Filosofi miracoli e Lourdes
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La Francia dell’Ottocento è un paese fortemente permeato dall’ideologia positivista.
Qui però, paradossalmente, si era celebrato uno dei più assurdi processi della storia. Un processo brevissimo e senza scampo, ben diverso da quello, assai più celebre, a Galilei: il fondatore della chimica moderna, Lavoisier, viene inquisito e ghigliottinato lo stesso giorno, dopo che i rivoluzionari francesi, gli adoratori della Dea ragione, i democratici, i libertari, coloro che vogliono definitivamente chiuderla con le tenebre del passato, sono arrivati a sciogliere l’Accademia delle Scienze, l’8 agosto del 1793. La Repubblica, dirà il giudice, non ha bisogno di scienziati.
Un grande matematico, amico di Lavoisier, Lagrange, scriverà invece: “E’ bastato un momento per far cadere una testa e non ne basteranno cento per averne una simile”. Lavoisier era un cattolico, uno “spirito metafisico”, come ebbe ad accusarlo August Comte parecchi anni più tardi.
Ebbene, proprio nella Francia post-rivoluzionaria, fortemente laicista ed anticlericale, si afferma un’ideologia basata sull’assoluta fiducia nelle potenzialità della scienza umana e sulla rinuncia pregiudiziale alla conoscenza della Verità e del senso della vita dell’uomo.
Il positivismo è una religione con i suoi dogmi ed i suoi riti, fondata su un ottimismo sfrenato, ma anche su una diminuzione, pessimistica, a priori, dell’uomo: non è possibile, per lui, conoscere compiutamente il suo destino, la sua essenza, per cui tanto vale dimenticarsene, rinunciare persino alla ricerca. Si viva, ma mettendo tra parentesi il perché.
Il grande maestro di questa cultura è il filosofo August Comte, nato a Montpellier nel 1798 e morto, dopo vari episodi di pazzia, nel 1857 (si notino, en passant, la pazzia di Comte, la follia di Nietzsche, o la morte per suicidio del più grande positivista italiano, sacerdote apostata, Roberto Ardigò: vorranno pur dire qualcosa?).
Nel suo “Sistema di politica positiva” (1851-1854) Comte mette al centro l’Umanità, cioè tutti i singoli uomini, compresi quelli morti e quelli non ancora nati. L’Umanità è quasi un unico organismo, che gode di una sua immortalità, nell’insieme: esattamente come nel pensiero dei vari materialisti del secolo, e di molti positivisti moderni, come Umberto Veronesi, che vedono nel Dna che si riproduce e che si passa di padre in figlio l’unica traccia di immortalità nella vita dell’uomo.
In questa dimensione il singolo viene chiaramente annullato, e la sua storia, la sua ricerca, il suo fine, ricondotto ad una ricerca ed un fine generali. Questa Umanità, nel suo insieme, marcia verso il sol dell’avvenire, verso il futuro radioso, e vive il presente con una fede incrollabile. “Comte sostiene che la religione dell’Umanità deve essere l’esatta copia del sistema ecclesiastico. I dogmi della nuova fede sono già pronti: essi sono la filosofia positiva e le leggi scientifiche. I riti, i sacramenti il calendario, il sacerdozio sono necessari alla diffusione dei nuovi dogmi. Ci sarà un battesimo secolare, una cresima secolare e una estrema unzione secolare” (Reale, Antiseri).
I santi, gli uomini che hanno cercato e trovato Dio, e il prossimo, vengono sostituiti con gli scienziati e gli inventori. Il progresso ammesso è uno solo: mai quello del singolo, dell’anima che lotta per la virtù, ma solo quello dell’Umanità, nel suo insieme, nel tempo.
Nella Francia di Comte rifulge ben presto anche la stella del grande romanziere Emile Zola, nato a Parigi nel 1840 e morto nella stessa città nel 1902. Zola è un perfetto positivista che crede che tutto, anche l’uomo, sia studiabile scientificamente, sino in fondo, in tutte le sue manifestazioni. Nel suo “Il romanzo sperimentale” scrive: “ Quando avremo provato che il corpo dell’uomo è una macchina di cui un giorno si potranno smontare e rimontare gli ingranaggi a piacimento dello sperimentatore, si dovrà ben presto passare alle manifestazioni passionali e intellettuali dell’uomo… si può annunciare senza timore di ingannarsi il momento in cui a loro volta saranno formulate le leggi del pensiero e delle passioni. Un identico determinismo deve regolare il ciottolo della strada ed il cervello dell’uomo… un giorno la fisiologia ci spiegherà il meccanismo del pensiero e delle passioni; sapremo come funziona la macchina individuale dell’uomo, come pensa, come ama, come procede dalla ragione alla passione ed alla follia…”. Alla scuola di Zola, cioè del materialismo che pone la sua immortalità e il suo Dio nella scienza, e che riduce l’uomo a meccanismo determinato da fattori materiali, e quindi privo di qualsiasi libertà, si rifanno molti altri scrittori, come pure, in principio, il grande Joris-Karl Huysmans, che però col tempo si rende conto di quanto l’uomo di Zola non corrisponda alla complessità dell’uomo reale. Nella sua introduzione a “Controcorrente”, Huysmans, che ha sperimentato molto bene in sé l’inquietudine, la ricerca, la depravazione e gli slanci di cui è capace un’anima, ripudia il naturalismo di Zola, con queste motivazioni: “i suoi eroi erano privi d’anima, governati semplicemente da impulsi e istinti, cosa che semplificava il lavoro d’analisi”. Descrivendo quella che credevamo essere la natura dell’uomo, continua Huysmans, noi naturalisti non penetravamo per nulla nel suo “mistero”: “Poiché la virtù, bisogna pur ammetterlo, è in questo mondo un’eccezione, veniva scartata dal progetto naturalista. Non possedendo il concetto cattolico della caduta e della tentazione, ignoravamo da quali sforzi, da quali sofferenze è sorta; l’eroismo dell’anima vittoriosa sulle insidie ci sfuggiva. Non ci sarebbe mai venuto in mente di descrivere questa lotta, con i suoi alti e bassi…”.
In questa stessa Francia, in cui un altro filosofo positivista, Ernst Renan (1823-1903) si diverte a mettere in ridicolo il Vangelo, negando la possibilità stessa dei miracoli, in nome del sapere scientifico, tre scienziati veri, all’incirca nella stessa epoca, Pasteur, Carrel e Lecomte de Nouy, dichiarano apertamente la loro fede in Cristo e la sua conciliabilità col sapere scientifico.