L'Eternauta
Assenza di "relativismo", ovvero il mondo della speranza- Autore:
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Prologo
Da ragazzo leggevo molti più fumetti di adesso, ma mi pento di aver diminuito la dose. Tra tutte le strisce che mi sono passate sotto gli occhi, solo poche sono entrate nella mia biblioteca; molte altre sono solo rimaste nel ricordo; una tra queste infine si era addirittura nascosta così bene, che non ne avevo percepito più alcuna traccia, sino a qualche settimana fa. Ed è saltata fuori all'improvviso, da quell'angolo remoto di memoria, dove ha riposato per tanti anni, informe, nascosta in un silenzio ovattato come quello che avvolge le cose quando… cade la neve… Ma facciamo un po' d'ordine… Ore otto del mattino, sto guidando ancora con gli occhi semi impastati e mi dico che il caffè bevuto a casa non è bastato a svegliarmi del tutto; all'improvviso un semaforo che diventa rosso; sono costretto a frenare bruscamente e a sorridere come un imbecille che chiede scusa d'esistere al vigile che mi guarda dall'altro lato della strada. Nel ridicolo tentativo di far finta di niente (il vigile continua a fissarmi… è indeciso se contestarmi la brusca frenata o meno) volto lo sguardo altrove e mi imbatto in un cartellone pubblicitario davanti ad un edicola: "Oggi con La Repubblica…" Un'immagine disegnata: un uomo vestito con una strana tuta, tipo sommozzatore, avvolto da centinaia di fiocchi di neve… "L'Eternauta". Scatta il verde ed io con lui, attraverso la strada ed inchiodo davanti all'edicola: mentre scendo dall'auto con la coda dell'occhio tengo sotto controllo il ghisa che fortunatamente guarda altrove… Felice d'averla scampata e della bella sorpresa disegnata, chiedo il volume all'edicolante, pago e mi appoggio all'auto. Mentre sfoglio le prime pagine, i disegni (che nulla hanno a che spartire con manga e robaccia simile) riescono a farmi ritrovare immagini e sensazioni legate ormai a quasi venticinque anni prima… una fra tutte: è sera, sono seduto al buio in terra, sul pavimento di linoleum, vicino alla porta finestra che dalla cucina dà sul balcone, il calorifero alla mia destra è acceso e dal vetro (la tenda scostata) entra con chiarezza la luce bianca del lampione, era così che leggevo quando ero ragazzino…
La trama
"L'Eternauta" è un fumetto di fantascienza dato alle stampe per la prima volta tra il 1957 e il 1959 in Argentina (2), ma apparso in Italia solo vent'anni dopo (3) e da allora ha sempre avuto una discreta fortuna (4). Tra gli appassionati di fumetto è un cult degno di collezione; per gli appassionati di fantascienza sicuramente un'opera con cui confrontarsi. Da notare subito il fatto che la fortuna de "L'Eternauta" è molto legata ad un fenomeno peculiare: inspiegabilmente ha la capacità di rimanere nella memoria del lettore (il prologo iniziale non era a caso). A molti, appena lo si nomina, si accende uno sguardo inconfondibile e lo ricordano immediatamente: "…L'Eternauta, Juan Galvez… L'Eternauta, quello della neve che uccide…"
Il protagonista si materializza, in un prologo alla storia vera e propria, nello studio di uno sceneggiatore di fumetti (espediente semplice ma geniale con cui gli autori riescono a creare da subito una forte tensione): poche parole dell'Eternauta sono sufficienti per evocare intorno alla sua figura una forte aura di angoscia, curiosità e fascino, ed il fatto che sia lui, in prima persona, a narrare gli eventi dona alla vicenda un realismo ed una partecipazione del tutto inediti nei fumetti precedenti.
Da qui il flashback inizia, vignetta dopo vignetta, a ricostruire i tasselli di un passato sconcertante: esseri alieni, spietati e dalla disumana volontà di sterminio, hanno invaso la Terra ed ucciso la maggior parte della popolazione mondiale. All'invasione si oppone un gruppo di uomini che combattono e si sacrificano. Ecco in sintesi la storia.
