Il “Caso Alagoinha” 9 - Un aborto da fare ad ogni costo
Fu solo un'assistente sociale, che pochi minuti prima aveva riconosciuto davanti a tutti che non era capace di rispondere alle questioni mediche, e che aveva disprezzato le due vite che erano nel grembo materno, che ha convinto a porte chiuse un uomo praticamente analfabeta che la figlia sarebbe certamente morta se non avesse praticato l'aborto.- Autore:
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Il lunedì pomeriggio il sig. Erivaldo, padre della bambina ricoverata in ospedale, arrivava all'IMIP, insieme con i membri del Consiglio Tutelare di Alagoinha, per chiedere la dimissione della figlia e la sospensione del procedimento di aborto. L'ambiente però era già preparato perché lui fosse accolto nel modo che di seguito viene descritto. Ricevuti dalla stessa assistente sociale che aveva chiesto che il Consiglio Tutelare si pronunziasse decidendosi a favore dell'aborto, i consiglieri dichiararono che ad Alagoinha tutte le persone coinvolte erano preoccupate per la vita dei tre bambini. L'assistente disse subito: "Qui non si parla di tre bambini. Vi è una sola bambina, il resto sono solo embrioni".
"Come possono essere embrioni?", rispose uno dei consiglieri, "La gravidanza è di quasi cinque mesi, i bambini sono già formati, hanno già fegato e cuore." L'assistente ribatté che era vero che avevano il cuore, ma questo non significava nulla. Erano appena embrioni e la bambina era a rischio di vita. I consiglieri controbatterono dichiarando di essersi informati, e che sapevano che c'erano a Recife molti casi di gravidanze di minorenni, ma non si conosceva nessuna bambina che fosse morta a causa della gravidanza. Cosa faceva credere all'assistente che quel caso sarebbe stato un'eccezione? L'assistente rispose che, non essendo medico, non avrebbe saputo spiegare queste cose, ma che era già stato deciso che l'aborto sarebbe stato necessario per salvare la vita della ragazza. In questo momento il Consiglio presentò il signor Erivaldo come il padre della bambina. Lui, infatti, non si era ancora identificato come tale. I consiglieri dissero che era venuto personalmente da Alagoinha per chiedere, insieme con il Consiglio Tutelare, la sospensione dei procedimenti di aborto e la conseguente dimissione della figlia. Secondo la legge brasiliana, chi risponde per i minorenni sono entrambi i genitori. In tutte le decisioni dove sono coinvolti minorenni è necessario il consenso di entrambi i genitori. Se i due genitori sono d'accordo, la questione è chiusa. Se uno non è d'accordo con l'altro, un giudice deve ascoltare entrambi e decidere chi ha ragione. Qualsiasi procedimento che si allontani da questo è illegale. Nessuna autorità che non sia un giudice può avviare alcun procedimento per ciò che riguarda un minorenne contro la volontà di uno qualsiasi dei genitori. Nulla toglie la patria potestà, che in Brasile oggi viene chiamata “potere familiare”, che sempre dovrà appartenere ai due genitori insieme. Se i genitori sono separati, non perdono per questo motivo il potere familiare. Anche se i genitori sono separati e solo uno ha la custodia dei figli, ciò significa appena che il genitore che possiede la custodia ha il diritto di vivere con i figli, ma questo non annulla il potere di famiglia dell'altro. Queste normative elementari del diritto brasiliano sono state direttamente calpestate nel caso che stiamo narrando. Quando seppe che chi era lì presente era proprio il padre della bambina, l'assistente sociale chiese immediatamente che tutti gli altri si ritirassero dalla sala, e loro due soli parlarono a porte chiuse per mezz'ora. Quando il padre finalmente tornò, era un uomo cambiato. Affermò ai consiglieri che la sua posizione, prima contraria all'aborto, ora era tutt'altra, perché l'assistente gli aveva detto, secondo le parole di coloro che avevano testimoniato il fatto, "CHE SUA FIGLIA SAREBBE MORTA, E SE LEI MUORE, SAREBBE MEGLIO ABORTIRE I GEMELLI".
Secondo l'informazione del parroco di Alagoinha, che accompagnava i consiglieri, non fu possibile in quel momento avere più informazioni su cosa era accaduto, perché, "DAL MOMENTO IN CUI IL GENITORE ERA USCITO DALLA SALA, L'ASSISTENTE HA FATTO DI TUTTO PERCHÉ NON CI POTESSIMO AVVICINARE AL GENITORE E POTESSIMO PARLARE CON LUI".
Tuttavia, dopo aver lasciato l'ospedale, quando già potevano parlare liberamente con il genitore, i consiglieri capirono che ciò che aveva fatto cambiare idea al signor Erivaldo e lo aveva portato alla conclusione che, se non avesse fatto l'aborto, la figlia sarebbe morta, era stata appena la conversazione a porte chiuse con l'assistente sociale.
“Ma come? Quindi Lei non ha parlato con nessun medico? Non ha parlato con nessun'altra persona? Ma Lei non si ricorda che, quando tutti noi eravamo con l'assistente, le avevamo chiesto su che cosa si basasse per essere sicura che la bambina sarebbe morta, e lei ha risposto che non lo sapeva perché non era medico?”
"Sì," rispose il signor Erivaldo. "Ma ora chi mi potrà garantire che non morirà?"
È da notarsi la grande differenza tra ciò che è accaduto e ciò che è stato riportato dai giornali. La stampa ha informato il pubblico, per tutto il tempo, per dare credibilità al servizio di aborto legale
dell'IMIP, che la famiglia della bambina "RICEVEVA ASSISTENZA MEDICA ED ERA ACCOMPAGNATA DA UN GRUPPO MULTIDISCIPLINARE DI PROFESSIONISTI, CHE INCLUDEVA GINECOLOGI, PSICOLOGI E ASSISTENTI SOCIALI".
http://www.diariodepernambuco.com.br/2009/03/03/urbana2_0.asp
Tuttavia, al padre della bambina, che molto più della madre, era radicalmente contro l'aborto, sono state negate tutte le informazioni che sarebbero potute provenire da un gruppo multidisciplinare come quello descritto dalla stampa. Fu solo un'assistente sociale, che pochi minuti prima aveva riconosciuto davanti a tutti che non era capace di rispondere alle questioni mediche, e che aveva disprezzato le due vite che erano nel grembo materno, che ha convinto a porte chiuse un uomo
praticamente analfabeta che la figlia sarebbe certamente morta se non avesse praticato l'aborto. Nessun medico è stato chiamato, nessuno psicologo, nessun professionista di nessun gruppo multidisciplinare. Solo una conversazione a porte chiuse con una assistente, unicamente preoccupata che l'aborto fosse eseguito a qualsiasi costo, che ha dimesso il genitore in base a un argomento che lei stessa aveva riconosciuto di non avere la competenza professionale per spiegare.