Macbeth 5 - L'assassino e Lady Macbeth
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
I DUE PROTAGONISTI
Su tutto e tutti si stagliano le figure dei due protagonisti.
Fino al regicidio le loro storie procedono parallelamente: si sostengono nella perversa determinazione ad uccidere e procedono come complici. Poi le loro storie divergono: Macbeth divenuto re scorge in Banquo una minaccia alla sua regalità poiché conosce la profezia delle streghe e potrebbe sospettarlo.
Decide da solo, e in modo fulmineo assolda tre sicari per eliminare Banquo e suo figlio, ma quest’ultimo riuscirà a sfuggire alla morte. “Ci vorrà sangue dicono: il sangue vuole sangue” ( Atto III, Scena IV, v. 121).
Il suo è ormai un destino votato alla crudeltà e al delirio.
Un grande banchetto viene allestito dal nuovo re per i nobili, ma al suo ingresso nella sala dei convitati, Macbeth vede il suo posto occupato dal fantasma di Banquo.
Il convito ha sempre rappresentato un momento di comunione fra i commensali e per questo suo valore sacrale ben conosciuto in età medievale come in epoca rinascimentale, l’omicida se ne sente escluso e vede l’immagine insanguinata di colui che ha ucciso impedirgli di prendere posto accanto agli altri (6).
Tornerà dalle streghe e gli Spiriti del Male gli confermeranno la profezia: Macbeth sarà re “finché il bosco di Birnan non si muoverà“ contro di lui e nulla avrà da temere per la propria vita da alcun “nato da donna”.
Solo Macduff può rappresentare per lui un’insidia. Le apparizioni terrificanti gli mostrano quindi una lunga fila di re che si succederanno sul trono di Scozia, preceduti da Banquo. (Giacomo I° Stuart, re di Scozia Inghilterra e Irlanda discendeva secondo le cronache del tempo da Banquo)
Macbeth teme soltanto, di ciò che ha visto e udito, Macduff. Poiché egli è fuggito in Inghilterra, il furore del re si scatenerà contro il suo castello, la moglie e il figlioletto che farà massacrare selvaggiamente, per sola rivalsa.
Scappati dalla patria, l’erede al trono Malcolm e Macduff, con l’aiuto del re d’Inghilterra Edoardo, si preparano intanto a portar guerra alla Scozia per sconfiggere l’usurpatore.
Siamo alle ultime scene del dramma.
L’Atto V si apre con l’immagine della Regina che vaga sonnambula fra le stanze del castello con un candeliere che non abbandona mai, stretto fra le mani.
Nessun nesso lega le immagini che via via ella nomina attraversando le sale del palazzo, ma il sangue sulla mano, il buio dell’inferno, il volto esitante del marito, il cadavere del vecchio re così simile al padre, la moglie di Macduff, l’odore del sangue invadono l’oscurità in cui la regina, angosciata, si aggira preda della follia. Il medico l’assiste impotente e pietosamente afferma che la regina avrebbe bisogno più di un sacerdote che non di un medico.
La vicenda di Lady Macbeth segue dunque un andamento opposto a quello del marito.
Questi all’inizio del dramma si mostra combattuto, bisognoso della complicità della moglie e solo successivamente diviene repentino nelle sue scellerate azioni e crudele nell’esercizio della tirannia.
Lady Macbeth, invece, appare nelle prime scene ambiziosa ed esaltata, fredda calcolatrice nella costruzione del crimine e priva di alcuna pietà. Realizzato però il progetto, il ricordo del crudele atto compiuto e delle sue conseguenze la vincono.
Invano ha preteso di cancellare dalla sua natura ogni traccia di bontà e compassione, perché quello snaturamento diabolicamente invocato dagli Spiriti infernali ha aperto in lei una ferita insanabile.
Shakespeare non le attribuisce sentimenti di rimorso o di pentimento.
Qualcosa di molto più profondo è all’origine della sua angoscia e apre uno squarcio illuminante sulla concezione che ha l’Autore dell’ordine buono inscritto nell’universo e della coscienza dell’uomo che da esso dipende.
Colui che li rinnega cancella le sue fattezze umane ed è votato alla follia e alla morte.