La situazione della Chiesa e del cattolicesimo nella Spagna
La Chiesa spagnola nella persecuzione- Autore:
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La Spagna è sempre stato un Paese a prevalenza cattolica. In particolare, partendo dalla fine del XV secolo, la Chiesa si è imposta in maniera egemonica. "La Spagna, dalla seconda metà dell'Ottocento piuttosto appartata rispetto alla politica europea, e solo marginalmente investita dalle grandi correnti ideali e culturali, anche nel primo dopoguerra, a differenza di altri paesi cattolici, non aveva subito sconvolgimenti politici e sociali tali da generare apprensioni nella Santa Sede, che con la robusta organizzazione della Chiesa spagnola, le sue grandi proprietà immobiliari, le multiformi istituzioni educative e assistenziali, e soprattutto l'esclusiva situazione di privilegio garantita dal Concordato del 1851, continuava a costituire il cemento dello Stato spagnolo e coltivava l'illusione di conservare intatta una presa totale sulla società civile" (1).
La Chiesa spagnola ha seguito un atteggiamento un po' isolato ed autonomo: "La vita della Chiesa spagnola era contrassegnata da un indubbio isolamento culturale, essendo rimasta estranea ai grandi movimenti di rinnovamento religioso, quali ad esempio il cattolicesimo liberale, il modernismo, la cultura teologica degli anni Trenta" (2).
Nonostante questo la Chiesa spagnola ha cercato di essere un centro di animazione culturale anche negli studi civili. Basta pensare alla Università di Deusto, vicino a Bilbao, inaugurata nel 1886, alla università cattolica di Comillas (1890), al Real Colegio de Estudios Superiores Maria Cristiana del El Escorial fondato nel 1892, al Instituto Catolico de Artes e Industrias in Madrid (1908) ed infine alla fondazione del Collegio spagnolo a Roma (1892) per una miglior formazione scientifica dei propri sacerdoti.
Tuttavia queste caratteristiche non sempre hanno favorito un miglioramento come si aspettava, ma a volte ha prevalso la paura di un rinnovamento. Da qui il seguente rimprovero: "Nelle sue manifestazioni culturali, la Spagna figura senza dubbio in cima alla cultura cattolica universale. Con tutti questi mezzi nella sue mani, la Chiesa avrebbe dovuto esercitare sul popolo spagnolo un dominio spirituale inespugnabile ed irreprensibile. Che fece con questo tesoro? Assolutamente nulla... Questo è stato il maggior crimine della Chiesa spagnola, lasciare nella barbarie lo spirito del popolo, disposto a ricevere nel suo seno incolto altre sementi. Questo è il crimine per il quale migliaia di sacerdoti pagarono nel 1936-1939" (3).
Queste riflessioni, e consimili, nel complesso oggi sono ritenute in parte esagerate e gratuite. Tuttavia contengono una parte di vero.
Anche gli storici cattolici sono abbastanza concordi nell'evidenziare ombre, a volte abbastanza fitte, nella storia della Chiesa e del cristianesimo spagnolo.
Per esempio lo storico cattolico Carcel Orti: "Anche se accusata ingiustamente e vilipesa dai suoi avversari tradizionali con una serie di esagerazioni e calunnie, la cui falsità è stata storicamente dimostrata, la Chiesa certamente non fu esente da errori, ritardi, programmi equivocati ed iniziative discutibili, che costituiscono un insieme di responsabilità imputabili tanto a vescovi, sacerdoti e religiosi, come a cattolici in generale. Anche se molti di questi verso la fine del sec. XIX furono sensibili ai grandi movimenti sociali provenienti dall'esterno, la Chiesa non riuscì a penetrare con efficacia negli ambienti più politici e culturali più avanzati della nostra nazione" (4).
Lo stesso Autore in un'altra sua opera completa il precedente giudizio: "Non può negarsi che in pieno secolo XX il livello intellettuale e morale del clero era abbastanza basso, dovuto alla scarsa formazione impartita nei seminari diocesani ed all'insuccesso delle università pontificie erette da Leone XIII verso la fine del secolo XIX in quasi tutte le sedi metropolitane... Il clero spagnolo nel 1931 fu accusato di mancanza di cultura, incompetenza, oscurantismo, mancanza di spirito evangelico ed arretramento nella metodologia sacerdotale" (5).
Gil Robles, politico cattolico di maggior spicco in quel tempo, analizza la questione: "La Chiesa non era stata capace di liberarsi dal marchio che le imposero diversi secoli di lotta per la unità della fede, il che ha contribuito a mantenere aperta una profonda scissione tra la gerarchia ed il popolo, che contribuiva a fomentare l'ottuso anticlericalismo di molti di coloro che si chiamavano liberi-pensatori. Estraniata una volta di più dalle vive realtà del paese, la Chiesa all'avvento della Repubblica si presentava ingiustamente come alleata della classe borghese. Lo sforzo massiccio di molti sacerdoti e religiosi, che dedicarono l'intera vita alle classi umili, naufragò nell'onda delle incomprensioni e dei rancori sulla cui schiena cavalcavano le masse che si preparavano all'assalto del potere" (6).
