Condividi:

“Diario clandestino” 4 – “Finalmente libero”

Fonte:
CulturaCattolica.it

Ma il più organico dei “giornali parlati” fu “La Favola di Natale” scritta per il Natale del 1944 e pubblicata nel 1945.
Vale la pena di leggerne la premessa, scritta dallo stesso Guareschi per la pubblicazione avvenuta nel 1945, subito dopo la liberazione:

Questa favola è nata in un campo di concentramento del Nordovest germanico, nel dicembre del 1944, e le muse che l’ispirarono si chiamavano Freddo, Fame e Nostalgia. Questa favola io la scrissi rannicchiato nella cuccetta inferiore di un “castello” biposto, e sopra la mia testa c’era la fabbrica della melodia. Io mandavo su da Coppola versi di canzoni nudi e infreddoliti, e Coppola me li rimandava giù rivestiti di musica soffice e calda come lana d’angora.(…)
Si avvicinava il secondo Natale di prigionia: Fame, Freddo e Nostalgia.(…)
Qualcuno era riuscito a salvare il suo strumento, qualche strumento lo prestarono i prigionieri francesi del campo vicino. Coppola concertò le musiche e istruì orchestra, coro e cantanti.
I violinisti non riuscivano a muovere le dita per il gran freddo; per l’umidità i violini si scollavano, perdevano il manico. Le voci faticavano a uscire da quella fame vestita di stracci e di freddo. Ma la sera della vigilia, nella squallida baracca del “teatro”, zeppa di gente malinconica, io lessi la favola e l’orchestra, il coro e i cantanti la commentarono egregiamente, e il “rumorista” diede vita ai passaggi più movimentati
.” (pp. 5-6)

Torniamo quindi al “Diario clandestino”, le cui pagine furono tutte dei “giornali parlati”… (tranne l’Appendice “apparsa su un settimanale dopo il nostro ritorno in sede” ci avverte Guareschi nelle Istruzioni iniziali. E sappiamo che il settimanale è il “Candido”, fondato con Mosca e Mondaini (papà della nota Sandra) nel 1945) e leggiamo un ultimo brano che ben conferma e documenta ulteriormente il nostro percorso sullo “spirito libero “ di Giovannino:

Finalmente libero 29 novembre
C'era qualcuno che era prigioniero di me stesso. Stava chiuso entro di me come in uno scafandro, e io lo opprimevo con la mia carne e con le mie consuetudini. Egli si affacciava ai miei occhi per vedere, e i suoi occhi erano acuti, ma il cristallo dei miei era appannato dai grassi vapori del vivere convenzionale.
Il suo cuore era chiuso nel mio, e doveva adeguare i suoi battiti al pulsare pesante del mio. La sua voce era chiara e dolce, ma era sopraffatta dalla mia voce dura e sgraziata.
C'era qualcuno che era prigioniero di me stesso, e la mia spessa cotenna lo opprimeva: ma ora egli è evaso dal suo carcere.
Un giorno camminavo su questa sabbia deserta, ed ero stanco e trascinavo faticosamente le mie ossa cariche di pesante nostalgia, quando ad un tratto mi sentii miracolosamente leggero, e il cielo mi apparve insolitamente profondo come se, mentre guardavo il mondo dietro i vetri sudici di una finestra, la finestra si fosse improvvisamente spalancata. E vedevo i minimi dettagli e le piccolissime cose mai viste prima, come un mondo nuovo, e ogni cosa si completava di tutti i suoi particolari. E sentivo anche i minimi fruscii come se mi si fossero stappate le orecchie, e udivo voci, parole sconosciute, e mi pareva fosse la voce delle cose, ma era soltanto la mia voce. La voce del mio prigioniero.
Mi volsi e vidi che ero uscito da me stesso, mi ero sfilato dal mio involucro di carne. Ero libero.
Vidi l'altro me stesso allontanarsi, e con lui si allontanavano tutti i miei affetti, e di essi mi rimaneva solo l'essenza. Come se mi avessero tolto un fiore e di esso mi fosse rimasto soltanto il profumo nella nari e il colore negli occhi.
Ritroverò l'altro me stesso? Mi aspetta forse fuori del reticolato per riprendermi ancora? Ritornerò laggiù oppresso sempre dal mio involucro di carne e di abitudini?
Buon Dio, se dev'essere così, prolunga all'infinito la mia prigionia. Non togliermi la mia libertà
.” (dal “Diario clandestino” – p.142)

Vai a "Vita e Dramma"