"Era santo, era uomo" 4 - La grande Croce dell'Adamello
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Durante una discesa, giunti in prossimità alla cima Cresta Croce, dove era piantata una semplice Croce di legno, ne viene raccontata la storia perché nel tempo era diventata sempre più cara alla popolazione di quelle montagne e agli alpinisti, che la prendevano come meta. Lì era stato portato il cannone chiamato dai soldati italiani Ippopotamo, nella grande guerra, con grande impiego di forze, funi, traini, ancora oggi visibile.
Trainare un cannone di 60 quintali dai 1000 metri di Temù agli oltre 3000 metri di Cresta Croce aveva costituito infatti un impresa mai tentata. Non pochi la avevano ritenuta irrealizzabile, ma nel 1916 gli alpini e gli artiglieri sono riusciti a fare l’impossibile, impiegando 20 giorni per il trasporto.
Il papa osserva e ascolta tutto con attenzione assorta, quasi volesse imprimere nella memoria luoghi e ricordi di quella guerra e delle tante tragedie provocate dalla guerra in ogni epoca storica.
E dal 1998 la Croce di legno è stata sostituita da una nuova enorme croce in granito che ricorda lo storico evento della presenza del papa in quel luogo e riferendosi a quella croce illuminata nella notte, il papa aveva dato la benedizione Urbi et Orbi la sera del 31 dicembre 1999, quella che apriva il nuovo millennio: «Con gioia ho appreso dell’iniziativa di illuminare, nella notte di passaggio fra questo secolo ed il prossimo millennio, la grandiosa Croce in granito che svetta sull’Adamello. Là dove negli anni duri della Prima Guerra Mondiale correva la linea del fronte e tanti esseri umani caddero prematuramente, brillerà la luce della Croce di Cristo, messaggio di pace e di riconciliazione, di speranza e di solidarietà, che inonderà valli e montagne... Nel contesto dell’Anno Giubilare, il gesto semplice ed eloquente che viene compiuto costituisce un significativo invito a fissare lo sguardo su Cristo e sul mistero della Croce che illumina e dà senso alle prove dell’umana esistenza. La luce della Croce di Cristo, che dall’Adamello si diffonderà per le valli bresciane trentine, giunga sin nelle case più lontane e, come la stella guidò i pastori alla Grotta di Betlemme, così essa tutti conduca ad incontrare il Salvatore nel mistero del suo amore per noi. In questo tempo natalizio echeggia con particolare intensità l’annuncio degli Angeli: “Pace in terra agli uomini che Dio ama” (cfr. Luc 2.14). La Croce stende maestosa le sue braccia e tutti stringe in un perenne abbraccio di pace come richiamo ed invito ad attingere dai valori spirituali energia per costruire un mondo più fraterno e solidale, una società finalmente libera dall’odio e dalla guerra. E inonderà valli e montagne… Esprimo apprezzamento per questa suggestiva iniziativa, sempre memore delle due occasioni in cui ho avuto l’opportunità di trascorrere alcune ore su quelle vette innevate nel luglio del 1984 e del 1988. Porto sempre vive nel cuore le emozioni allora provate. Nel contesto dell’Anno Giubilare, il gesto semplice ed eloquente che viene compiuto costituisce un significativo invito a fissare lo sguardo su Cristo e sul mistero della Croce che illumina e dà senso alle prove dell’umana esistenza.”
Il 16 luglio tutti i telegiornali diffondono la notizia straordinaria di Pertini e del papa insieme sull’Adamello.
Il Dono. La serata si conclude con il dono di una bella immagine della Madonna Nera di Czestochowa donata alla famiglia Zani: la Madonna avrebbe protetto in ogni circostanza tutta la famiglia, così come aveva sempre protetto il popolo polacco nei momenti di difficoltà.
L’ultimo giorno. Durante le ultime discese con gli sci, del giorno dopo, giunti in vista di Carè Alto il papa dedica le sue preghiere a tutte le vite spezzate della storia prive di un volto e di un nome e rivela che proprio su quelle montagne aveva combattuto anche suo padre. Là i prigionieri russo-polacchi avevano costruito una piccola chiesetta di legno.
A questo punto del racconto molte pagine sono dedicate alla rievocazione della resistenza dei soldati e della popolazione delle montagne durante la guerra, con indicazioni precise dei luoghi, dei baraccamenti, dei torrioni, delle trincee ancor oggi visibili, dei camminamenti sotterranei e dei locali scavati nella roccia, a protezione dal freddo e dalle valanghe che nell’inverno fra il 1916 e il 1917 avevano provocato più vittime dei combattimenti.
Ma noi seguiamo più da vicino la storia di quei giorni particolari.
Rientrati al rifugio, festosamente i presenti accompagnano Wojtyla all’elicottero diretto a Verona, dove con un aereo sarebbe rientrato a Roma.
