Blade Runner: Talis pater

Per leggere con occhi nuovi il film di R. Scott, Blade Runner
Autore:
Pagani, Pietro
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Bentornati, se avete letto gli articoli su Eternauta e Matrix, benvenuti se è la prima volta che tra di noi abbiamo a che fare… Anche questa volta desidero parlarvi di un'opera a cui sono veramente affezionato (1).
Chi non ha visto Blade Runner (2) di R. Scott (3)?

La trama
Nell'anno 2019 a Los Angeles, la Tyrell Corporation costruisce androidi replicanti (robot dalle fattezze umane) come forza lavoro per le industrie minerarie sulle colonie extramondo. L'esistenza di queste macchine intelligenti è frutto di un programma che prevede la loro auto-disintegrazione dopo quattro anni. Quattro di questi, Roy, Leon, Zhora e Pris, appartenenti alla serie Nexus 6, si ribellano e sfuggono al controllo. Rick Deckard, ex cacciatore di taglie, è obbligato dalla polizia a catturarli.
Ben presto tre dei quattro robot sono individuati ed eliminati. Il loro capo, Roy, dopo l'omicidio del dottor Tyrell (l'ingegnere genetico suo creatore), si scontra direttamente con Deckard in un duello finale mozzafiato.

Dick e Scott: due mondi diversi
Il film di Scott ha un primo grande pregio: è un bellissimo film. Geniale nella visio e nella rappresentazione; acuto nelle caratterizzazioni dei personaggi; fortunato per l'ottima interpretazione di tutti gli attori; supportato infine da due elementi di non poco conto per un film di fantascienza: una sognante (quasi senza tempo) eppur presentissima colonna sonora (Vangelis) ed un ottimo lavoro sugli "effetti speciali" (Syd Mead).
Insomma ci troviamo di fronte ad un mix raro e prezioso che non può non incuriosire ed affascinare.
Il secondo grande pregio del film è quello di aver "superato" (offrendoci qualcosa di nuovo ed inesplorato) il testo da cui ha avuto origine. Si usa dire che Blade Runner sia "tratto" da un romanzo di P. K. Dick, Do Androids Dream of Electric Sheep? (4) ma io preferirei dire che Scott si è "ispirato" a quello scritto.
Sono grato a P. Dick per la sua capacità di dare voce lucida ad un disagio vero: le sue pagine hanno come protagonisti uomini smarriti che, posti di fronte a una realtà instabile, frammentata, ostile, sono costretti a ripensare la propria vita quotidiana, le scelte fatte, i propri limiti… Nei suoi mondi distorti gli umani sono costretti alla resa: non vale la pena sopravvivere soli e deboli sotto un cielo distante e muto; ed anche nel racconto Gli androidi sognano pecore elettriche? si respira una amarezza rassegnata: il senso del racconto coincide infatti con una desolata rassegnazione di fronte a un mondo nel quale persino possedere un animale vivo e non una copia artificiale è diventato rarissimo. Ringrazio Dick per l'intuizione del mondo in cui è collocata la storia, ma niente di più, poiché la sua narrativa rappresenta solo un ottimo esempio di riflessione disperata sul nostro mondo.
Ridley Scott invece ha realizzato un'opera completamente differente: pur senza tradire il testo, semplicemente ha utilizzato le coordinate fornite da Dick per esplorare un'altra dimensione possibile. Da tale punto di vista sono grato a Scott per aver "creato" non solo "un mondo", ma "un mondo" dove la questione dell'esistenza (della brevità del tempo; della limitatezza dell'intelligenza; della necessità da parte della coscienza di avere un vero passato poiché un passato innestato dal programmatore non basta) ha vero corpo poiché posta ad un PADRE.
Geniale poi il fatto che tutto ciò non sia espresso dall'umanità, quasi inconsapevole e sicuramente distratta, ma dal frutto della ratio tecnologica e scientista per eccellenza: il replicante, la macchina.

