Il pensiero di Chesterton - L'uomo cristiano 2 - Il culto demoniaco, la filosofia e la mitologia

Autore:
Platania, Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it
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All'estremo opposto del monoteismo troviamo il culto demoniaco. Esso è reso possibile dalla lontananza del Dio autore delle cose e si basa su una impressione molto umana, secondo la quale le potenze inferiori, poiché più vicine, sono più facili da accostare e da piegare alle proprie esigenze; e su un secondo presupposto, che le potenze negative sono non solo più vicine ma anche più efficaci. Per attirare l'attenzione del dio malvagio non c'è che da essere malvagi: e nulla di più malvagio che sopprimere il mondo futuro col sacrificare i bambini. Il culto demoniaco ha spesso questa connotazione di odio contro l'infanzia; e non bisogna dimenticare, quando si biasima l'ostinazione di un Catone contro Cartagine o il trionfo di Elia sul monte Carmelo anche l'impressione prodotta da queste pratiche di infanticidio.
Il culto demoniaco è il culto dell'efficienza e del successo, del fine senza riguardo ai mezzi. Chesterton non esita a indicarlo come il culto più diffuso nei salotti perbene.
Per coloro la cui fede ha come estremo orizzonte la paura, l'anima del mondo non può essere che il male. Essi credono la morte più forte della vita e perciò le cose - l'oro, il ferro, le macchine, le rocce, i fiumi, le forze naturali - più potenti delle cose vive. Parranno fantasticherie, ma quanti di coloro che incontriamo nelle sale da the o nelle feste di beneficenza non sono che segreti adoratori di Baal o di Moloch! (GKC, L'uomo eterno, pag. 162)
Sgombrato il campo dai due atteggiamenti più estremi, ci restano da analizzare i due più diffusi. Essi nascono ognuno da una delle esigenze che l'uomo vive nei confronti della risposta ultima: essa deve infatti soddisfare l'esigenza intellettuale di conoscere non meno che quella esistenziale di vivere. l due aspetti, della identificazione del Dio e del rapporto che da questa identificazione consegue, sono stati però storicamente scissi fino alla comparsa del cristianesimo. Essi individuano rispettivamente l'atteggiamento filosofico e quello mitologico, ed è indubbio che essi si spartissero il campo senza conflitti, ma anche senza rapporti. Il filosofo e la sua scuola convivevano con il sacerdoti e i suoi riti, senza trovare in questa convivenza alcunché di problematico, malgrado le loro concezioni del Dio fossero agli antipodi. Il filosofo non pretendeva di cambiare la religione del popolo né il sacerdote bandiva crociate contro il filosofo. Il motivo di questa per noi moderni strana acquiescenza è da ricercarsi nel particolare tipo di approccio che questi due atteggiamenti avevano al problema del divino, cioè del significato. Essi non collidevano perché avevano una sorta di particolare differenza di peso specifico che attribuiva loro un diverso posto nella vita dell'uomo pagano e impediva loro di sovrapporsi. Essi rispondono a due diverse esigenze dello spirito attraverso due diversi organi.