Custodi del creato o guardiani dell'ambiente? - 1

Nell'ambito del Convegno "La Cura Per Il Creato", svoltosi a Rancate di Triuggio il 28 ottobre 2006, il giornalista Riccardo Cascioli ha svolto una relazione sul tema:

"Il volontariato come risorsa per lo sviluppo dell'etica ambientale".

Presentiamo il testo di tale intervento, curato da Gigi Brioschi.
Autore:
Cascioli, Riccardo
Fonte:
CulturaCattolica.it

1. In questi ultimi anni si sono senza dubbio moltiplicate le opere del volontariato per l'ambiente, un segno dell'interesse sempre più diffuso dell'opinione pubblica per questo ambito della società.
I settori di intervento si sono differenziati allo stesso ritmo, e vanno dalla formazione alla proposta di itinerari naturalistici, dalle giornate per la pulizia dei boschi alle diverse iniziative di conservazione su su fino alla elaborazione politica e all'azione di lobby.
Ma per stare al tema della nostra giornata, cioè l'etica e l'ambiente, possiamo senz'altro dire che il ruolo fondamentale del volontariato sia e debba essere l'educazione all'ambiente. Tanto è vero che anche alcune politiche ambientali perorate vengono esplicitamente invocate per il loro valore "educativo", vedi le famose "domeniche a piedi".

Dire che il ruolo fondamentale del volontariato sia essenzialmente l'educazione è affermazione che in sé può suonare fatalmente banale e scontata, ma se andiamo ad esaminare i contenuti allora scopriamo che educazione ed ambiente sono due concetti tutt'altro che scontati.

Educazione: non c'è dubbio che oggi tale termine è generalmente usato per indicare dei modelli comportamentali considerati corretti, dal non gettare rifiuti per strada o nei boschi fino all'edificare lontano da coste e crateri di vulcani. Si parla generalmente di stili di vita. Non più tardi di due giorni fa, Fulco Pratesi, in occasione dei 40 anni del WWF Italia, chiedeva una forte tassazione su lampadine ad incandescenza e scaldabagni proprio per educare e incentivare l'uso di energia da fonti rinnovabili.

A volte questa mania di regolamentare arriva a livelli che più che all'educazione fa pensare alla rieducazione di maoistica memoria. Non è una forzatura: a giugno, ad esempio, la Commissione Europea ha lanciato una campagna di educazione dal titolo quanto meno velleitario: "Il cambiamento climatico: potete controllarlo". Non è qui la sede per entrare nel merito della questione, ma è interessante notare che la Commissione partiva dal fatto che "il 16% delle emissioni totali di gas a effetto serra dell'Unione Europea è provocata dai nuclei familiari". Da qui la necessità di educare i cittadini. Parola d'ordine: "Spegnete, risparmiate energia, riciclate, camminate". In un sito appositamente creato (www.climatechange.eu.com) ogni cittadino può verificare le proprie emissioni di CO2 a seconda delle azioni che compie; dopodiché ci sono i suggerimenti concreti per cambiare le proprie abitudini quotidiane, sulle quali non mi soffermo per motivi di tempo. Al termine, il cittadino così convinto viene invitato a firmare una dichiarazione online e inviarla all'apposito ufficio della Commissione Europea. Dunque, il testo della dichiarazione è questo: "Io posso controllare il cambiamento del clima e mi impegno a ridurre le mie emissioni di CO2 facendo piccoli cambiamenti del mio comportamento quotidiano". Chi, anche superficialmente, ha avuto modo di leggere qualcosa sulla Rivoluzione Culturale cinese non faticherà a riconoscervi lo stesso linguaggio.
Il punto è che ridurre l'educazione all'adozione di stili di vita è fortemente riduttivo, se non addirittura fuorviante. Perché l'educazione, anche in campo ambientale, deve avere lo scopo di introdurre alla scoperta del significato della realtà, quindi del rapporto che c'è tra me e l'ambiente che mi circonda. E questo è possibile solo stimolando la libertà della persona, non imponendo dei comportamenti.

Ambiente: la questione dell'educazione - proprio perché deve essere corrispondente alla realtà - porta dritti al tentativo di definire cos'è l'ambiente. E' molto importante - e certamente non è un caso - che questo convegno abbia come titolo "La cura per il creato". E' importante perché spesso si considera ambiente e creato come due sinonimi, o il creato come il nome cristiano dell'ambiente che già di per sé dovrebbe evocare una maggiore attenzione.

In realtà, considerata l'accezione corrente della parola ambiente, dobbiamo aver chiaro che si tratta di due concetti completamente diversi, se non opposti.
L'ecologismo dominante infatti, si fonda su una visione negativa dell'uomo, elemento di disturbo di una natura che - sottinteso - sarebbe in condizioni molto migliori se l'uomo non ci fosse (es: New Scientist, 14 ottobre 2006, copertina e servizio speciale dedicata a "La terra senza persone").

L'ambiente così inteso è "altro" rispetto all'uomo, e quest'ultimo ci può vivere a patto che faccia meno attività possibile e soprattutto metta al mondo meno figli possibile perché ogni persona che si aggiunge è un altro carico sulla natura. Ad esempio, nel mondo anglosassone ha ormai preso piede una corrente di pensiero che si ritrova intorno al Movimento di Estinzione Volontaria dell'Uomo, e anche in Italia trova un crescente interesse.
Da qui anche l'espressione "difesa" dell'ambiente: c'è un aggressore, l'uomo, e va messo in condizione di non nuocere. D'altronde la Terra è vista come un organismo vivente autosufficiente (Gaia) che quindi si "ribella" davanti ai soprusi dell'uomo (basti vedere i termini e i commenti ogni volta che c'è un disastro naturale).

Tutt'altro senso ha invece la parola creato, che pone in rilievo l'esistenza di un Creatore da cui tutto dipende. La terra perciò non è un organismo autonomo (ipotesi Gaia) che reagisce alle aggressioni come il corpo umano fa con i virus, ovvero con la "febbre" (il riscaldamento globale viene spesso descritto come la "febbre del pianeta") ma è dono di Dio all'uomo. L'uomo, dunque, non è solo parte del creato, ma è la prima tra le creature. Esiste perciò una gerarchia ontologica tra l'uomo e gli altri esseri viventi. D'altro canto proprio perché è anch'egli creatura, l'uomo deve rendere conto al Creatore. Ecco perché si parla di cura o di salvaguardia: non si tratta di "difendere" ma di "far crescere".

E ancora: parlare di "difesa" dell'ambiente non vuol dire solo che c'è un aggressore ma anche che l'obiettivo è la conservazione, mantenere le cose così come sono, intatte. Tanto è vero che si fa spesso riferimento al "mantenere" le cose per le generazioni future così come noi le abbiamo ricevute. Non stupisce dunque che i primi movimenti ecologisti, alla fine dell'Ottocento, erano in realtà organizzazioni per la conservazione della natura.

Non è però questa la visione "creaturale" del rapporto uomo-natura. L'uomo, infatti, partecipa alla creazione, anzi è chiamato a questa collaborazione.
Ed è qui che si gioca la sua libertà: se segue il progetto di Dio l'uomo rende la Creazione più bella e più umana; se persegue il proprio progetto invece "sfigura" la Creazione.