Vita e Pensiero, Rivista dell'Università Cattolica del S. Cuore (Italia) riferendosi alla situazione spagnola del 1931, mette l'accento sulle discordie esistenti tra il clero a proposito della situazione politica, sulla scarsa sensibilità sociale della Chiesa spagnola; evidenzia l'arretratezza dell'Azione Cattolica, l'aumento di un cattolicesimo abbastanza superficiale, brillante nella forma ma povero nei contenuti e dalla pratica religiosa molto scarsa (7).
Non si può inoltre sottovalutare la seguente riflessione: "La tragedia consisteva nel fatto che l'idea della religione s'era da secoli confusa in Spagna con quella del potere clericale. L'apparato esteriore dell'autorità spirituale emergeva in materia religiosa sopra ogni altra cosa, mente il clero, per trovare un appoggio presso classi privilegiate, appariva troppo spesso come il pastore di queste ultime piuttosto che della massa... Un popolo duro e terribile... aveva così l'impressione d'essere abbandonato alla sua dannazione terrena... Nello stesso tempo dilagava negli strati più poveri della popolazione una spaventosa miseria morale, fra la miseria materiale in cui essi vegetano. La passione antireligiosa dei socialisti, dei seguaci di Bakunin e dei comunisti, attecchiva su questo terreno" (8).
Pio XI (1922-39), seguendo la linea dei suoi predecessori, cercò in tutte le maniere di rimediare alla situazione impegnandosi a stroncare alla radice i mali del clero spagnolo e formando una nuova generazione di sacerdoti coerenti con il proprio ministero e sensibili alle nuove esigenze sociali.
Purtroppo i nodi tornarono al pettine cominciando dal 1931.
A questo punto sorgono spontaneamente due domande, la cui analisi permette di evidenziare le ombre esistenti ma anche gli sforzi, spesso dimenticati, fatti dalla Chiesa per aggiornarsi e per incidere nella società.
Prima: dato che coloro che partecipavano a questi movimenti ostili alla Chiesa erano battezzati: come vivevano la loro vita cristiana e come pensavano di conciliare il loro "essere religioso" con l'attività in movimenti che non avevano niente di cristiano ma anzi nel loro programma miravano alla distruzione della Chiesa?
Seconda: come si è posta la Chiesa di fronte alla questione sociale?
Alla prima domanda. Relazioni di quel tempo ci illuminano sullo 'status' della pratica religiosa.
E' stato sottolineato come la Chiesa cercò di alzare il livello del popolo e mantenere alta la fiaccola della cultura. Lo dimostra l'impegno nella istituzione di scuole, nella fondazione di università, gli studi avviati nelle settimane sociali, ma in particolare l'impegno per una stampa cattolica.
E' bene anche ricordare che nel 1914 in tutta la nazione i periodici e le riviste a sfondo cattolico erano 539. Tra i giornali i più famosi vanno ricordati: 'El Siglo Futuro', fondato il 19 marzo 1875, 'El Debate' ed il 'El Correo Español'. Nel 1929 si calcola che 61 giornali sottostavano all'imprimatur ecclesiastico. Tra le riviste di cultura religiosa ad alto livello si deve ricordare 'La Ciencia Tomista', 'La Ciudad de Dios', 'Razon y Fe', 'Estudios Franciscanos', 'Archivio Ibero-Americano', 'Revista Eclesiastica'. A queste seguivano a livello molto più divulgativo una serie di periodici più o meno devozionali, a cura di parecchi Istituti religiosi, per diffondere la cultura religiosa tra il popolo (9).
Nonostante questo impegno sembra che il cristianesimo fosse vissuto superficialmente e che le masse andavano verso una apostasia di fatto. Si parla molto di ignoranza e di abbandono della pratica religiosa. Soprattutto la religione cristiana appariva agli occhi dell'operaio marxista come una serie di ipocrisia; secondo lui la Chiesa predica una morale che poi non applica nel settore dell'economia in quanto le stanno maggiormente a cuore gli interessi del capitalismo: "Per l'operaio, la società si divide in due settori: borghesi, ricchi e religiosi, da una parte; proletari, poveri e senza religione, dall'altra" (10).
Non si deve credere che la Chiesa non cercò di essere presente nel mondo della cultura. Se questo nonostante gli sforzi della Chiesa nel suo insieme sfuggì all'influsso cattolico, lo si deve al fatto che la cultura è stata sostanzialmente monopolio anticlericale che operava prevalentemente mediante la 'Istituzione Libera dell'Insegnamento' e la 'Federazione Universitaria Spagnola'. Il fronte laico cercò di tener sempre lontano i cattolici dai Centri di diffusione della cultura, basta pensare che i cattolici non riuscirono mai ad occupare il Ministero della Pubblica Istruzione.
Tuttavia non si deve credere ad una scristianizzazione totale del mondo operaio.