Nel supermarket dell'inutile…
Cimentarsi con una lettura di Blade Runner ha avuto l'inconveniente di doversi confrontare con tutto un universo: fate - come ho fatto io - un giro nel net con le direttive Blade Runner e scoprirete un numero interminabile di siti, collegamenti, critiche, approfondimenti, FAQ, interconnessioni e rimandi che vi stancherete di leggere. Alla "fine" del viaggio nella rete (e in alcune librerie) mi è sorta però una domanda: ma io ho visto lo stesso film? Pagine e pagine di questioni costate sicuramente tempo ma che, a mio parere, non riescono a dar ragione della bellezza del film. Ne cito alcune a titolo esemplificativo.
Tra le letture e le "interpretazioni" più gettonate vi sono quello di natura fisio-filosofica: "(…) il film è una profonda riflessione sulla nostra incapacità di "vedere" in un orizzonte dominato dal simulacro, dall'artificio, dalla cultura… Frequenti sono i richiami simbolici all'occhio e allo sguardo: nella sequenza di apertura ci appare un'immagine ingigantita dell'occhio; l'omicidio attraverso la distruzione degli occhi; l'utilizzo da parte di Tyrell di un paio di lenti trifocali (5) , la presenza di occhiali giocattolo nell'abitazione di Sebastian (…)"
Vi sono poi i tentativi di riportare il lavoro di Scott dentro un filone narrativo e di tendenza (che a Dick deve molto) in cui, per i protagonisti, non vi è possibilità di salvezza nella realtà in cui sono immersi: "(…) Nella versione del film targata 1992, inoltre, non vi è traccia di un esplicito lieto fine, non vediamo Deckard e Rachel fuggire insieme (…) il loro destino è lasciato nell'ombra; in una oscurità opaca, in cui la luce ed il buio, il bene e il male, si contagiano, si mescolano in una lotta senza fine, in cui nessuno dei due elementi riesce a prendere il sopravvento sull'altro (…)" (6).
Abbondano, purtroppo, anche scritti pronti a spingersi (abbandonando qualunque seria logica) ben oltre le immagini, solo per il gusto (alquanto discutibile) di "interpretare" ideologicamente il film; un primo esempio ce lo dà il "solito marxista": "(…) L'umanità dipinta da Scott sembra essere in qualche modo deteriorata. Per ironia solo i Replicanti si avvicinano a una condizione ideale e, anzi, sembrano essere divenuti "more human than human", come mostra l'ascesa di Roy, nell'emblematico finale, da figura luciferina a figura messianica. In Roy, figura più complessa del film, si fondono due miti biblici: la rivolta degli angeli e la creazione dell'uomo (…)". Un secondo esempio di forzatura è anche il seguente: "(…) Blade Runner è costellato di temi sotterranei di carattere religioso, mistico, filosofico, ma nel segmento finale ci troviamo dinanzi a simbolismi fin troppo scoperti, che spingono verso un'esplicita identificazione di Roy con Cristo, quali: il chiodo nella sua mano e la colomba bianca (…)". Tombola! Non solo forzature ed inopportuni accostamenti ma anche la messa in pratica di una vecchia regola propagandistica: usa pure i termini "mito", "simbolo", "sotterraneo", "religioso", "mistico", "filosofico" e sta' tranquillo che il lettore tradurrà con "invenzione fantasiosa", "immagine astratta" ecc… L'operazione di riduzione del lavoro di Scott è fin troppo evidente: Blade Runner appare come una favoletta, bella per l'amor di Dio, ma pur sempre una favola. "Ottimi effetti speciali" si dice quando non si ha nulla da dire e qui siamo nella stessa condizione, ma con una mossa in più: si rischia di screditare definitivamente il film, poiché non si può (e non si deve) prendere sul serio qualcosa che non ha nessun nesso con la realtà.
Da ultimo riporto, più per curiosità che per cronaca, un richiamo che sicuramente accende una luce in merito alla interpretazione del rapporto tra uomini e replicanti; luce poi, purtroppo, immediatamente spenta poiché non si riesce a dire nient'altro: "(…) Il rapporto tra l'uomo ed i replicanti è racchiuso simbolicamente nella sequenza relativa alla partita a scacchi, che riproduce la conclusione di una famosa partita realmente giocata a Londra nel 1851 e nota come "the immortal game". Essa riflette la lotta tra l'uomo, che considera i replicanti come pedine da rimuovere, e questi ultimi, che anelano a divenire immortali (una regina), ad ascendere al cielo. In tale partita la figura di Roy, prima ancora del celebre finale, si carica di una dimensione spirituale. Egli infatti, dopo la mossa di Tyrell con un pezzo per tradizione privo di intelletto o spirito, Cavallo mangia Regina, risponde e vince la partita con una mossa, Alfiere in Re 7, che asserisce, appunto, il suo primato spirituale. (…)" (7).
Se il lavoro di Scott coincidesse con queste analisi sarebbe di una noia mortale.

