"Era santo, era uomo" 2 - Giovanni Paolo II sull'Adamello
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Il nuovo Papa. Il 16 ottobre 1978 una bella notizia aveva raggiunto gli abitanti del rifugio, attraversando e commovendo il mondo intero: un cardinale polacco, Karol Wojtyla, era stato nominato papa ed aveva assunto il nome di Giovanni Paolo II.
Le televisioni l’avevano mostrato nella sua prima apparizione affacciato alla loggia di san Pietro con un volto sereno e sorridente e, per la folla in piazza, come disse poi il suo segretario don Stanislao, fu amore a prima vista.
Lino ricorda di avere ascoltato anche il messaggio del 22 ottobre, famoso per quel motto ripetuto: Non abbiate paura! con cui in modo accorato il nuovo papa si rivolgeva a tutti gli uomini invitandoli ad andare al fondo di sé, a cercare il senso della propria vita, ad aprire i cuori e le menti. Aprite, aveva detto, anzi, spalancate le porte a Cristo! vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna.
Allora, a 21 anni, gli erano parse bellissime parole, anche perché pronunciate con grande calore e passione, ma lontane dalla realtà della vita e soprattutto della sua vita! Solo più tardi col passare del tempo e degli anni, scrive, ne avrebbe capito il senso profondo, scoprendole vere per sé e per tutti.
La vita al rifugio scorreva tranquilla, e l’Autore ricorda l’incredulità e la commozione provate quando improvvisamente le televisioni annunciarono il 13 maggio1981 il tragico attentato al papa per opera di Ali Agca, accolto dal mondo intero con sbigottimento e profondo dolore.
Certo nessuno avrebbe immaginato che qualche anno dopo, nel 1984, quell’uomo, quella figura carismatica e autorevole che fin dai primi anni di pontificato aveva già mostrato al mondo la forza della sua fede, intrapreso viaggi in tutti i continenti e incontrato milioni di persone e di capi di stato, avrebbe fatto irruzione nella sua esistenza, avrebbe chiesto ospitalità al rifugio sull’Adamello, sarebbe disceso lungo le piste innevate scortato dai fratelli Zani, e il più delle volte da Lino.
Il Papa e il Presidente. E adesso, con la nostra presentazione, entriamo nella parte più lunga e dettagliata del testo che descrive i momenti salienti dell’incontro dell’Autore con Giovanni Paolo II e con il Presidente Pertini. Incontro del tutto inaspettato e sorprendente. Come l’Autore, anche noi utilizzeremo il tempo presente per raccontare e rendere la descrizione di quei giorni indimenticabili più immediata e vivace.
Verso la metà di giugno del 1984 arrivano al rifugio quattro preti polacchi, accompagnati da un maestro di sci amico degli Zani. Dei quattro quello che parlava meglio l’italiano era don Stanislao. Dopo aver scambiato qualche parola nel pomeriggio, si ritrovano la sera, per cenare tutti assieme e viene stappata una bottiglia di buon vino rosso, quindi, come in tutti i rifugi, dopo cena si beve la grappa e si gioca a scopa accusandosi a vicenda di barare sui punti. Don Stanislao prima di ritirarsi dice a Lino che l’indomani di buon’ora avrebbero fatto volentieri una bella sciata nei dintorni, partendo dal ghiacciaio di Lares. Al ritorno, improvvisamente con assoluta tranquillità e tono amichevole, gli comunica che il loro soggiorno in realtà era esplorativo e finalizzato a verificare se in quel rifugio potesse venire il papa. Per questo erano venuti lì in avanscoperta.
Il panico e una grande agitazione invadono Lino. Cosa avrebbero dovuto fare, cambiare, preparare? Come accoglierlo? Le camere erano adeguate? Che cosa cucinare?
Andati via tutti, Lino, il fratello e la mamma si ritrovano per far fronte a mille interrogativi e decidere il da farsi tenendo la cosa nascosta a tutti gli altri, come avevano promesso.
La riflessione. Nel libro l’Autore si chiede a questo punto come e perché tutto ciò abbia fatto irruzione proprio nella sua vita e non in quella di altri personaggi più esperti e famosi di lui e fra le tante supposizioni pensa che probabilmente don Stanislao abbia scelto l’Adamello per la bellezza delle montagne e probabilmente anche perché si era informato e sapeva che gli Zani erano buoni cristiani e buoni montanari, capaci di tenere segreta la venuta del papa, ma poi conclude dicendo che certi accadimenti straordinari, capaci di cambiare la vita di una persona, come è successo a lui, si verificano per un disegno che non risponde a nessuna logica. Rimane misterioso e si può soltanto riconoscerlo e aderirvi con disponibilità e gratitudine.