Ha giocato anche una confusione di idee. Tra i militanti nei movimenti socialisti ed in genere nei partiti di sinistra molti ritenevano compatibile l'appartenenza a questi con la fedeltà alla fede. La mancanza di formazione socio-politica non faceva vedere loro altre mire oltre quelle giuste rivendicazioni per le quali combattevano. Perfino alcuni appartenenti ai Circoli cattolici erano convinti di questo (11).
L'accusa che il clero non abbia curato la vita spirituale dei fedeli, che come conseguenza divennero militanti antireligiosi nei sindacati, appare molto speciosa. Lo testimonia l'attività del clero per il buon andamento della vita spirituale nel popolo. Per esempio a Barcellona il numero delle chiese non era più sufficiente per contenere i fedeli a causa della immigrazione; il Vescovo si impegnò di costruirne nei nuovi quartieri: quando la guerra era scoppiata e purtroppo tante chiese di Barcellona venivano incendiate e distrutte, venti nuove chiese erano in costruzione.
Questo significa che la Chiesa si interessava delle necessità spirituali dei fedeli, mente i facinorosi rivoluzionari cercavano di distruggere proprio questo 'bene' che la Chiesa con tanti sacrifici cercava di realizzare. Anche le istituzioni religiose erano curate: per esempio: l'opera dei Esercizi Spirituali era florida, specialmente tra le classi più umili, in particolare nella Navarra e Catalogna. Inoltre molti Istituti religiosi si prodigavano per innalzare il livello spirituale della gente: claretiani, salesiani, fratelli delle Scuole Cristiane, francescani, cappuccini...
Non si può dunque riversare sulla Chiesa la causa della persecuzione come risultato e conseguenza di un disimpegno alla sua missione.
Importante la riflessione del Montero: "In un paese come il nostro, con tanta scarsa educazione politica del popolo, non poteva mancare un grande settore di masse umili, specialmente nelle zone rurali, che non si preoccupavano molto di questioni politiche, incentrate com'erano sui loro problemi quotidiani, in una lotta strenua contro la miseria. Non si può parlare pertanto di un proletariato nella sua maggioranza formalmente nemico della Chiesa, anche se gli indifferenti, lontani da una pratica religiosa, costituivano una cifra allarmante" (12).
Si è anche parlato delle ricchezze della Chiesa come fattore che ha allontanato da lei il mondo operaio e che ha scatenato la persecuzione. Ormai l'argomento è diventato uno dei fondamentali 'topici' anticlericali di ogni tempo. Quando non si sa più da qual punto attaccare la Chiesa si parla delle sue ricchezze, vere o presunte.
E' bene chiarire subito che la Chiesa pur essendo una società di ordine spirituale, deve realizzare la sua missione su questa terra e si serve di strutture indispensabili per svolgere i suoi compiti. Purtroppo senza soldi non si fa niente, né di bene né di male.
E' ovvio quindi che, vivendo in questo mondo, anche la Chiesa deve possedere. Questa semplice legge che vale per tutte le società, dalla famiglia ai grandi Enti, per alcuni sembra non valere per la Chiesa.
Ma vediamo in concreto la validità dell'accusa.
La situazione economica della Chiesa al 1931 non era come descritta dagli anticlericali. Fin dall'inizio dell'800 diverse volte ha dovuto vendere sue proprietà e beni per imposizione dell'autorità civile od anche per necessità di cose. Le strutture della Chiesa cominciarono ad avvertire una precarietà economica. A questo molto ha contribuito l'invasione napoleonica che ha sottratto una grande parte del patrimonio storico-artistico che era stato accumulato attraverso i secoli, il più delle volte in possesso dei monasteri: ornamenti, vasi ed oggetti sacri, quadri...
La Costituzione del 1873 (Prima Repubblica) tolse qualunque aiuto economico alla Chiesa. Poi venne la rivoluzione del 1898 che portò alla distruzione di non pochi edifici sacri.
Le fluttuazioni dell'economia della nazione, specialmente dopo la prima guerra mondiale con la salita dei prezzi e dei salari, incisero anche sulla Chiesa incrementando la precarietà economica specialmente dei sacerdoti.
La ricchezza della Chiesa sostanzialmente non consisteva in forti valori monetari ma nei tesori artistici delle chiese, nell'ingente patrimonio di documentazione conservato negli archivi diocesani e parrocchiali, negli edifici dei monasteri e conventi.
E' a queste che lo storico Anthony Rhodes si riferisce dove parla di "immense ricchezze della Chiesa spagnola" quando nel 1923 il governo ordinò un inventario dei tesori artistici contenuti nelle chiese per porli sotto la 'protezione' dello Stato (13).
Quindi ricchezze immobili, patrimonio dell'umanità anche se gestito dalla Chiesa.
Specialmente il clero parrocchiale viveva nella miseria e seppur ci furono diversi tentativi nel periodo della dittatura del De Rivera, di fatto non si arrivò ad un miglioramento della situazione.
Nel 1928, i vescovi di fronte alla grave situazione economica del clero cercarono di sensibilizzare i cattolici nel loro dovere di aiutare la Chiesa.
