Macbeth 3 - L'abominevole delitto
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
LADY MACBETH
All’inizio dell’Atto I, Scena V, Lady Macbeth legge ad alta voce il messaggio inviatole dal marito che riporta la predizione delle streghe, per renderla partecipe della grandezza anche a lei riservata.
La donna non ha esitazioni davanti alle parole lette e al destino indicato: “Sei Glamis, e sei Cawdor e sarai quel che ti è stato promesso”.
Sarà lei a cancellare gli ultimi scrupoli morali del marito e a tradurre l’intenzione balenata tra le righe del messaggio, in realtà.
Gli Spiriti del male vengono invocati perché la sorreggano nell’azione, snaturino il suo sesso, distruggano ogni sentimento di compassione e la colmino “dalla testa ai piedi della più spietata crudeltà”.
Il destino di Duncan è segnato.
Il vecchio re ha chiesto nel frattempo ospitalità per la notte, e questo dapprima turba poi rinvigorisce i progetti di Lady Macbeth che presenta al marito un piano studiato nei particolari per eliminare il vecchio re.
E degna di ogni onore e compassione appare la figura del sovrano nel suo fiducioso consegnarsi inerme nelle mani dei carnefici.
LA DECISIONE
Il monologo di Macbeth all’aprirsi dell’Atto I, Scena VII, è una delle pagine più potenti della tragedia, determinante per far luce sul suo animo tormentato.
Egli prova orrore per l’atto che si accinge a compiere, immagina ciò che avverrà quando si sarà macchiato del sangue di un innocente: la Pietà attraverserà con un volo di Cherubini il cielo per proclamare le sue nere colpe in ogni dove, e l’universo intero verserà lacrime sul misfatto.
Ma lo domina e lo convince l’ambizione, anche se lo porterà a compiere “un balzo troppo alto” per farlo rovinare miseramente a terra subito dopo.
Charles Moeller, mettendo a confronto la tragedia greca e quella shakespeariana afferma: “Il mondo shakespeariano non è più quello della tragica fatalità che grava su uomini innocenti ma è quello del peccato universale degli uomini..…Il male assoluto è nell’uomo e proprio per questa ragione Shakespeare attinge vertici di tragicità che mai furono raggiunti prima di lui”. (1)
Come ogni uomo, Macbeth infatti è libero di scegliere e determinare in ogni momento il proprio destino (2): può elevarsi alle più alte vette di nobiltà d’animo per la sua dedizione e fedeltà o inabissarsi negli aspetti più tenebrosi del proprio animo compiendo i delitti che la coscienza condanna.
In una notte in cui “la luna è tramontata” ed è scomparsa dal cielo la luce delle stelle, l’immagine di un pugnale dalla lama insanguinata lo perseguita e lo incita al regicidio: “Ti vedo ancora….Tu mi mostri la strada verso cui mi stavo avviando e io dovevo usare un’arme come questa….E’ l’impresa sanguinosa che prende forma così ai miei occhi…Vado ed è fatto:la campana mi invita. Non ascoltarla Duncan, perchè è un rintocco di morte che ti chiama in Paradiso o all’Inferno” (Atto II, Scena I, vv. 40-44; 63-67).
Oscurità e bagliori rosso sangue dominano la scena, mentre Macbeth assassina Duncan dormiente e la moglie riporta i pugnali di cui si è servito, nelle mani delle due guardie uccise, per far ricadere su di loro ogni colpa, e imbrattare il loro volto col sangue dell’ucciso.
L’assassino infatti si rifiuta di rimettere piede nella stanza del delitto: “Ho paura al pensiero di ciò che ho fatto; non oso guardarlo un’altra volta” e sente voci misteriose riempire l’aria: “Uno gridò: Assassino…..Mi parve udire una voce gridare: Non dormire più….. Macbeth assassina il sonno, il sonno innocente….e seguitava a gridare: non dormire più a tutta la casa….. Glamis ha assassinato il sonno e perciò non dormirà più…. Macbeth non dormirà più“
(Atto II, Scena II, vv. 36-43 ).
Macbeth non potrà più dormire perché si rende conto “che ha ucciso un corpo di carne, ma che ha ferito a morte la propria coscienza” (3)
Note
1) Charles Moeller, Saggezza greca e paradosso cristiano, 1978, Morcelliana, pagg. 80-86.
2) in tal senso, vedi Pico della Mirandola, “De hominis dignitate”.
3) C. Moeller, op. cit, pag. 84.