“La masseria delle allodole” di Antonia Arslan 4 – L’inizio della strage degli Armeni
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L’appartenenza ad un popolo e il valore della memoria sono sicuramente fra le tematiche fondamentali della prima parte del romanzo, e ad esse la scrittrice dedica ampio spazio con la descrizione dei personaggi, delle usanze popolari, della consuetudine delle case armene di aprirsi con grande generosità soprattutto in occasione delle festività religiose, ai più poveri, mendicanti turchi compresi.
La primavera è iniziata, ci si avvicina alla Pasqua e nel bel giardino di piante e fiori che si estende dietro la casa, Azniv, la fanciulla protagonista del romanzo, sorella del capofamiglia, si rifugia e pensa a Djelal, il giovane ufficiale turco di cui ha colto gli sguardi innamorati a lei rivolti.
Certo è un amore impossibile, senza speranza per una donna armena e un uomo turco, ma tale sentimento la lusinga e intenerisce.
Proprio nel bersò nascosto ad ogni occhio indiscreto, la raggiunge l’ufficiale, che si butta ai suoi piedi e la supplica di fuggire con lui, in Europa, lontano dai pericoli che li sovrastano. Poi la sfiora con un timido bacio, ma Azniv subito si ritrae e rientra frettolosamente in casa, promettendo un nuovo incontro il giorno successivo, ma non si vedranno più, perché Djelal sarà spedito lontano, a causa delle voci che sono circolate sul suo amore per la giovane armena, e Azniv sarà vittima del piano di eliminazione della popolazione armena della “piccola città”.
L’Arslan nel raccontare la sorte cui andarono incontro i suoi famigliari e migliaia di Armeni, fa riferimento a ciò che è realmente avvenuto e che è documentato e testimoniato dalle fonti, dai resoconti scritti dettagliati e dalle testimonianze dei sopravvissuti.
In base ad essi nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 furono eseguiti i primi arresti a Costantinopoli e furono uccisi deputati, giornalisti, professionisti, medici e poeti: tutta l’élite culturale e sociale armena della capitale.
L’operazione proseguì l'indomani e nei giorni seguenti, con stragi e deportazioni. In un mese più di mille Armeni vennero forzosamente evacuati dalle zone d’importanza strategica, trasferiti all’interno dell'Anatolia orientale verso i deserti siriani e massacrati nel viaggio, solo sulla base della loro appartenenza etnica e religiosa.
Nelle marce della morte, che coinvolsero secondo le ricostruzioni armene 1.500.000 persone (si calcola che gli Armeni fossero prima della strage circa 3.000.000), centinaia di migliaia morirono di fame, malattia o sfinimento. Altre centinaia di migliaia furono sterminate dalla milizia curda e dall'esercito turco, fra mille sofferenze.
Il racconto descrive quei primi giorni terribili, in cui la trappola era scattata e la grande retata aveva avuto inizio.
Il 23 maggio del 1915 l’Italia era entrata in guerra e i confini si erano chiusi.
A Venezia Yerwant capisce di dover rinunciare per sempre al suo viaggio e al sogno di tornare nella patria amata.
Sempad invece non sembra avvertire ciò che si sta preparando, nonostante le prime voci confuse che serpeggiano fra amici e conoscenti, e pensa che come sempre era avvenuto in passato, i timori e l’ordine di convocazione degli uomini riguardino qualche gabella in più da pagare al governo turco.
La sua famiglia e gli amici si spostano nella casa di campagna, in quella “Masseria delle allodole” dove pensano di stare più tranquilli, finché i disordini non si siano placati e tutto non ritorni alla normalità.
Lì, immersi nella serenità del paesaggio, nei colori e nei profumi della primavera, le donne aprono i cesti con i viveri, viene disposta la grande tavola sul prato, si rimandano mentalmente al giorno dopo paure e preoccupazioni e si ignora che nella notte i capifamiglia armeni sono stati convogliati nei distretti militari e nelle prefetture, da dove usciranno poco dopo per essere sterminati lontano dalle città, e che ogni loro bene è stato confiscato.