Per passare al dettaglio, i canonici, categoria privilegiata, prendevano uno stipendio diario tra le 13/16 pesetas, inferiore a quello di un operaio non specializzato. Quello dei parroci e cappellani era di 3/5 pesetas, inferiore a quella di un giardiniere ed aiuto in lavanderia; la loro pensione era inferiore al più basso stipendio di un operaio. Ad eccezione di alcune grandi parrocchie di Madrid, questa era la situazione della maggioranza. Come si può parlare di ricchezza del clero?
E' vero che alcune diocesi possedevano più beni di altre. Ma si trattava di capitali provenienti da opere pie, fondazioni, opere assistenziali, offerte di fedeli che venivano usate secondo le intenzione dell'offerente. Questo sta a dimostrare l'onestà dei sacerdoti che non si appropriavano di tali beni ma li rispettavano nella loro destinazione. Lo stesso si può dire per le opere d'arte, oggetti sacri, paramenti preziosi ed immagini sacre di particolare venerazione. La Chiesa conservava (anche con grandi spese di manutenzione e restauro) tutto questo non come 'sua' proprietà, ma come oggetti del popolo di Dio in funzione della liturgia.
Ugualmente si deve dire dei conventi: se possedevano questo genere di ricchezze (beni immobili), di fatto i religiosi molte volte vivevano di stretta elemosina; come controprova si deve riflettere che in Spagna sono sorte diverse opere di carità che avevano come scopo di attendere al cibo ed al vestito, specialmente per le religiose di clausura.
Se questa era la situazione durante la Monarchia, la Repubblica la rese ancora più precaria riducendo gli aiuti alla Chiesa ad una pura forma di elemosina.
Nel 1931, prendendo come punto di riferimento lo stipendio annuo di un postino che era di 2000 pesetas, solo il 6% dei sacerdoti prendevano di più, il 15% lo stesso ed il 75% meno di 2000 pesetas. Praticamente il 94% andavano avanti con il c.d. stipendio minimo.
Ora si può comprendere la negatività dell'art. 26 della Costituzione nel quale si negava ogni aiuto statale alla Chiesa. Significava rendere ancora più precaria una situazione già difficile (14).
Tale realtà poteva essere conosciuta da tutti. Tutti potevano rendersi conto della vita modesta, a volte anche miserabile, dei sacerdoti perché loro vivevano con il popolo e per il popolo.
Le loro abitudini di vita erano conosciute da tutti, anche dagli anticlericali. Provenendo per lo più da estrazione sociale umile, non potevano contare neppure sull'aiuto dei parenti. Quando un sacerdote moriva non emergevano le sue presunte ricchezze nascoste, né riuscivano ad arricchirsi i rispettivi parenti; come quando un sacerdote veniva ucciso, gli uccisori non scoprirono quel 'famoso' bottino che credevano di incontrare (15).
Eppure giravano voci che la Chiesa spagnola fosse ricca per le proprietà che possedeva (tra l'altro la maggior parte neanche si poteva vendere, ma veniva pesantemente tassata) o per le opere educative e sociali (soltanto chi sta dentro a queste realtà può comprendere come normalmente non sono fonti di guadagno ma di deficit e preoccupazioni, che la Chiesa mantiene faticosamente in piedi per assolvere il suo mandato).
"Il modo col quale molti preti hanno sopportato il martirio attesta ed esalta la loro fede. E' calunnioso affermare, come è stato fatto in certi ambienti, che erano personalmente attaccati alle ricchezze. La maggioranza dei vicari parrocchiali era povera e molto povera, e conduceva una vita dura e difficile. Profonde virtù d'abnegazione e di fedeltà erano operanti" 16).
Come si può sostenere che la Chiesa con le sue ricchezze ha alienato da sé il mondo operaio?
Alla seconda domanda, circa l'attività socio-caritativa della Chiesa.
La Chiesa in quanto tale si è sempre occupata della questione sociale con interventi dottrinali ma specialmente mediante iniziative pratiche. Basta pensare agli ospedali, alle scuole, alla cura delle ragazze madri abbandonate ed a tante altre iniziative.
Per quanto riguarda la Spagna, nel secolo scorso ci fu ancora poca sensibilità, confronto alle altre nazioni europee: "I conflitti politici di cui questo paese fu teatro, e l'attaccamento ad un passato molto glorioso, spiegano senza dubbio come la Spagna sia stata più lenta a collegarsi alle idee di democrazia sociale, e come debba fare, in questo momento, uno sforzo maggiore per realizzare un cattolicesimo sociale che sia il riflesso d'una civiltà ispirata ad una fede attiva" (17).
Anche Carcel Orti è un po' critico. Dice che i risultati in campo sociale ottenuti dalla Chiesa nella sua attività degli ultimi 50 anni "non furono soddisfacenti ed in questo senso la Chiesa pagò numerosi errori commessi durante la Monarchia" (18).
Purtroppo ci fu diffidenza anche tra gli stessi cattolici. Non è stato possibile in Spagna istituire un sindacalismo cattolico in quanto in questi tentativi alcune maestranze (molto poco lungimiranti) vi scorsero un socialismo dissimulato.
