“La masseria delle allodole” di Antonia Arslan 2 – Il prologo
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Come tutti i grandi scrittori, l’Autrice ha deciso dunque ad un certo momento della sua vita di mettere per iscritto la propria esperienza e ciò che ha appreso, per aggiungere un tassello alla storia di verità che gli uomini di ogni tempo, assieme, pazientemente tessono e costruiscono con la scrittura, e allo stesso tempo per capire sempre più profondamente quello che si cela nella vicenda umana propria e altrui, per chiederne assieme il significato ultimo e il riscatto.
Il romanzo prende avvio con un Prologo in cui l’Autrice racconta di quando era bambina e con la zia Henriette si stava recando alla Basilica di Sant’Antonio a Padova:
“Prendemmo la strada sotto i portici per andare al Santo. Era il 13 giugno, il giorno del mio onomastico. Pioveva, e io non volevo muovermi, ma il nonno Yerwant aveva detto:”E’ ora che la bambina conosca il suo santo. E’ già quasi troppo tardi, ha cinque anni. Non sta bene fare aspettare i santi…”.(A. Arslan, “La masseria delle allodole “, Rizzoli, 2004, pag.7).
Ben presto furono raggiunte da nonno Yerwant, uno dei protagonisti della storia narrata, che presa per mano la piccola Antonia, e accompagnatala all’interno della Basilica, le disse:
“Questa Chiesa è come una nave ed è il tuo santo che la guida. Questa chiesa è come un porto ed è il tuo santo che ci accoglie qui dentro e il male resta fuori dal portone. Questa è la casa visibile che conduce alla casa invisibile. Qui tu sarai sempre a casa. Hai sentito quello che ha detto il santo:Dio è consolazione e conoscenza, è vicinanza nella malattia, cuore caldo che batte vicino al tuo. Qui ci sono tutti i nostri morti: la nonna Antonietta, la mia mamma giovinetta, tutti i miei fratelli scomparsi nella deportazione“. (Op.cit., pag. 12)
Quindi si incontrarono col Padre provinciale , che rivolgendosi alla piccola la invitò a tornare presto a trovarlo:
”Tu, poiché ti chiami come lui (riferendosi al Santo), e sei donna, hai degli speciali doveri. Ci sono tanti Antonii, ma poche Antonie” (Op. cit., pag.14)
E forse “quegli speciali doveri” accennati dal frate non andranno del tutto dimenticati nella vita della scrittrice.