Il pensiero di Chesterton - L'uomo cristiano 4 - Le risposte della filosofia
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La filosofia descriveva un dio razionalmente convincente, certo più degli dèi capricciosi e meschini dell'Olimpo. Tuttavia la maggior parte della gente non abbandonava le feste religiose per volgersi alla contemplazione del primo motore immobile, né Aristotele si doleva che essi non lo facessero. Il dio filosofico non era un dio per il quale si potesse ballare o cantare, o versare il vino in sacrificio e non poteva quindi soddisfare l'istinto religioso del popolo che sentiva questi atti come qualcosa di necessario, perché esprimevano la necessità che anche la vita ordinaria partecipasse del significato ultimo.
L’uomo antico non avvertiva perciò contraddizione tra la sua religione mitologica e la sua filosofia estremamente razionale, perché esse rispondevano in modo diverso a due esigenze diverse. Tuttavia non solo esse non rispondevano esaurientemente al bisogno dell'uomo proprio per il loro essere giustapposte e anche socialmente separate, ma neppure riuscivano a rispondere ognuna alla esigenza che in esse si manifestava.
Il contenuto del mito è infatti, in un certo senso, vero, ma non è reale. Come un dipinto può essere identico ad un paesaggio fino all'ultimo particolare e tuttavia non è un paesaggio, cosi un essere mitico non è un essere vivo. E' un prodotto dell’immaginazione ed è vero in quanto conforme alle leggi dell'immaginazione, ma non ha nulla a che vedere, né pretende di averlo, con quelle della realtà. Per questo esso non impegna realmente l'uomo, né può fornirgli una morale. Esso suggerisce, non descrive: non c'è una realtà, in esso, cui l'uomo possa aderire. Il dio creato dall'immaginazione rimane necessariamente più piccolo dell'uomo che lo ha posto sull'altare. Nasce come dio di tutto, si fa dio di qualcosa ed infine si trasforma in una parodia di sé stesso, per via di quella silenziosa deviazione nel profondo delle cose che fa deviare anche la mitologia fino a sprofondarla senza rimedio nella giungla dell'erotismo fine a sé stesso.
Anche la filosofia pretende di fornire, in qualche modo, la risposta che l'uomo cerca. Mentre però il rito la fornisce in una modalità, quella poetica, accessibile quasi a chiunque, la filosofia ha contro di sé l'ostacolo della complessità e quello della astrattezza. Nessun filosofo antico ha mai immaginato un popolo di filosofi: al massimo, una repubblica di filosofi o un regno governato dai filosofi. La filosofia antica non mostra simpatia per l'uomo comune, né d’altra parte l'uomo della strada ha mai molta simpatia per il filosofo. Questa è la prima limitazione di cui soffre la filosofia: perché abbiamo già visto che se il problema del significato è problema di ogni uomo, nel senso pregnante che è il fondamento stesso dell'essere dell'uomo, ragione esige che la risposta debba essere accessibile ad ogni uomo.
Ma la risposta filosofica non è però sufficiente, neanche per coloro cui è accessibile, perché essa lascia fuori la vita. La filosofia è una teoria e una teoria non è sufficiente all'uomo, che è una creatura tanto carnale quanto ragionevole. A questo proposito, la parte della filosofia comtiana di cui più i positivisti si sono vergognati, la sua religione dell'umanità, con il calendario, i riti e i sacerdoti, era la parte più intelligente e ragionevole perché rispondeva, o tentava di rispondere, al bisogno più radicale dell'uomo, di una verità che non sia solo una astrazione.
Mito e filosofia inseguono per due vie diverse qualcosa che non riescono ad afferrare: proprio per questo possono convivere fianco a fianco. Se la verità del mito è come un quadro, la verità del filosofo è come un diagramma: questa è più scientifica, ma la prima è più ricca. Nessuna delle due è però la realtà cercata. A seconda del suo temperamento, l'uomo si volgerà all'una o all'altra di queste due forme di rapporto con il significato che lo costituisce, e proprio perché le considera in alternativa, non le considera in conflitto. L'uno e l'altro approccio, lasciando qualcosa fuori di sé, ammettono e lasciano spazio per l'esistenza dell'altro. Nessuno dei due fornisce una risposta esauriente, e neppure la loro somma appaga in maniera definitiva l'attesa dell'uomo.