Le vicende si svolgono a Buenos Aires, ma si potrebbe ipotizzare tranquillamente un qualsiasi altro agglomerato urbano (Roma, Milano, Parigi, Londra …).
I personaggi principali (persone comuni, rappresentate con un disarmante realismo) vengono trascinati nell'avventura tragica, mentre stanno giocando tranquillamente a carte: un pensionato, un impiegato di banca, un professore di fisica e Juan Galvez, l'Eternauta che nella vita di tutti i giorni fabbrica trasformatori industriali.
La tranquilla partita a carte dei protagonisti è interrotta da una improvvisa nevicata, una miriade di cristalli fluorescenti cade da cielo, ma la neve non è quella che conosciamo: la sua natura silenziosa e pacificante è trasformata in qualcosa di micidiale ed orrorifico, ogni fiocco provoca la morte immediata al contatto… e il mondo si tramuta in un unico, grande cimitero.
Juan Galvez, sua moglie, sua figlia ed i loro amici, subito consci della terribile situazione, cominciano a prepararsi per una sortita verso l'esterno e alla lotta per la sopravvivenza, preparativi che sembrano interminabili, la perizia di Oesterheld nel mantenere viva la tensione è insuperabile.
Una volta fuori dalla loro "isola" i protagonisti si troveranno a dover fare i conti prima con un'umanità incattivita dall'istinto di sopravvivenza e poi, finalmente, con le prime tracce degli invasori. Sfere di fuoco che scendono verso la città e potenti fasci di luce che disintegrano aerei militari sono le disarmanti avvisaglie dell'immenso potere degli "ellos" (5), entità extraterrestri che nessuno osa nominare.
Unitisi ad un gruppo di soldati sopravvissuti che hanno cominciato ad organizzare la resistenza, i protagonisti passano finalmente all'azione. Dopo pagine d'ansia e di curiosità, vediamo le fattezze delle prime forze di sbarco degli invasori: insettoidi simili a pulci giganti controllati da diabolici macchinari che, inseriti nel corpo di una vittima, ne fanno una marionetta decerebrata (sorte che toccherà anche agli uomini catturati); nubi che provocano allucinazioni e follia; ciclopici animali, i Gurbos, del peso di centinaia di tonnellate; e infine i Kol, la razza intelligente che comanda l'invasione sotto gli ordini di "loro".
Juan Galvez, l'Eternauta, dovrà combattere contro queste minacce per sé stesso, per i suoi cari e gli amici, diventando comandante della misera forza di resistenza. Conoscerà così la sconfitta e la vittoria, l'orrore e il dolore e solo attraversando la sua condizione potrà veramente superarla, fino alla perdita (non temete, solo apparente) di tutto.
Perché vale la pena di leggere "L'Eternauta"
Sembra che gli autori abbiano ben chiaro un concetto: è nell'ordinario, nel quotidiano che le cose accadono (anche le più straordinarie); "L'Eternauta" aiuta a fare uno sforzo che ai nostri giorni è totalmente inattuale, ma che possiede una necessità assoluta, distratti ed impegnati come siamo nel cercare sempre altrove da dove siamo messi la ragione o la forza delle nostre decisioni ed azioni.
Il termine "semplicità" è un po' la parola chiave del lavoro di Oesterheld e Solano, anche se in verità non saprei dire in che parti essa sia naturale o meno; certo è che "L'Eternauta" viene realizzato in un periodo in cui l'introspettività scettica di P. Dick non aveva ancora creato un modello, e la visionarietà radicale di "Matrix" non ci aveva ancora condizionato… Eppure, nonostante i mezzi espressivi utilizzati, possiamo ben riconoscere una capacità narrativa di ampio respiro, che non ha timore a misurarsi con la complessità e la drammaticità della riflessione sui limiti e le grandezze della condizione umana (6).
"L'Eternauta" è capace di trasmettere il senso del tragico (da non confondere con la disillusione, lo sconforto o la sfortuna), che manca a moltissima produzione contemporanea (e non solo alla fantascienza, che sarebbe il meno). Mi riferisco al quasi ormai dimenticato senso di sproporzione che nasce dalla impossibilità a possedere sé ed il mondo nelle forme e nelle modalità che la nostra immaginazione genera, e dalla conseguente lotta per il superamento di questo limite. Il senso del tragico si svela costantemente nel carattere dei personaggi, terrestri o alieni che siano, purché dotati di intelligenza.