Inoltre il monopolio socialista, ben organizzato, fece del tutto per non far decollare questi tentativi da parte cattolica. Tale 'monopolio' doveva essere soltanto loro.
Tuttavia si deve essere molto equilibrati e non misconoscere gli sforzi fatti. Seppur non con il ritmo di altre nazioni europee,anche la Chiesa spagnola ha cercato di attivarsi per controbilanciare il socialismo operaio.
Non può essere accusata di indifferenza ed estraneazione. Nel campo sociale caso mai la critica deve essere spostata dalla Chiesa, che ha cercato di fare quel che poteva, ad alcuni cattolici, specialmente a quelli benestanti, che si sono rinchiusi nel loro egoismo senza rendersi conto del cambiamento dei tempi, delle nuove situazioni e non hanno aiutato la Chiesa in questa sua attività.
Costoro inoltre non ritenevano competenza della Chiesa l'occuparsi del sociale, come se travalicasse il suo ambito di azione limitato solo allo spirituale-cultuale, dimenticando che Cristo è venuto a redimere l'uomo tutto intero ed obliterando gli insegnamenti dei Pontefici su tale argomento.
Circa l'attività nel sociale della Chiesa spagnola ritengo di condividere il seguente giudizio dello Jedin: "Alcuni storici e alcuni sociologi, dal comodo punto di vista della seconda metà del secolo XX, hanno svilito con un po' di leggerezza le numerose iniziative che sorsero in seno alla chiesa per rispondere a questo problema (la questione sociale). La Chiesa non può essere accusata di passività o di ignoranza. Prescindendo dalle enormi difficoltà con cui dovette fare i conti, a fatica si aprì la strada nel turbolento mondo sociale... Davanti al fatto che i sindacati laici si professavano antireligiosi e attaccavano settariamente la Chiesa, non restò che la scelta di organizzare una sindacalizzazione cattolica" (19).
La Chiesa spagnola si è distinta in questo settore, nonostante che i Governi massonici abbiano ridotto la Chiesa alla più squallida penuria, in particolare con la legislazione anticlericale del 1931.
Basta pensare ai Fratelli di S. Giovanni di Dio totalmente consacrati alla cura dei malati più abbandonati ed incurabili, alle istituzioni di Mons. Antonio Maria Claret (+1880) e del gesuita Tarin (+1910), al lebbrosario di Fontilles, alle centinaia di suore occupate negli ospedali ed asili popolari. Inoltre c'erano le Congregazioni delle Dame e delle Operaie Catechiste, delle Dame Apostoliche, delle Sorelle della Croce. Altre ancora si prendevano cura della classe operaia, aprivano scuole, provvedevano al cibo per famiglie bisognose, si recavano nei villaggi abbandonati per soccorrerli nelle loro necessità.
Non si può proprio affermare, tranne che si sia in mala fede, che la bufera contro la Chiesa si è scatenata perché la Chiesa aveva abbandonato al suo destino il ceto povero. Come spiegare del resto che la furia omicida non si scatenò contro quel clero 'parassita', disinteressato del poveri, ma proprio contro coloro che maggiormente lavoravano con e per gli operai? Si dava la caccia specialmente a quei sacerdoti che si erano impegnati con tutte le loro forze per la gioventù e per la classe operaia e che avevano scelto di aiutare la gente senza limitazioni, colpevoli solo di essersi donati completamente agli altri.
Uno dei pionieri è stato il gesuita Antonio Vicent (1837-1912) che ha dato vita ai Circulos Catolicos, esprimenti la preoccupazione della Chiesa per le masse operaie spagnole. Agli inizi del '900 gli aderenti ai Circulos erano 80.000 operai, cifra che sorpassa di molto il numero degli iscritti ai sindacati socialisti ed anarchici (20).
Queste cifre alte però non devono far credere che si trattasse sempre di cattolici praticanti e disposti a prendere le difese della Chiesa. Se infatti andiamo ad analizzare la convinzione e la pratica religiosa, il cristianesimo 'vissuto', allora ci troviamo di fronte ad alcune sorprese. Il citato Peirò ci presenta un panorama della situazione: solo il 7% assiste alla Messa; solo il 10% riceve i sacramenti prima di morire; i matrimoni civili sono un 20%, mentre buona parte semplicemente convive; il 40% dei fidanzati non conosce neppure la preghiera del Padre Nostro; infine il 25% non sono battezzati (21).
Caratteristica di questi Circulos fu principalmente di ordine spirituale, catechizzare il mondo operaio, piuttosto che sociale, sforzandosi di superare quella situazione di ingiustizia nella quale si trovava. E' interessante una riflessione del 1923: "Se ci fosse stata una leale attività sindacale, è probabile che la Spagna non avrebbe conosciuto la frusta del sindacalismo rivoluzionario, né le organizzazioni operaie sarebbero state dirette dai socialisti" (22).
Questa riflessione è vera ma si deve tener conto del periodo storico. Nel secolo scorso non si era giunti ancora a quella maturazione e sensibilità che si riscontrano nel nostro secolo. E' ovvio che la preoccupazione del clero fosse quella di cristianizzare un mondo operaio lontano dalla Chiesa. Era compito del laicato calarsi direttamente nel sociale. Ed è proprio questo quello che è mancato.