Spazio al testo
Ma la realtà, come sempre, supera la fantasia e nella pellicola c'è molto altro e soprattutto molto di più. Un esempio? Presto fatto, vi propongo la trascrizione di un dialogo che rappresenta, a mio parere, il cuore della pellicola: Tyrell è l'inventore dei replicanti, Roy è l'ultimo di essi rimasto in vita. Siamo quindi, nel film, alla resa dei conti: i replicanti sono fuggiti dalle colonie extramondo proprio con l'obiettivo di avere più tempo, di avere più vita.



Tyrell: Salve, mi sorprende che tu non sia venuto prima.
Roy: Non è una cosa facile incontrare il proprio… artefice.
Tyrell: Ah! … E che cosa posso fare per te?
Roy: Può l'artefice ritornare su ciò che ha fatto?
Tyrell: Perché, ti piacerebbe essere modificato?
Roy: Avevo in mente qualcosa di un po' più… radicale
Tyrell: Qual è… Quale sarebbe il tuo problema?
Roy: La morte!
Tyrell: La morte!? Beh credo che questo sia un po' fuori dalla mia giurisdizione
Roy: Io voglio più vita … Padre
Tyrell: (lungo sguardo d'intesa fra i due e sorriso quasi bonario di Tyrell) Abbiamo i nostri limiti… Produrre una alterazione nell'evoluzione della struttura di una vita organica è fatale. Un codice genetico non può essere corretto una volta stabilito.
Roy: Perché no?
Tyrell: Perché entro il secondo giorno di incubazione ogni cellula che sia stata sottoposta a mutazioni irreversibili dà luogo a colonie involutive. I topi abbandonano la nave che affonda e poi la nave …
affonda.
Roy: E attraverso una ricombinazione dell'EMS!?
Tyrell: È un tentativo già fatto. L'EMS è un potente mutante che genera un virus letale.
Roy: Allora una proteina regressiva che blocchi le cellule operanti!?
Tyrell: Non impedirebbe la riproduzione, ma ciò darebbe luogo ad un errore nella replicazione; all'interno del DNA di nuova formazione sorgerebbe una mutazione e si avrebbe di nuovo un virus. Ma questo, … tutto questo, è accademia… Siete stati fatti al meglio delle nostre possibilità…
Roy: Ma non per durare…
Tyrell: La luce che arde con il doppio di splendore brucia per metà tempo e tu hai sempre bruciato la tua
candela da due parti Roy, … Guardati: tu sei il figliol prodigo, sei motivo d'orgoglio per me. (Tyrell accarezza la nuca a Roy)
Roy: Ho fatto delle cose discutibili.
Tyrell: Anche delle cose straordinarie Roy… Godi più che puoi.
Roy: (sorridendo) Cose per cui il dio della biomeccanica non ti farebbe entrare in paradiso… Roy accarezza il volto di Tyrell, lo avvicina al suo e bacia l'artefice sulle labbra. Al termine del bacio Roy uccide Tyrell schiacciandogli gli occhi…


La scena è drammatica, ma non potrebbe essere altrimenti; Tyrell "raccoglie ciò che ha seminato": avendo "creato" un desiderio ma non essendo in grado di dargli adeguata risposta non può che essere ricompensato dalla violenza. È un parricidio in piena regola, Edipo (8) non c'entra nulla… Roy è stato chiaro: desidera la vita e mentre chiede questo usa il termine " Padre"; Tyrell gli risponde con un bieco "Godi più che puoi" ed è proprio tale risposta a generare la furia di Roy nei suoi confronti (e fin qui vale il motto latino talis pater).
Non siamo all'interno di una metafora, non si sta rappresentando un conflitto psicologico, ma ci troviamo di fronte alla descrizione di una esperienza: Scott, inconsapevolmente o meno, apre "la questione del Padre" ovvero dell'origine dei desideri e della possibilità della loro realizzazione. Non possiamo non citare la sintesi dell'esperienza dei replicanti stigmatizzata in una domanda che Roy rivolge a Deckard (in difficoltà) durante il duello finale tra i due: "(…) cosa si prova a vivere nel terrore? In questo consiste essere uno schiavo…"

