Bellezza: dono di un Amore più grande

Sr. Gloria Riva al Congresso Eucaristico di Bari - 23 maggio 2005
Autore:
Vallini, Gaetano
Fonte:
Osservatore Romano, 24 maggio 2005

Ieri non era domenica, eppure alla Fiera del Levante, quartier generale del Congresso Eucaristico Naziona­le, si respirava comunque un’aria di fe­sta. E non solo per la presenza gioiosa di drappelli di giovanissimi, scolaresche e gruppi parrocchiali. Nessuno lo so­spettava, ma tra i viali dell’esposizione c’era aria di festa anche per quella reli­giosa con la veste così inusuale e viva­ce — bianca e rossa — che non era certo passata inosservata durante la mattinata.
La conferma è venuta nel pomeriggio dalla stessa suora: Maria Gloria Riva, monaca di clausura, appartenente all’Ordine delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento. «È stata la no­stra fondatrice, Maria Maddalena dell’Incarnazione, a volere per noi un ve­stito che esprimesse la solennità e la gioia della festa — ha infatti spiegato —. Ci ha voluto vestite così, di bianco e di rosso, anche perché sono i colori che esprimono i confini della Chiesa, il Battesimo e l’Eucaristia, come pure la vita santa e il martirio. Per disegnare questo abito la Madre chiamò un gran­de sarto e chiese persino a Papa Pio VII se fosse abbastanza sontuoso per ono­rare degnamente il Signore nell’Eucaristia».
In un Congresso dedicato al Mistero Eucaristico, e incentrato in particolare sul tema della riscoperta della domeni­ca come «la» festa dei cristiani, questa è apparsa come una testimonianza quanto mai appropriata: un’esortazione implicita a santificare nel migliore dei modi il Giorno del Signore giunta dal luogo apparentemente più lontano dal mondo, un monastero di clausura; un luogo però dove ogni giorno è festa. «Per noi — ha infatti detto suor Maria Gloria — è sempre domenica. Faccia­mo fatica a distinguere la domenica dai giorni feriali. E se il centro della domenica è la Pasqua, la nostra vita è una Pasqua continua».
Suor Maria Gloria è entrata in clau­sura nel 1984. Per essere qui ha ricevu­to uno speciale permesso che le ha con­sentito di uscire dalla clausura del mo­nastero di Monza in cui vive. Un fatto in qualche modo storico, ha sottolinea­to, nei 200 anni dell’ordine. Un evento che le ha dato l’opportunità di avvici­nare alla sua esperienza quanti hanno partecipato all’incontro sul tema «Qua­le bellezza salverà il mondo?», uno dei quattro in programma nel pomeriggio di lunedì 23, una giornata dedicata in particolare ad animatori ed educatori con i ragazzi, agli operatori del tempo libero, del turismo, dello sport, della cultura e della comunicazione, agli stu­denti e agli universitari.
Questa irruzione, se così si può dire, della dimensione contemplativa al Con­gresso ha segnato i lavori del pomerig­gio, almeno per le tante persone che hanno scelto di partecipare a questo momento di approfondimento. Una di­mensione la cui bellezza e il cui «miste­ro» sono stati raccontati dalla vicenda personale della religiosa. «Ho scelto di entrare in un ordine contemplativo le­gato all’Eucaristia perché volevo essere vicina ad ogni uomo, soprattutto vicino all’uomo solo, con la sua sofferenza — ha ricordato suor Maria Gloria —. Qualcuno mi chiede: ma come fai ad essere vicino ad ogni uomo se non esci da lì? Rispondo che l’Eucaristia è il sa­cramento della presenza di Dio nel mondo; è per l’uomo. E comunque è vero: non tutti entrano in una chiesa, non tutti passano nel nostro monaste­ro, non tutti si avvicinano all’Eucari­stia; ma tutti prima o poi incontrano cristiani. Voglia allora Dio che ogni cri­stiano sia un ostensorio vivente, la testimonianza che nell’Eucaristia Dio è bellezza e amore; un Dio a braccia aperte che aspetta l’uomo con le sue contraddizioni».
Ma suor Maria Gloria, con il suo sorriso dolce e contagioso, aveva anche un’altra esperienza da proporre, oltre a quella della clausura, e per questa in realtà è stata invitata: la sua passione per l’arte. Passione che ha raccontato in un libro da titolo significativo: «Nell’arte lo stupore di una Presenza» (Ed. San Paolo). Una esperienza che la religiosa ha definito con un gioco di parole come il «racconto della presenza della bellezza nel Bellissimo dentro l’arte».
La testimonianza di suor Maria Glo­ria ben si è inserita nel discorso più ge­nerale dell’incontro, al quale hanno partecipato — con il giornalista Piero Damosso a fare da moderatore — Gian­franco Dioguardi, docente di economia al Politecnico di Bari, Raffaele Nigro, scrittore e giornalista, e Padre Marko Ivan Rupnik, teologo e artista (a lui si deve il mosaico che nella chiesa di san Pasquale, patrono dei Congressi Eucari­stici, ricorderà questo evento a Bari). Da tutti, pur con diversi accenti e con sensibilità differenti, segno anche di cammini di non facile ricerca, è venuto un invito a riscoprire la bellezza come un valore in qualche modo trascenden­te, come un dono di un amore più grande.
«Si spreca la vita su cose che non contano — ha spiegato il padre gesuita noto per aver realizzato il mosaico della cappella «Redemptoris Mater» del Pa­lazzo Apostolico —. Poi, avvicinandosi alla morte, si coglie il senso di legare la vita solo all’essenziale: resta solo l’amo­re e nessun’altra giustificazione. E l’a­more realizzato è la bellezza. E questa si trova nella carne di Dio, nel Corpo di Cristo. In quel corpo delle tre del Ve­nerdì Santo, tanto malridotto da non potersi guardare».
Così, in un mondo tecnologico, minato da un’eclisse del sacro, in una so­cietà che si compiace di una certa autosufficienza, la testimonianza di chi sa contemplare deve diventare sempre più come un raggio di luce nell’oscurità. Non a caso Paolo VI diceva: «Siamo assetati di bellezza». E allora, per Dioguardi, occorre ritrovare il gusto dello stupore di fronte alla bellezza, lo stupo­re di meravigliarsi dinanzi al creato. Nigro ha invece sottolineato la necessi­tà di recuperare la bellezza di fronte al­le tante, troppe bruttezze del mondo di oggi.