Atteggiamento di Pio XI e della Santa Sede
La Chiesa spagnola nella persecuzione- Autore:
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Per comprendere l'atteggiamento di Pio XI conviene fare un passo indietro. Il Pontefice nutriva sentimenti positivi verso Alfonso XIII (59 bis).
Lo dimostrano la visita del Re in Vaticano (1923) e la consacrazione del popolo spagnolo al Sacro Cuore (1929). "Oltre che come persistente modello di re cattolico devoto e ossequioso, egli era stato percepito come sicura garanzia della conservazione dei diritti e dei privilegi della Chiesa in Spagna" (60). Per questo ci fu sconcerto in Vaticano quando si ebbe la notizia dell'abdicazione del re il 14 aprile 1931 (61).
Nonostante questo fin dall'inizio il Vaticano accettò il governo repubblicano. Si hanno le prime conferme subito dopo le elezioni. Così si espresse da Roma Von Bergen, ambasciatore tedesco presso la Santa Sede: "Il Vaticano non appare affatto sorpreso o preoccupato dalla caduta della monarchia spagnola. Sembra che Azaña, il nuovo presidente, abbia assicurato la Santa Sede che egli non intende turbare i buoni rapporti tra l'episcopato della Spagna e Roma. E il Vaticano gli crede" (61 bis). El Debate, il 16 aprile 1931, scriveva che anche il Vaticano esprimeva fiducia che i buoni propositi del nuovo Governo siano mantenuti, e non ha niente da opporre per principio, alla condizione che siano salvaguardati i suoi interessi religiosi, cosa che gli preme più di qualunque altra. Anche 'Le Temps' (francese) in una corrispondenza datata da Roma (17 aprile 1931) scriveva che "secondo fonti ufficiose, il Vaticano considera l'instaurazione della Repubblica senza alcuna apprensione".
Inoltre la Santa Sede, attraverso i rappresentanti della gerarchia cattolica, trasmise ai fedeli la raccomandazione di rispettare i poteri costituiti ed obbedire sinceramente per il mantenimento dell'ordine e per il bene comune. Il Nunzio Federico Tedeschini si fece portavoce di questo in una lettera inviata ai metropoliti in data 24 aprile 1931: "Da parte dell'Eminentissimo Signor Cardinale Segretario di Stato di Sua Santità, mi onoro comunicare alla V. E. R.ma essere desiderio della Santa Sede che V.E. raccomandi ai sacerdoti, religiosi e fedeli della sua diocesi che rispettino i poteri costituiti ed obbediscano ad essi per il mantenimento dell'ordini e per il bene comune" (62).
Lo stesso atteggiamento di rispetto e prudenza il Nunzio lo tenne in occasione del progetto della nuova Costituzione. In una lettera inviata all'episcopato (10 agosto 1931) esortava a difendere la Chiesa contro gli scopi del progetto costituzionale, ma con l'avvertenza di escludere "qualunque cosa che possa ferire il Governo o apparire contraria al regime costituito, o che possa provocare la folla ed i partiti o che possa essere interpretato in maniera irrispettosa o provocatoria; e limitarsi al solo e puro aspetto religioso servendosi solo di quei mezzi legittimi che possano pubblicamente porre in rilievo la somma importanza dei sacri interessi della Chiesa e proteggerli contro i gravissimi pericoli imminenti".
Dall'esame del comportamento della S. Sede e dell'Episcopato si possono avvertire tutti gli sforzi compiuti dalla Chiesa per adattarsi alla nuova situazione. Dispiace che non tutti gli storici siano sereni nell'accettare questo impegno (63).
Purtroppo i motivi di apprensione non tardarono a venire.
A preoccupare il Papa furono le esplosioni di violenza anticlericale. "Le notizie circa gli eccessi nella zona repubblicana, l'arrivo a Roma di religiosi che era stato possibile ascoltare, le controversie tra i cattolici e la diffidenza della Santa Sede verso il comunismo, maturarono in Vaticano l'idea che gli atti di violenza in Spagna rispondevano ad un progetto prestabilito dei "senza Dio" che, come finalità, aveva la soppressione totale del culto attraverso la forza" (64).