E qui si conclude la descrizione dei primi giorni trascorsi dal Papa sull’Adamello.
La realtà misteriosa. Lo Zani ricorda le riflessioni di quella sera: nel cielo scuro brillava un ammasso di stelle splendenti: sembrava, scrive, che tutti gli astri celesti si fossero dati appuntamento per quella notte. Guardandole, non poteva non ripensare alla imprevedibilità e misteriosità di quanto era accaduto e a quell’incontro inaspettato che gli aveva spalancato la mente e il cuore. Gli sembrava di sperimentare dentro di sé un’umanità fino ad allora sconosciuta: amava con maggior intensità la Croce di legno e sentiva una nuova profonda pietà per i tanti uomini che si erano sacrificati per la loro terra e per lui.
Gli incontri successivi. Dopo quei giorni di luglio il papa non ha interrotto il suo rapporto affettuoso con chi lo ha ospitato, e nel settembre dello stesso anno Lino e Franco sono stati ricevuti in Vaticano senza bisogno di preavviso.
Rivederlo, scrive Lino, è stato bellissimo: noi eravamo molto emozionati e lui di ottimo umore ci regalava una battuta dietro l’altra. Restammo una mezz’oretta...poi venimmo a sapere che per stare tutto quel tempo con noi aveva dovuto far attendere un capo di Stato.
E prima del Natale tutta la famiglia è stata invitata a pranzo in Vaticano. Anche se al primo momento non si sapeva come comportarsi, l’incontro e il pranzo si sono poi svolti in un clima di grande semplicità e cordialità. Il papa chiamava ognuno dei presenti col proprio nome e ricordava i bei giorni trascorsi sulla terrazza del rifugio nel cuore del nostro Adamello, come lo chiamava lui, sulle cime innevate e illuminate dal sole, dove a Lino sembrava che papa Wojtyla vivesse proprio lì il suo rapporto più profondo con Dio.
Il racconto procede con la descrizione delle successive uscite di Giovanni Paolo, accompagnato da Lino sui monti dell’Abruzzo, a Pescasseroli e sul vicino monte Terminillo.
Nell’estate dell’88 Giovanni Paolo II è ritornato sul passo della Lobbia Alta che lo aveva tanto emozionato nel suo primo soggiorno e Franco e Lino hanno attrezzato la rimessa in cui tenevano il gatto delle nevi, come sagrestia, quindi è stata celebrata una messa bellissima, leggiamo, e il papa, durante la celebrazione, sopra i paramenti sacri indossava una bella giacca a vento bianca regalata dai fratelli Zani, con tanto di stemma della Scuola di sci italiana.
Una folla di persone ha seguito con attenzione e in silenzio la celebrazione e ascoltato le intense parole della predica:
“Grande gioia è per me poter elevare al Signore, insieme con voi, il cantico della lode e della riconoscenza qui vicino alla vetta dell’Adamello, di fronte ai maestosi ghiacciai del Pian di Neve. Qui, dove la natura è un inno perenne alla grandezza del Creatore, è facile disporre l’animo a pensieri alti e corroboranti, e soffermarsi in preghiera. Le montagne hanno sempre avuto un particolare fascino per il mio animo: esse invitano a salire non solo materialmente ma spiritualmente verso le realtà che non tramontano….Qui, tra gli spazi sconfinati e nel silenzio solenne delle cime, si avverte il senso dell’infinito! In questo scenario maestoso e possente, l’uomo si sente piccolo e fragile, e più facilmente percepisce la magnificenza e l’onnipotenza di Dio, creatore dell’universo e redentore del genere umano. …….Com’è noto questo paesaggio, ora così sereno ed elevante, fu teatro di terribili battaglie. Pensando agli aspri episodi di guerra avvenuti in questi luoghi e alle innumerevoli vittime colpite a morte nelle gole di queste montagne, sconvolte dall’odio e dalla violenza, si sente una profonda angoscia per la sorte di questi uomini, in balìa dei crudeli rivolgimenti della storia. Ma dobbiamo anche ricordare che nell’immenso anfiteatro di questi ghiacciai e di queste vette, tra i quali ancora oggi si vedono trincee e fili spinati, schegge di granate e residui di materiale bellico, pur nello stridente contrasto delle rivendicazioni nazionali, era presente da ambo le parti il conforto e l’amicizia di Cristo, il redentore, che nessuno abbandona e che tutti ama e vuole salvare per la vita al di là del tempo e della storia…La pace maestosa di queste montagne è un invito ad un impegno a costruire e a consolidare una società libera dalla schiavitù della guerra e dell’odio.”
E molti episodi divertenti ci trasmettono l’immagine di un papa cordiale, sempre dotato di grande affabilità verso tutti quelli che lo riconoscevano e di sottile ironia in ogni situazione, come quando invitava Lino a scegliersi definitivamente una di quelle belle ragazze che lo circondavano e a mettere una volta per tutte la testa a posto.