Condividi:

Il pensiero di Chesterton – La difesa della ragione 1 – Ragione e pazzia

Autore:
Platania, Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it
Il nemico della ragione non è la religione o la fede, ma proprio quel mondo moderno che si è voluto pensare come l'epoca della ragione, della Dea Ragione sciolta da tutti i vincoli e da tutte le pastoie impostele dalla superstizione religiosa.

Nella polemica con lo scientismo emerge cosi il primo e più fondamentale assunto della antropologia chestertoniana. Affermare però che l'uomo è essenzialmente ragione non è sufficiente. Tutte le altre filosofie sembravano acconsentire a questa affermazione. Non potremmo cogliere l'originalità della antropologia chestertoniana se non analizzando che cosa egli intenda, e che cosa invece intendano i suoi avversari polemici, con questo termine ragione.
In Ortodossia Chesterton dedica i primi capitoli alla difesa della ragione:
Essa ha bisogno di difesa: tutto il mondo moderno è in guerra con la ragione, e la torre già vacilla”. (GKC, Ortodossia, pag. 45)
Il nemico della ragione non è dunque la religione o la fede, ma proprio quel mondo moderno che si è voluto pensare come l'epoca della ragione, della Dea Ragione sciolta da tutti i vincoli e da tutte le pastoie impostele dalla superstizione religiosa. Occorre difendere la ragione e occorre difenderla dal suo contrario, che è la follia. Gli antichi si preoccupavano di salvare l'anima dall'inferno; i moderni non credono più né all'una né all'altro. Credono però ancora, se non altro, all'esistenza della ragione e debbono constatare l'esistenza del suo contrario:
Siamo tutti d'accordo che c'è un collasso dell'intelletto, altrettanto certo quanto il crollo di un edificio. Gli uomini negano l'inferno, ma, non ancora, Hanwell”. (Ibidem, pag. 22)
Hanwell é il nome del luogo in cui sorge il manicomio di Londra. La ragione ha dunque un suo contrario, che è la pazzia, emblema del fallimento della ragione, reale e incontestabile come l'edificio di Hanwell dove i pazzi sono tenuti rinchiusi. Il criterio della sanità dell'intelletto è realmente per Chesterton il criterio guida della validità di una teoria. Allora Chesterton inizia collo sgombrare il campo dalla moda di ritenere la malattia mentale migliore della sanità:
Vero è che alcuni parlano della pazzia con disinvolta leggerezza come di cosa per sé stessa attraente. Ma la riflessione di un minuto basterà a persuaderci che si può parlare di belle malattie, soltanto quando il malato è un altro”. (Ibidem, pag. 23)
In secondo luogo Chesterton contesta un secondo pregiudizio, quello per cui la follia è legata al temperamento artistico, all'eccesso di immaginazione: la pazzia non è una malattia della immaginazione, bensì la malattia propria della ragione. I più colpiti infatti sono i grandi ragionatori, non i poeti.
Non è l'immaginazione che produce la pazzia, è la ragione. l giocatori di scacchi diventano pazzi, non i poeti; i matematici, i cassieri possono diventare pazzi, non gli artisti che creano. Con ciò non intendo, come si vedrà, prendere a bersaglio la logica; dico che il pericolo è più nella logica che nella immaginazione”. (Ibidem, pag. 24)

Vai a "Chesterton: il pensiero"