Il Papa in diverse occasioni protestò contro questi fatti, ben guardandosi però di non dire niente contro il nuovo regime repubblicano. "A lui interessava la libertà religiosa, non la forma di governo" (65).
Il 29 novembre 1931 il Papa in un discorso esaltò l'eroismo e la generosità di molti cattolici spagnoli vittime di una situazione sempre più preoccupante, e confrontò la situazione spagnola con quella della Russia e del Messico (66).
Il 24 dicembre 1931, nel discorso al Collegio cardinalizio, parla sugli "avvenimenti della più vicina Spagna; la povera e cara Spagna, che ha veduto, in questi ultimi frangenti, strapparsi una ad una tante delle più belle pagine della sua storia di fede e di eroismo, di civiltà e di benemerenze civili in tutto il mondo; la Spagna che aveva visto sconsacrarsi la famiglia, sconsacrarsi la scuola: una vera desolazione" (67).
Nel Radiomessaggio natalizio, 24 dicembre 1932, riparla delle "tristissime ed inique condizioni fatte alla Santa Religione, ai fedeli, alla sua gerarchia nella Spagna, nel Messico, nella Russia" (68).
Ritorna ancora sulla situazione il 19 febbraio 1933 in occasione del riconoscimento del titolo di 'venerabile' al gesuita Giuseppe Maria Pignatelli. Ripensando alla ennesima soppressione della Compagnia di Gesù in Spagna (23 gennaio 1932), così si esprime: "Ecco la congiura dei governi e delle sette che imperavano e che avrebbero voluto impedire ogni attività religiosa; congiura contro Iddio e contro la Chiesa e quindi per conseguenza (gloriosa conseguenza!) congiura contro la Compagnia di Gesù. E' una congiura fatta di odio e di prevenzione, che esplode in fiera persecuzione in Ispagna... La povera, la cara Spagna per la quale il Papa domanda tante preghiere" (69).
Durante il Concistoro Segreto, 13 marzo 1933, lamenta che "purtroppo e nell'antico e nel nuovo mondo ancora rumoreggiano le armi fratricide e dalla terra cruenta e devastata si leva al cielo la voce del sangue fraterno... Vi è tuttavia chi trae vantaggio, tristo vantaggio, dal disagio e dal danno generale, e sono i nemici di ogni ordine politico, sociale, religioso. Guerra al civile consorzio ed alla Religione, a Dio stesso è il loro programma... Fatti anche recenti e recentissimi dimostrano com'essi siano capaci e risoluti di tradurli in atto; quello che da tempo è avvenuto e continuamente avviene nella Russia, nel Messico e nella Spagna... Atteggiamenti sempre più blasfemi, più aggressivi e propagandisti dei dichiarati nemici di Dio" (70). E' in seguito all'aggravarsi delle situazioni negative che Pio XI il 3 giugno 1933 emanò l'enciclica "Dilectissima Nobis", che può considerarsi la conseguenza ed il logico completamento della condotta già precedentemente osservata dal Pontefice, direttamente o mediante gli organi vaticani.
Il Papa esprime il suo rammarico per le continue vessazioni e restrizioni alle quali viene continuamente sottoposta la Chiesa in Spagna dal nuovo regime politico. Tra l'altro scriveva: "La lotta mossa alla chiesa in Spagna, più che a incomprensione della fede cattolica e delle sue benefiche istituzioni, si deve imputare all'odio che 'contro il Signore e il suo Cristo' nutrono sette sovvertitrici di ogni ordine religioso e sociale, come purtroppo vediamo avvertire nel Messico e nella Russia... Tornando alla deplorevole legge intorno alle confessioni e Congregazioni religiose, abbiamo constatato con vivo rammarico che in essa fin dal principio viene apertamente dichiarato che lo stato non ha religione ufficiale, riaffermando così quella separazione dello stato dalla chiesa che fu purtroppo sancita dalla nuova Costituzione spagnola... Il potere civile ha preparato la via per rendere impossibile alla chiesa cattolica anche l'uso precario dei suoi beni... In tal modo si costringe la chiesa a sottoporre all'esame del potere civile le sue necessità per il compimento della sua divina missione... Non fu forse espressione di animo profondamente ostile a Dio e alla religione cattolica l'aver sciolto quegli ordini religiosi che fanno voto di obbedienza ad autorità differente da quella legittima dello stato?" (71).