Un ulteriore aspetto interessante è che, nonostante le contingenze sociali e culturali che necessariamente hanno influenzato l'opera, in essa non compare alcuna traccia di "relativismo". Le azioni dei protagonisti non possiedono apparentemente nessuna teleologia: esse, anche per la scelta narrativa di presentare gli eventi come incalzanti e decisi a non dar tregua né all'intelligenza né alla fatica fisica, sembrano dar spazio alla mera necessità particolare: la vita e la realtà vanno affrontate totalmente nella contingenza dell'istante, senza porsi troppe domande e col solo aiuto delle forze che l'uomo ha a sua disposizione per natura. Eppure, nonostante sembri necessario muoversi in tale modo, Juan Galvez e compagni, quasi inconsciamente, affermano che l'esperienza ha in sé il germe della oggettività e dunque della verità. Non si spiegherebbero altrimenti la gran parte dei loro moti: primo, il desiderio di sopravvivere; secondo, l'attaccamento alle persone care (motore centrale delle azioni dell'Eternauta è il desiderio di ritornare a casa, da sua moglie e da sua figlia); terzo la possibilità di relazioni significative tra gli esseri non soggiogati dagli alieni; quarto, la pietà nei confronti degli esseri resi schiavi dai "loro"; quinto, lo stesso desiderio di Galvez di "raccontare" la propria storia; tutte dinamiche che testimoniano che l'esperienza non è un assurdo agglomerato di eventi a cui reagire. Per l'Eternauta non è la stessa cosa lottare o diventare schiavo, amare o rimanere da solo; aderire o meno alla sofferenza dei Kol.
Infine non saprei come definire il fatto che nel racconto non vi sia ombra di "pessimismo". Più ci penso e meno me lo spiego: la situazione politica dei paesi sudamericani degli anni Cinquanta del XX secolo era caratterizzata da feroci dittature; dal punto di vista mondiale si era in piena "guerra fredda"; dal punto di vista culturale gli autori sono chiaramente "laici"… Eppure nel racconto, la catastrofe peggiore, il dolore più atroce, la sconfitta più dolorosa, non sono mai l'ultima parola… Galvez non si arrende… Anche il finale (che una fine non è) è "aperto" e lo è nei confronti di un elemento che di solito per l'uomo incarna il peggiore dei nemici: il tempo; nella conclusione della saga passato e presente si compenetrano e si spiegano dando spazio al futuro, ad un nuovo inizio (7). Forse adesso posso usare un termine per tutto ciò: speranza.
Note
1. L'eternauta (Saga originale - I e II parte); Sceneggiatura di H. G. Oesterheld, Disegni di F. Solano Lopez; Traduzione di S. Rizzo ne I Classici del fumetto Ed. da La Repubblica allegato al quotidiano (settembre 2003).
2. Pubblicato per la prima volta su Hora Cero Semanal.
3. Nel 1977 è riproposto su Linus con disegni di A. Breccia. Tra il 1976 e il 1977 viene pubblicato su Lanciostory. Nello stesso periodo la saga è stata pubblicata anche in volume unico nelle collane Euracomix e Fantacomix Days.
4 Nel 1979 viene pubblicato in volume unico col titolo "Oltre il tempo" da L'Isola Trovata. Nello stesso anno 1979 Oesterheld scrive la III parte della saga reperibile in Comic Art, testi di A. Ongaro. È invece del 1999 la IV parte dell'opera, dal titolo L'eternauta: il mondo pentito, ed. Aura Editoriale.
5. "loro" in spagnolo…
6. Non nascondo il timore che la traduzione e i diversi rimaneggiamenti che il testo ha subito abbiamo modificato e di gran lunga le intuizioni originali degli autori; troppo spesso infatti la ripetitività del linguaggio, la banalità dei testi, NON corrispondono alla forza delle immagini, alla loro drammaticità… Spesso infatti si è quasi costretti ad immaginare il disegno senza il testo, per poter apprezzare a pieno il lavoro…
7. Come non ripensare al finale di "Blade Runner" di R. Scott?