Era necessario creare un laicato cattolico maturo, capace di inserirsi nella politica e di gestire la Res Publica. Ma forse i tempi non erano ancora maturi. E' in questo secolo che si è riscoperto il valore e ruolo del laicato nella Chiesa, aspetti poi confermati nel Concilio Vaticano II.
Ad ogni modo il lavoro dei Circulos non andò sprecato nel tempo. Gradualmente cominciarono a sorgere i primi sindacati cattolici: nel 1897 a Madrid il sindacato cattolico dei tipografi. Negli anni seguenti altri ne sorsero a Valencia, Barcelona, Burgos.
L'inizio del XX secolo fu contraddistinto da un profondo spirito di rinnovamento.
Nell'ambito sociale diverse furono le figure ecclesiastiche eminenti. Si distinsero i cardinali Guisasola, Almaraz, Reig, Segura e José Torras Bages, vescovo di Vich. Tra i sacerdoti emerse Manuel Pérez Arnal che fondò un sindacato per la promozione della donna lavoratrice. Tra gli Ordini religiosi i Gesuiti contribuirono molto in questa pastorale sociale.
Interessante l'iniziativa di diversi vescovi, che fondarono l'Acción Social Catolica.
Nel 1905 a Bilbao prese vita l'Associazione 'Opera Leone XIII'.
Nel 1907 a Barcellona il gesuita padre Gabriel Palau (1863-1939) fondò l'Acción Social Popular, purtroppo sciolta nel 1916. Lo stesso padre istituì la Unión Profesional de Dependientes y Empleados del Comercio; nel 1916 contava una ventina di federazioni locali.
Ormai si imponeva il problema della partecipazione politica dei cattolici e della unione nelle stesse file cattoliche per bloccare l'anticlericalismo dilagante.
Ed invece malauguratamente proprio in questo contesto emersero le divisioni tra i cattolici non solo nell'ambito politico ma anche in quello dell'apostolato religioso-sociale.
Alcuni ritenevano che l'attività della Chiesa nel sociale non fosse necessaria e quindi non l'appoggiarono.
Questa mentalità inoltre fu fomentata da diversi elementi ostili alla Chiesa, che non desideravano il suo intervento nel sociale.
Quando la Chiesa comprenderà meglio la situazione e cercherà di recuperare il terreno perduto, sarà troppo tardi e lo farà con mezzi inadeguati (23).
Intanto nel 1908 fu fondata dal gesuita Ángel Ayala la Asociación Católica Nacional de Propagandistas (ACNP - Associazione Cattolica Nazionale dei Propagandisti) con l'intento esplicito di una mobilitazione dei cattolici.
Suo principale animatore e presidente per lungo tempo (1909-1935) e figura determinante del cattolicesimo spagnola fu Ángel Herrera Oria (1886-1968), divenuto in seguito cardinale, che nel 1911 acquistò il periodico cattolico El Debate, con l'intento di diffondere la dottrina sociale cristiana. Lo stesso promosse nel 1922 la 'Gran Campana Social', consistente nella unione di tutti i cattolici, sotto la direzione dell'episcopato, per un'opera di carattere eminentemente sociale.
Contemporaneamente tra il 1909 e 1911 sorsero i Sindacati Cattolici Liberi per opera dei padri domenicani Pedro Gerard (1871-1919) e Giuseppe Gafo (1881-1936), da arrivare nel 1924 alla costituzione della Confederacion de Sindacatos Libres de España.
Si vanno così gradualmente formando i principali quadri delle organizzazioni politiche provenienti dal campo cattolico.
Nel 1912 Antonio Monedero, dopo un lungo giro in alcune nazioni europee per studiarne l'organizzazione, diede vita ai sindacati cattolici agrari; nel 1914 erano già 55. Nel 1915 a Valladolid veniva costituita la Federación Nacional Agraria.
Nel 1917 a Madrid nasce la Confederación Nacional Catolica Agraria che riunisce queste varie organizzazioni raggruppando 24 federazioni provinciali, 1.567 sindacati e circa 250.000 famiglie iscritte, rappresentante circa la metà della classe agricola spagnola. Scopo era di promuovere la lotta contro il latifondo in difesa della piccola proprietà, le Casse di risparmio e la diffusione della dottrina sociale della Chiesa.
Nell'aprile del 1918 nacque anche il sindacato cattolico degli operai nelle miniere.
Il Primo Congresso Nazionale dei Sindacati Cattolici tenuto il 20 aprile 1919 evidenziò questi successi: 142 operai ed altri delegati rappresentavano i 60.000 lavoratori iscritti. Le conclusioni di questo Congresso stimolavano molte rivendicazioni, propugnavano un sindacato libero, apolitico e la difesa della funzione sociale della proprietà privata. In alcuni ambienti queste iniziative cattoliche sul piano della lotta sociale sono viste come una provocazione dalle forze socialiste e anarco-sindacaliste che dominano allora il movimento operaio
Altre iniziative risalgono a Severino Aznar (1870- 1960). Già fondatore della rivista La Paz Social, nel 1910 fondò la biblioteca di studi sociali 'Ciencia y Acción'. Nel 1920 radunò intorno a sé alcuni professori e dirigenti di opere sociali costituendo il gruppo della democrazia cristiana, purtroppo con poco seguito a causa dell'opposizione di altri movimenti cattolici compresa l'ACNP.