Politica di flessibilità: dolore e critica per i massacri e le profanazioni ma rispetto ed accettazione della Repubblica.
Questo sembra essere l'atteggiamento della Santa Sede. E' interessante il documento che la Sacra Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari ha inviato ai vescovi spagnoli: "La Santa Sede si è perciò anche dichiarata disposta ad assecondare il governo medesimo nell'opera di mantenimento dell'ordine, fiduciosa che esso pure da parte sua rispetterà i diritti della Chiesa e dei cattolici in una nazione in cui la quasi totalità della popolazione professa la religione cattolica" (72).
Anche il nunzio Mons. Federico Tedeschini in un discorso (denominato 'pacifista') del 12 dicembre 1931 si mostrò cortese e deferente verso la persona del Presidente facendo vedere che non era contro la Repubblica nella speranza di poter fronteggiare la marea massonica ed anticattolica (73).
In un altro documento vaticano, si legge ancora che lo stesso Nunzio pur sforzandosi di essere sopra le parti simpatizzava per la Repubblica. L'avvento della Repubblica non lo impressionò molto e prese subito contatti con i membri del nuovo Governo, affidandosi in buona fede alle loro assicurazioni (74).
Quando la persecuzione religiosa riprese virulenta, dal febbraio 1936, le preoccupazioni del Papa ed i suoi interventi aumentarono.
Il 12 maggio 1936 per l'esposizione mondiale della stampa cattolica puntualizza che "il primo e più grande e più generale pericolo è certamente il comunismo in tutte le sue forme e gradazioni. Tutto esso minaccia e apertamente impugna o copertamente insidia: la dignità individuale, la santità della famiglia, l'ordine e la sicurezza del civile consorzio e sopra tutto la religione fino all'aperta e organizzata negazione e impugnazione di Dio, e più segnatamente la Religione Cattolica e la Cattolica Chiesa" (75). Lamenta inoltre che ci si serve della letteratura per diffondere tale programma.
Il 14 settembre 1936 riceve in Udienza circa 500 profughi della Spagna.
Questo discorso fu ritenuto molto importante: "Voi derubati e spogliati di tutto, voi cacciati e cercati a morte nelle città e nei villaggi... E' tutto uno splendore di cristiane e sacerdotali virtù, di eroismi e di martirii... Dilettissimi figli, avete offerto e venite ancora offrendo alla divina Maestà, in tante parti ed anche in Spagna da tanti disconosciuta, denegata, blasfemata, respinta ed in mille orrendi modi offesa... Nella vicina Spagna quella fiamma di odio e di più feroce persecuzione confessatamente riserbata alla Chiesa ed alla Religione Cattolica, come l'unico vero ostacolo al prorompere di quelle forze che hanno già dato saggio e misura di sé nel conato per la sovversione di tutti gli ordini dalla Russia alla Cina, dal Messico al Sudamerica... Vero è questa minaccia è più grave e mantenuta più viva ed operosa da più profonda ignoranza e disconoscimento della verità, da vero e satanico odio contro Dio e contro l'umanità da Lui redenta, all'indirizzo della Religione e della Chiesa Cattolica" (76).
Nel Radiomessaggio natalizio (24 dicembre 1936) effonde l'amarezza del Suo animo "mentre divampa con tutti i suoi orrori di odi, di stragi e di distruzioni la guerra civile in una Paese quale è la Spagna". Nella conclusione invita a pregare "per la pace e per il bene della Chiesa tutta quanta e in particolar modo della tribolatissima e, anche per ciò solo, carissima Spagna" (77).
