Vita e percezione della vita: riflessioni a partire dalle neuroscienze 3 – I processi elementari degli organismi viventi
La materia vivente è una materia «qualificata». Solamente macromolecole altamente complesse e organizzate quali gli acidi nucleici e le proteine sembrano essere in grado di fornire quella «finezza», quella «raffinatezza» di effetti che sono necessari per sostenere i processi vitali.- Autore:
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La materia che costituisce gli esseri viventi è una materia speciale, qualitativamente differente dalla materia inanimata, oppure è solo una forma particolare di organizzazione della materia in genere, caratterizzata da particolari proprietà che riassumiamo, quasi per convenzione, sotto il concetto di «materia vivente»? Étienne Gilson, interpretando il pensiero di Aristotele afferma: «Sì, gli esseri viventi organizzati e quelli non organizzati [cioè la materia inerte] costituiscono due classi distinte, ma non vuol dire che consistano in due specie diverse di materia, solo che la loro materia è determinata da forme diverse». (4)
Se sottoponiamo un organismo vivente a un’analisi chimica convenzionale, troveremo gli stessi elementi chimici che ritroviamo in natura, cioè carbonio, ossigeno, azoto, idrogeno, fosforo, zolfo, sodio, potassio, cloro, calcio. Non troviamo nessun elemento nuovo. Dunque una prima conclusione, affrettata, potrebbe essere che gli organismi viventi non sono «nulla di speciale». Una conclusione più prudente è che questa analisi conferma ciò che la filosofia classica aveva già intuito: che gli organismi viventi sono parte della natura, quella che viene chiamata, nel linguaggio comune, «natura animata», per distinguerla dalla «natura inanimata». Se però approfondiamo l’analisi, possiamo osservare che tutti gli organismi viventi che conosciamo sono basati su una particolare chimica, quella del carbonio. Il carbonio è un elemento che è in grado di fornire una varietà enorme di strutture molto stabili legandosi con pochi altri elementi pesanti come azoto, ossigeno e fosforo. In tal modo si ottengono tutte le molecole della vita. Se non ci fosse questa enorme capacità del carbonio di dar luogo a catene molto lunghe e ordinate nello spazio, tutto quello che sappiamo della vita non funzionerebbe. In ogni caso non tutti gli elementi chimici sono adatti a sostenere la vita, almeno la vita che conosciamo ed è oggetto delle presenti considerazioni, ma solo un certo tipo di elementi. Se approfondiamo ulteriormente l’analisi chimica, scopriamo che molte molecole che costituiscono gli organismi viventi sono composti chirali (dalla radice greca chéir, mano), ossia non sovrapponibili con la loro immagine allo specchio. Per esempio, gli aminoacidi che costituiscono le proteine sono tutti L-aminoacidi (dove L sta per levogiro). Queste prime osservazioni sembrano confermare che non qualsiasi combinazione di elementi chimici può essere alla base dei processi vitali, almeno della vita nella complessità che conosciamo. La materia vivente è dunque una materia «qualificata». Aristotele direbbe che è una materia determinata da un tipo particolare di forma, quella che caratterizza appunto gli esseri viventi. Per questo motivo, i principali manuali di biochimica dedicano i primi capitoli allo studio delle caratteristiche fisico-chimiche delle «molecole centrali della vita», ossia degli acidi nucleici e delle proteine. Solamente macromolecole altamente complesse e organizzate quali gli acidi nucleici e le proteine sembrano essere in grado di fornire quella «finezza», quella «raffinatezza» di effetti che sono necessari per sostenere i processi vitali.
È tuttavia chiaro che le macromolecole sono solo una condizione necessaria ma non sufficiente per la vita biologica. Infatti, se andassimo ad analizzare chimicamente lo stesso organismo un istante prima della morte e un istante dopo la morte, non potremmo rilevare differenze essenziali nella struttura delle macromolecole che lo compongono. Inoltre, possiamo isolare una macromolecola da un organismo, per esempio una molecola di emoglobina oppure un canale ionico, ricavarne le sue proprietà e utilizzare queste conoscenze per capirne la funzione nell’organismo.
NOTE
4. E. Gilson, Da Aristotele a Darwin e ritorno. Saggio su alcune costanti delle biofilosofia, Marietti, 2003, p. 187.