico tra i laici, la formazione degli animatori dei gruppi, con particolare attenzione ai giovani. E’ da sostenere lo sforzo di far conoscere, in vissuti fraterni di comunione, la fede attraverso la Parola di Dio anche a chi è “lontano” e specialmente a quanti sono in sincera ricerca del senso della vita.