Infine Pio XI evidenzia nell'Enciclica Divini Redemptoris (19-3-37) l'influsso del comunismo negli eventi spagnoli, facendone una descrizione precisa: "Anche dove, come nella Nostra carissima Spagna, il flagello comunista non ha avuto ancora il tempo di far sentire tutti gli effetti delle sue teorie, vi si è, in compenso, scatenato purtroppo con una violenza più furibonda. Non si è abbattuta l'una o l'altra chiesa, questo o quel chiostro, ma quando fu possibile si distrusse ogni chiesa e ogni chiostro e qualsiasi traccia di religione cristiana, anche se legata ai più insigni monumenti d'arte e di scienza. Il furore comunista non si è limitato ad uccidere vescovi e migliaia di sacerdoti, di religiosi e religiose, cercando in modo particolare quelli e quelle che proprio si occupavano con maggiore impegno degli operai e dei poveri; ma fece un numero molto maggiore di vittime tra i laici di ogni ceto, che fino al presente vengono, si può dire ogni giorno, trucidati a schiere per il fatto di essere buoni cristiani o almeno contrari all'ateismo comunista. E una tale spaventevole distruzione viene eseguita con un odio, una barbarie e una efferatezza che non si sarebbe creduta possibile nel nostro secolo" (77 bis).
Dunque il Papa ha unito un atteggiamento di accettazione e di prudenza verso il nuovo governo repubblicano ma ha rimarcato gli abusi e vessazioni ai quali la stessa Chiesa dal medesimo veniva sottoposta.
Il Papa però ha agito anche mediante i canali normali della Curia Romana che seguiva le relazioni ordinarie con il Governo di Madrid (repubblicano) e quello di Burgos (nazionalista).
Il Vaticano si sforzò di agire con saggezza e lungimiranza, discernimento e calma (78).
Anzi a volte sembrò 'blando' nel condannare l'operato dei repubblicani. A questo riguardo può essere interessante un telespresso riservato del 14 agosto 1936 di Angelo Cassinis (consigliere dell'Ambasciata italiana) alla Farnesina. Il diplomatico riferisce "l'impressione abbastanza diffusa in alcuni ambienti politici, secondo la quale la Santa Sede figurerebbe un po' troppo tiepida nella reazione contro le barbarie e gli atti sacrileghi compiuti in Spagna dai fautori del bolscevismo contro l'ordine e la morale... (inoltre) Ritiene che sussiste sempre il dubbio che il Governo di Madrid sia estraneo alle barbarie commesse o sia impotente a reprimere queste azioni criminose" (79).
Cassinis insiste presso Mons. Domenico Tardini affinché la Santa Sede esprima un atteggiamento più rigido circa le vicende spagnole (80).
La stessa ponderatezza la usò per il riconoscimento del Governo Nazionalista.
A questo punto è necessario correggere una opinione abbastanza generalizzata secondo la quale la Santa Sede allacciò relazioni cordiali con il Governo di Burgos fin dal sollevamento e contemporaneamente troncò subito i rapporti con il Governo della Repubblica (81).
Questo non è vero.
Un incidente diplomatico può confermare questo. Le autorità italiane ed i franchisti presenti a Roma hanno costretto nell'ottobre 1936 Luis de Zulueta, ambasciatore della Repubblica spagnola presso la Santa Sede, a ritirarsi con l'intenzione di sostituirlo con un funzionario dell'Ambasciata del Governo di Franco presso l'Italia. La Santa Sede si è apposta a questo (82).
Solo in un secondo tempo, nel settembre 1937, il Vaticano comincia ad intessere relazioni diplomatiche tramite suoi rappresentanti ufficiosi con la Giunta di Burgos, pur mantenendo quelle ufficiali con la Repubblica, con l'invio di mons. Ildebrando Antoniutti in qualità di 'incaricato d'affari'. La totale soppressione delle relazioni con la Repubblica e l'accettazione ufficiale del Governo presieduto da Franco avvennero solo nel maggio 1938 con la presentazione delle lettere credenziali del nuovo Nunzio Mons. Gaetano Cicognani.
Del resto, come scrisse il giornale francese 'La Croix' (7 novembre 1938), per riprendere le relazioni normali con il Governo repubblicano la Santa Sede esigeva "la restaurazione nella Spagna rossa delle libertà religiose necessarie". Cosa che purtroppo non avvenne.