Non sempre i latini hanno ragione…
Siamo alla fine del film: Deckard è appeso al cornicione di un palazzo ed è sul punto di cadere ma Roy (anche lui al termine del suo tempo) decide di salvarlo. Talis pater?
Chiudo con la frase che molti conoscono a memoria e che, come il dialogo tra Roy e Tyrell, non ho mai trovato commentata; le parole sono ancora di Roy: "Io ne ho viste di cose che voi umani non potete immaginarvi: navi da combattimento in fiamme, al largo dei bastioni di Orione e ho visto i raggi B balenare nel buio, vicino alla porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti, nel tempo … come lacrime nella pioggia … È tempo di morire…"
Scacchi, occhiali, "filosofia" e "misticismo", bene e male come elementi confusi, moti anticapitalistici…??? Nulla di tutto questo nelle ultime parole di Roy, solo il sussurro di un desiderio irriducibile…

Note

1. Cfr. gli articoli sul sito

2. Blade Runner è un film di fantascienza che ottenne ben poco successo nei cinema, ma in seguito la sua notorietà crebbe incredibilmente. Uscito, come già detto nel 1982, è diventato ormai oggetto di culto per gli appassionati. Il film ricevette il premio Hugo quale miglior spettacolo nel 1983. In un referendum eseguito fra i membri della convention della World Science Fiction nel 1992, Blade Runner è stato considerato al terzo posto fra i migliori film di fantascienza di tutti i tempi. I primi due furono Guerre Stellari e 2001 Odissea nello spazio. Il film fu interpretato da Harrison Ford (il cacciatore di replicanti Deckard), affiancato a pieno titolo di coprotagonisti dai replicanti R. Hauer (nella Parte di Roy capo dei replicanti ribelli), S. Young (Rachel), B. James (Leon Kowalski), D. Hannah (Pris), J. Cassidy (Zhora) e dai personaggi "umani" J. Turkel (Eldon Tyrell), W. Sanderson (J.F. Sebastian) e E. J. Olmos (Gaff, altro cacciatore di replicanti).

3. R. Scott esordisce nel 1977 dirigendo il bellissimo I Duellanti, tratto dall'omonimo racconto di J Conrad con K. Carradine e H. Keitel (premio speciale della giuria al Festival di Cannes e David di Donatello). Nel 1979 arriva il mitico Alien, un film che unisce con raro equilibrio tre generi mai "miscelati" tra loro: thriller, horror e fantascienza. Nel 1982 esce Blade Runner. Torna al grande consenso di pubblico, ma non di tutta la critica, con un ottimo prodotto del 1989: Black Rain: un poliziesco con M. Douglas ed A. Garcia. Nel 1991 realizza il drammatico Thelma & Louise (si aggiudica l'Oscar per la miglior sceneggiatura). Nel 2000 propone Il Gladiatore (film meno raffinato del suo standard ma interessante sotto molti punti di vista). Nel 2001 escono due nuovi film degni di nota: il tetrissimo e discutibile Black Hawk Down e Hannibal, prosieguo, non all'altezza, de Il silenzio degli innocenti.

4. In italiano " Cacciatore di Androidi" pubblicato in origine da Nord narrativa 1995 - (oggi fuori catalogo) e ripubblicato da Fanucci nel 1997. Il titolo originale, Do androids dream of electric sheeps? è sicuramente più legato al contenuto del testo…

5. Davvero un notevole senso d'osservazione…

6. Certo che spiegare un finale che non viene fatto vedere ne richiede di fantasia…

7. Tratto da "Blade Runner, il mito degli androidi" di Debora Zampa.

8. Cfr. il blasonato Mereghetti (Il Mereghetti - Dizionario dei film 2002 di Paolo Mereghetti, Ed. Baldini & Castoldi) che parla di momento centrale della pellicola a proposito della "(…) rivolta edipica del replicante (Roy acceca il padre-inventore Tyrell)" ma guarda caso, anche qui non si riesce a superare la forma di un veloce accenno alla "questione"; non dimentico poi che Mereghetti non è certo un ingenuo nell'uso delle parole: usa pure "edipo" e sta certo che verrà letto "infantile" e quindi liquidabile.