Ulteriore tentativo è il Partido Social Popular (PSP) fondato nel 1922, che riscosse maggiori consensi nel mondo cattolico, ma purtroppo sorse troppo tardi. La presa del potere da parte del de Rivera (1923) contribuì alla sua chiusura avvenuta nel 1924.
Nel 1926 il p. Nevares fondò il Fomento Social con la rivista omonima.
In questo periodo caratterizzato da un forte desiderio di rinnovamento e da uno sforzo organizzativo e di mobilitazione per trovare un punto d'incontro e superare la divisione tra le file cattoliche, i vescovi, stimolati dai diversi interventi di Pio XI, nel 1926 fondarono l'Azione Cattolica che andò sempre meglio organizzandosi nel 1931 con la classica distinzione tra giovani ed adulti.
Presidente della Giunta Centrale dell'Azione Cattolica fu nominato il noto Ángel Herrera Oria, la cui straordinaria capacità permise all'Associazione di darsi una struttura solida ed efficace e di potersi ben organizzare nel periodo 1931-35.
Purtroppo un attacco del giornale monarchico 'La Epoca' (13 marzo 1935) tentò di denigrare l'Associazione prendendo come pretesto che le quote delle iscrizioni erano state usate non per aiutare i sacerdoti in precarie condizioni economiche ma in altre attività non direttamente religiose. Da qui si passò ad accusare il periodico dell'Azione Cattolica, Acción Popular, di essere uno strumento politico di El Debate. Così purtroppo questa meritevole associazione perse gradualmente credibilità presso il clero ed i fedeli (24).
IL 15 aprile 1931 ancora l'Herrera cerca di realizzare il suo progetto di dar corpo ad un partito, l'Acción Nacional (chiamata poi Acción Popular, per divieto governativo di usare il termine Nacional).
Nel marzo 1933 l'Acción Polular dà vita alla CEDA (Confederazione Spagnola delle Destre Autonome), che rappresenta la destra cattolica e la cui direzione è affidata a José Maria Gil Robles (1898-1980). "La CEDA rappresenta il solo grande partito cattolico che la Spagna abbia mai conosciuto... L'importanza dei suoi effettivi pone la CEDA al primo posto tra le formazioni politiche dell'epoca, ed in particolare prima del Partito socialista operaio spagnolo" (25).
Tutte buone intenzioni. Purtroppo non raggiunsero completamente lo scopo per una serie di cause, interne ed esterne.
Sulle prime c'è un accordo tra gli storici nell'ammettere una scarsa incidenza della Chiesa negli ambienti politici ed una sua mancanza di maturità nel saper gestire le molteplici organizzazioni messe in piedi. Questo giudizio vale più per il mondo operaio; mentre nel mondo agricolo le cose andarono meglio per la campagna contro l'usura e per l'attività della fondazione della Confederación National Catolica Agraria (26).
Circa le cause esterne: la forza e la organizzazione dei due sindacati anti-cattolici, U.G.T. e C.N.T. erano molto potenti. Da qui l'atmosfera di impotenza e di pessimismo che trasparì nell'Assemblea dei Sindacati Cattolici a Madrid il 15 maggio 1930.
Le vere cause per cui molti del popolo hanno perduto la fede non vanno cercate in questi limiti della Chiesa, come qualcuno preferirebbe, bensì nella propaganda alla quale quotidianamente migliaia e migliaia di operai erano bombardati con pubblicazioni apertamente atee e pornografiche, dissacranti non solo la religione ma anche il buon senso, pur di andare contro i punti difesi dalla Chiesa.
L'influsso sulle masse operaie cattoliche della potente propaganda anticattolica ha provocato sempre più l'allontanamento dalla pratica religiosa portandole ad un ateismo pratico. Del resto la scarsità di clero non poteva realizzare una incisiva opera di evangelizzazione in parrocchie che più di una volta raggiungevano i 70.000 fedeli.
A causa di ciò, nonostante l'impegno della Chiesa, in molti la fede era languida; per questo non fu difficile innestare nel popolo queste dottrine antireligiose e del tutto immorali (è interessante riflettere come irreligiosità ed immoralità sia un binomio che normalmente va insieme).
Tuttavia non è conveniente insistere troppo su questo languore della fede del popolo: lo testimoniano quelle migliaia e migliaia di laici che si sono fatti uccidere pur di non tradire la propria fede.
Per fortuna queste dottrine atee, nonostante gli sforzi per inocularle, non sortirono un effetto totale ma in una parte del popolo ebbero un impatto solo epidermico: dopo la persecuzione, ritrovata la pace e la possibilità di un'azione costruttiva da parte della Chiesa, il cristianesimo rifiorì, come lo attesta la storia successiva.
