Il pensiero di Chesterton - L'uomo naturale e l'enigma del mondo 8 - Il mondo capovolto rivela la sua dipendenza

Autore:
Platania, Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it
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La santità di S. Francesco è preconizzata nella figura del Santo monaco Michele de La sfera e la croce. Anch'egli è di primo acchito una figura ridicola: egli, rinchiuso nella cella senza via d'uscita appare agli occhi di Turnbull un povero folle, che ispira compassione. In realtà egli è del tutto felice nella sua cella perché la trova meravigliosa: quella che agli occhi del prof. Lucifero era la peggior punizione che potesse escogitare e quindi anche la maggior umiliazione che potesse infliggergli, non ha per lui nessun peso, perché egli riesce a essere felice della bianchezza dei muri e della regolarità delle mattonelle, come un poeta lo sarebbe delle stelle e dei fiori. Prova ne è che la sua permanenza nella cella non è, in definitiva, per nulla involontaria: quando McJan mette in comunicazione le celle, egli, dopo aver magnificato la propria situazione chiede, nella sua maniera un po’ sconclusionata che cosa possa fare per loro, perché egli è felice e loro sono buoni (e, sottinteso, malgrado ciò poco felici). Un istante dopo, la porta della cella è aperta e loro possono fuggire: Turnbull è sicuro che sia stato un caso e che egli non sia che un povero folle, ma McJan, assai più intelligente, fuggendo continua a non poter fare a meno di connettere la sua offerta di aiuto con questo avvenimento. La prova definita si avrà infine col miracolo con il quale egli salva tutti i prigionieri, camminando sulle fiamme che al suo passaggio si dividono.
Sia nel caso di Francesco che in quello del monaco Michele, la situazione esteriore non è mutata. Ciò che è radicalmente mutato è il modo di guardarla, il punto di vista da cui la si guarda: questo è il rovesciamento. La cella del Monaco Michele è uguale a quelle di Turnbull e McJan, semmai più angosciosa nel suo essere priva di uscita, eppure per lui è un luogo di delizie, non immaginarie, ma reali, tanto da non fargli desiderare di uscire. La sua descrizione è chiaramente esagerata per eccesso; anche per Francesco però quello che agli occhi del mondo è umiliazione è per lui felicità, quello che agli occhi del mondo è disprezzabile è degno di onore per lui, dalla povertà ai fiori nel campo e agli uccelli del cielo, a tutte le creature che egli loda nei suoi cantici. L'altro punto di vista, il nuovo punto di vista è il rovesciamento speculare del vecchio comune punto di vista
Ora, è realmente vero che qualsiasi spettacolo - un paesaggio, per esempio - può talora essere più chiaramente e schiettamente osservato se visto capovolto.
Vi sono stati paesisti che hanno adottato le più sorprendenti pose pantomimiche al solo scopo di osservare per un attimo in quel modo. Quella visione capovolta, così bizzarra e viva, ha dunque una certa somiglianza con il mondo che un mistico come S. Francesco quotidianamente osserva
. (GKC, San Francesco, pag. 52)
Questo modo di vedere le cose invertito, capovolto, è più esatto, ci permette di vedere meglio. Così come
Egli vede meglio le cose quando ne conosce l'origine; un origine che è parte di esse e, in verità, la più importante. Spiegandole gli appaiono più meravigliose. (Id. Ibid. pag. 56)
Il filosofo rovesciato vede qualcosa che gli altri, ritti sulle gambe, non vedono; e questo qualcosa che egli penetra ha a che vedere con l'origine delle cose; con il nulla dal quale sono estratte. Poiché vengono dal nulla e non da una consistenza le cose sono insieme sorprendenti, meravigliose e fragili, contingenti. Infatti, cosa accade tramite questo radicale mutamento di punto di vista che è una conversione, un cambiamento quindi tanto intellettuale che morale?
Se un uomo vedesse il mondo capovolto, con tutti gli alberi e le torri sotto sopra, come nel riflesso di uno stagno, un effetto tipico di tale visione sarebbe quello di enfatizzare il concetto di dipendenza. Tra quella visione e questa idea c'è un nesso latino e letterale, perché la stessa parola dipendenza equivale soltanto a sospensione. Da questo punto di vista si ravvisa il testo della Sacra Scrittura che dice che il Signore ha sospeso il mondo sul nulla. Se S. Francesco avesse visto, in uno dei suoi strani sogni, la città di Assisi capovolta, non vi avrebbe scorto alcun cambiamento, eccetto il suo rovesciamento. Ma qui è il nocciolo della questione: mentre all'occhio umano la grande costruzione delle sue mura o le massicce fondamenta delle sue torri di osservazioni e della sua fortezza sembrerebbero renderla più sicura e più salda, se la si osservasse capovolta, quello stesso peso sembrerebbe indebolirla e metterla in pericolo.
[...] S. Francesco poteva amare la sua città quanto prima, o ancor più, ma la natura del suo amore - per quanto più intenso - si sarebbe trasformata. Poteva osservare e amare ogni tegola dei ripidi tetti o ogni uccello sui bastioni; ma li avrebbe osservati in una nuova e divina luce di eterno pericolo e dipendenza.
Invece di essere semplicemente orgoglioso della sua città salda e dunque forte, avrebbe reso grazie a Dio Onnipotente per non averla lasciata cadere
. (Id. Ibid. pag. 55)