Vita e percezione della vita: riflessioni a partire dalle neuroscienze 2 – Il biologo e il filosofo

Uno dei punti centrali che dovrebbe emergere da questo breve saggio, è che gli organismi viventi sono caratterizzati da una peculiare organizzazione su molteplici livelli, che non si ritrova nella materia inanimata.
Autore:
Keller, Flavio
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Ricordo che mi aveva causato una profonda impressione una lezione del nostro professore di biologia al liceo, sulla trasmissione dei caratteri ereditari, dalla quale avevo concluso che non siamo altro che mezzi che veicolano materiale genetico alle future generazioni. Dopo la lezione andai da lui per chiedergli se le cose stessero proprio così, perché mi sembrava una cosa priva di senso. I miei compagni mi dissero poi che il professore era rimasto colpito dalla mia riflessione e ne aveva parlato anche alle altri classi.
Le ricerche di questi ultimi cinquant’anni hanno definitivamente dimostrato che la maggior parte dei fenomeni della biologia non possono essere ridotti alla fisica e alla chimica classiche (quelle che vengono insegnate al liceo, per intenderci) e il modello dell’orologio a esse associato (sia che esso obbedisca alla meccanica classica oppure alla meccanica statistica, vedi più avanti l’esempio dell’orologio di Schrödinger) non è adeguato agli esseri viventi. (2) Per afferrare in qualche modo le caratteristiche speciali dei fenomeni vitali si sono rese necessarie teorie matematiche e fisiche nuove, per esempio la teoria dei sistemi complessi, la termodinamica lontano dall’equilibrio, la teoria del caos, i frattali, la chimica stocastica eccetera. Inoltre, i progressi della biologia molecolare, della bioingegneria, dell’informatica e della robotica, oltre che a notevoli risultati applicativi, hanno portato e stanno portando a una più profonda comprensione dei principi peculiari sui quali si basano gli organismi viventi. È per questo che viene dedicata loro una particolare attenzione in queste pagine. È tuttavia chiaro che creare modelli in silico persino fisici di sistemi viventi - che possono arrivare a simulare un organismo vivente anche in modo talmente perfetto da risultare indistinguibili dall’organismo biologico (3) - non significa ancora che questi organismi artificiali possano essere considerati vivi.
Uno dei punti centrali che dovrebbe emergere da questo breve saggio, è che gli organismi viventi sono caratterizzati da una peculiare organizzazione su molteplici livelli, che non si ritrova nella materia inanimata. È evidente che gli esseri viventi fanno parte della natura, e soggiacciono dunque alle leggi della natura, nel senso che non possono violarle: un corpo umano in caduta libera non è nulla di speciale da un punto di vista della legge della gravitazione: soggiace alla medesima accelerazione di gravità di un corpo qualsiasi, né più né meno. Tuttavia queste leggi costituiscono un livello di analisi che non dice tutto quello che c’è da dire su un organismo vivente, e tantomeno sull’uomo.
Ed è proprio a questo punto che può e deve entrare in scena la filosofia. A me sembra che il suo ruolo dovrebbe essere quello di ripeterci costantemente la domanda fondamentale: «Siamo sicuri che quello che abbiamo detto su questa cosa è tutto ciò che c’è da dire?». In altre parole, la filosofia ha la funzione di garante dell’«intero» dell’essere.
Dunque che aiuto può dare il biologo o il medico nel rispondere alla domanda «che cos’è la vita»? Conviene innanzitutto segnalare quello che non è il suo compito: fare il filosofo dilettante, tentando improbabili estrapolazioni basate su una evidenza scientifica che è in costante progresso e che è dunque provvisoria. In positivo, mi pare che il ruolo del biologo dovrebbe consistere nel cercare di esprimere i concetti fondamentali della biologia attuale in un linguaggio che possa convogliare in maniera precisa questi concetti fondamentali a ricercatori di discipline differenti, particolarmente di discipline umanistiche, dunque anche al filosofo.
Non si tratta dunque di fare divulgazione scientifica nel senso usuale del termine. Si tratta, invece, del difficilissimo lavoro di costruire un terreno di ricerca che il filosofo possa percorrere insieme al biologo, evidenziando quelli che potrebbero essere temi fertili di ricerca interdisciplinare. Questa è la prospettiva che sta all’orizzonte di questo saggio. L’analogia con il terreno non è casuale; quando si perlustra un terreno è possibile che si ripassi dallo stesso punto più di una volta: le inevitabili ripetizioni dovrebbero essere viste in questo senso. È anche probabile incontrare sul cammino altri esploratori del passato o del presente, del cui punto di vista va ovviamente tenuto conto. Alcuni eminenti esploratori che incroceremo spesso sono fisici e matematici come Erwin Schrödinger (1887-1961), Michael Polanyi (1891-1976), Alan Turing (1912-1954) e Ilya Prigogine (1917-2003), e filosofi come Aristotele (384-322 a.C.), Hans Jonas (1903-1993), Étienne Gilson (1884-1978) e Cornelio Fabro (1911-1995). È ovvio che è necessario avvicinarsi a essi con profonda umiltà.

NOTE
2. Afferma non senza ironia Gilson: «Si dice che i popoli primitivi prendano un orologio per un animale, solo il genio di Cartesio ha potuto prendere degli animali per degli orologi». E. Gilson, Da Aristotele a Darwin e ritorno. Saggio su alcune costanti delle biofilosofia, Marietti, 2003, p. 197.
3. Quando si parla di «indistinguibilità» è necessario specificare per chi: per esempio sono stati costruiti scarafaggi robotici che rilasciano segnali chimici specie-specifici (feromoni) così che gli scarafaggi naturali li accettano come con-specifici, anche se la loro forma esterna non somiglia per nulla a quella di uno scarafaggio.