La Spagna non è arrivata a questo punto perché ha perso la fede ma perché c'è stata tutta una congiura per sminuire la vita religiosa nella gente. Le varie componenti politiche e culturali, che dimostrarono di non amare la Spagna, si sforzarono di distruggere la pratica cristiana perché solo in questo modo potevano precipitare la nazione nel caos.
Questi attentati alla fede sono proprio il frutto dei vari Governi succedutisi in Spagna nei secoli XIX e XX e della massoneria che era riuscita ad infiltrarsi nei vari tessuti sociali, specialmente nei sindacati che hanno poi condizionato il mondo operaio.
Riflessioni conclusive
1) Nel 1930 solo il 10% degli operai erano iscritti a qualche sindacato cattolico e non. La stragrande maggioranza appariva neutra, senza mordente e priva di idee chiare, pronta a schierarsi con indifferenza da una parte come dall'altra a seconda delle impressioni e sollecitazioni esteriori, in rapporto a come soffiava il vento.
2) Non si deve neanche sottovalutare il seguente parere: "I legami ambigui della Chiesa cattolica con la dittatura, le contraddizioni presenti nel movimento cattolico, l'atteggiamento difensivo e conservatore dell'azione dei cattolici contribuirono al fatto che, con l'avvento della seconda Repubblica, l'anticlericalismo risorge impetuoso" (27).
"Associati al governo della Repubblica, i cattolici riescono difficilmente a dare una maggiore stabilità al paese... L'esperienza di governo dei ministri cattolici, troppo legalista è incapace a rispondere ai problemi... L'attività politica dei cattolici, pure importante durante la seconda Repubblica, massicciamente di destra e conservatrice, contribuisce ancor più a fomentare nell'opinione pubblica sentimenti anticlericali e antireligiosi" (28).
E' importante tener presente questo per interpretare la svolta radicale del 1931 e specialmente quella del febbraio 1936.
Note
1) C. F. Casula, Domenico Tardini 1888-1961, Studium, Roma 1988, p. 115).
2) Ibidem, p. 133.
3) S. de Madariaga, o.c., p. 419.
4) V. Carcel Orti, Mártires españoles del Siglo XX, o.c., p. 45
5) Ibidem, La persecución religiosa en España, o.c., p. 52.
6)J. M. Gil Robles, No fue posible la paz, Planeta, Barcelona 1978, p. 44.
7)Cfr. O. Pérez Solis, Premesse alla comprensione della Spagna contemporanea, in Vita e Pensiero, novembre 1935, p. 693-697. Non posso approfondire tutti gli aspetti della struttura sociale della Chiesa spagnola. Rinvio al dettagliato studio di Q. Aldea ed E. Cárdenas, o.c., vol. X, p. 27-53.
(8) Riflessione di G. Campanini nel commento al libro di J. Maritain, Scritti e Manifesti politici 1933-1939, Morcelliana, Brescia 1978,, p. 82, nota 5.
9) Cfr. Q. Aldea - E. Cárdenas, o.c., vol. X, p. 72-76.
10) F. Peiró, El problema religioso-social de España, Madrid 1936, p. 16.
11) Cfr. S. Aznar, Impresiónes de un demócrata cristiano, Barcelona 1950, p. 31.
12) A. Montero Moreno, o.c., p. 16.
Cfr. A. Rhodes, o.c., p. 122.
Per tutto questo argomento: cfr. V. Carcel Orti, La persecución religiosa en España, o.c., p. 80-91.
Cfr. V. Carcel Orti, Los mártires españoles del siglo XX, o.c., p. 19.
16) J. Maritain, o.c., p. 82, nota 5.
17)C. Gestel Von, La dottrina sociale della Chiesa, Città Nuova, Roma 1965, p. 146 s.
18)V. Carcel Orti, La persecución religiosa en España, o.c., p. 66.
19)H. Jedin, vol. X-2, o.c., p. 562 s. Lo stesso giudizio è condiviso dagli studiosi Q. Aldea - E. Cárdenas, o.c., vol. X, p. 58-62.
20) Cfr. Q.Aldea - E. Cárdenas, o.c., vol. X, p. 58
21) Cfr. F. Peirò, o.c., p. 14.
22) S. Aznar, o.c., p. 71.
23) Cfr. S. Seco, Alfonso XIII y la crisis de la Restauración, Ed. Rialp, Madrid 1986, p. 29-30.
24) Cfr. Per l'Acción Catolica cfr. V. Carcel Orti, La persecución religiosa en España, o.c., p. 66-80.
25) G. Hermet, Les Catholiques dans l'Espagne franquiste, Paris 1980, vol. I, p. 293.
26) Cfr. J. G. Armenteros, o.c., p. 27; cfr. anche M. T. de Lara, o.c., vol. IX, p. 23 s.
27) J.-M. Mayeur, Storia del Cristianesimo, Borla-Città Nuova, Roma 1997, p. 408.
28) J-M. Mayeur, o.c., p. 414.
29) G. Roux, p. 26