Il pensiero di Chesterton – La ragione 4 - La ragione è una finestra non un cerchio

La ragione sana è quella che non è concepita come un cerchio, una misura, bensì una finestra, una apertura; l'apertura costitutiva dell'uomo sul mondo, la tensione a rendere conto del reale secondo la totalità dei suoi fattori.
Autore:
Platania, Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it
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L'errore è nel concepire la ragione come un cerchio, come misura di tutte le cose; e poiché il cosmo eccede invece la misura dell'uomo, egli è costretto a lasciare fuori qualcosa, e il suo cerchio risulta sempre troppo ristretto.
Nello spiegare perché la pazzia sia da attribuirsi alla ragione più che all'immaginazione, sia il pericolo del filosofo più che del poeta, Chesterton spiega la differenza fondamentale tra l'esperienza della verità compiuta dal poeta che non corre rischi di cadere nella follia e quella propria invece del filosofo per cui la follia è sempre in agguato
II fenomeno è semplice: la poesia naviga liberamente in un mare senza confini; la ragione cerca di traversare quel mare senza confini e gli pone dei confini. II risultato è l'esaurimento mentale, simile all'esaurimento fisico del signor Holbein.
Accettare tutto è un esercizio, comprendere tutto è uno sforzo. II poeta desidera solo l'esaltazione e l'espansione, un mondo per distendervisi; gli piace vedere la sua testa sollevarsi nel cielo. II logico pretende di rinchiudere il cielo nella sua testa; e la testa scoppia
”. (GKC, Ortodossia, pag. 25)
Non si tratta di porre dei limiti alla ragione: si tratta di riconoscere che la ragione ha in sé i suoi limiti. La ragione è finita, a fronte di un cosmo fisicamente infinito e di una Verità inesauribile; non può restare nella verità se non accettando questa condizione costitutiva, questa costitutiva tensione ad una verità che non può mai essere pienamente posseduta, ma dalla quale solo ci si può lasciare possedere. La ragione rischia la follia in quanto pretende di chiudere l'infinità della verità in un suo schema ristretto. La ragione sana è dunque quella che non è concepita come un cerchio, una misura, bensì una finestra, una apertura; l'apertura costitutiva dell'uomo sul mondo, la tensione a rendere conto del reale secondo la totalità dei suoi fattori. Questa totalità però deve essere concepita come sempre eccedente l'umana capacità. Proprio questa eccedenza affida alla ragione un compito inesauribile; ma la ragione non regge a lungo questa tensione e cede alla tentazione di fermare la ricerca e di affermare ciò che ha finora trovato come la spiegazione esauriente di tutto. E' questo il peccato capitale del materialista, l'origine della sua follia. Quello scettico invece è l'errore opposto ma complementare: davanti alla incapacità della ragione di attingere il significato esauriente, esso rinuncia alla ricerca e si condanna all'insignificanza.
La definizione della ragione non come misura ma come apertura, annulla alla radice la tentazione di questo orgoglio della ragione che si ritiene capace della esaustività, il quale solo conduce all'esaurimento della follia; ed egualmente impedisce la pigrizia della ragione, quell’aggrapparsi alla prima spiegazione immaginata, tirandola da tutte le parti per gonfiarla a spiegazione esauriente di tutto, che era alla base di molte sette e filosofie fasulle che pullulavano allora come pullulano ancor oggi:
Sono universali nel senso che, accettata una spiegazione, per quanto sottile, la portano alle estreme conseguenze. Ma un campione, per quanto si tiri da tutte le parti, resta un campione”. (Ibidem, pag. 32)