Circa la questione riferisco il pensiero di G. Martina: "Davanti alla questione spagnola la S. Sede, stretta tra due tesi opposte, fra quanti identificavano semplicemente la causa di Franco, con quella della religione, e quanti ritenevano legittimo il governo del Fronte popolare, giudicavano illegittima la rivoluzione e la consideravano soprattutto una manovra dei governi totalitari e del capitalismo, mantenne all'inizio un atteggiamento ufficiale piuttosto riservato, anche se condannò ovviamente la violenta esplosione antireligiosa che accompagnò da parte dei rossi i primi tempi della guerra civile. Pur accettando nel 1937 l'invio di un rappresentante ufficiale del governo franchista, il Vaticano precisò che questo fatto non implicava un riconoscimento del regime del Generalissimo. Solo un anno più tardi, nel 1938, la S. Sede contraccambiò il gesto, ristabilendo normali relazioni diplomatiche con l'invio di un nunzio, mons. Cicognani. Da allora l'atteggiamento vaticano fu improntato ad una crescente benevolenza: all'inizio del 1939 l'Osservatore Romano prese posizione contro quei cattolici francesi e spagnoli che mettevano sullo stesso piano il regime franchista e quello repubblicano. 'La Croix' che aveva riferito la tesi censurata fece atto di sottomissione, mentre gli scrittori che l'avevano difesa mantennero il silenzio" (83).
Di questo atteggiamento fu considerato artefice il card. Pacelli che, all'inizio, non si accattivò le simpatie della Spagna nazionalista.
Fu solo con il tempo che il Vaticano cambiò rotta (84).
Interessanti le riflessioni di Charles-Roux, ambasciatore francese presso la Santa Sede: "Tardini s'impunta a mantenere a Madrid il rappresentante della Santa Sede, e questo non solo per motivi d'interesse politico, ma per ragioni religiose. A Madrid, privata del vescovo e di ogni gerarchia ecclesiastica, l'Incaricato di Affari della Santa Sede è la sola autorità cattolica che vi dimora. In questa grande capitale dove è stato soppresso ogni culto cattolico, pubblico e privato, dove è scomparso tutto il clero, l'Incaricato di Affari della Santa Sede non è che un diplomatico: è un prelato, che di fatto possiede tutti i poteri dell'Ordinario, che non c'è più. Importa poco al Vaticano, mi ha detto Mons. Tardini, che da diverse parti e da diversi paesi si rimproveri la Santa Sede di mantenere rapporti diplomatici con un potere spagnolo che ha armato le braccia degli assassini del clero; mantenendo la Nunziatura, la Santa Sede agisce secondo la propria coscienza" (86).
In Mons. Domenico Tardini (dal 1937 Segretario per gli Affari Straordinari del Vaticano) si fa sempre più pressante, e con ragione, il pericolo comunista. E' sempre Charles-Roux a parlarcene (14 dicembre 1936, dopo un colloquio con il diplomatico): "Tardini ha ripetuto che la Santa Sede era favorevole ad ogni iniziativa tendente a far cessare le ostilità in Spagna ed a prevenire le complicazioni in Europa. Ma egli in seguito ha mostrato chiaramente la sua avversione e disistima verso 'i comunisti' di Madrid, Valenza e Barcellona... La questione spagnola resta dominata per lui dalla situazione religiosa che equivale, nella Spagna governativa, all'annientamento del cattolicesimo e del suo clero... E' il comunismo che appare ogni giorno di più il pericolo più grave per la Chiesa e per la civiltà cristiana" (87).
Quando il Segretario di Stato Eugenio Pacelli fu eletto Papa (2 marzo 1939) il Governo di Franco non esultò per la nomina temendo che anche da Papa Pacelli conservasse quell'atteggiamento freddo manifestato in precedenza (88).
Ciò viene confermato inoltre dal tipo di accoglienza non del tutto calorosa che ricevette Mons. Antoniutti (rappresentante del Vaticano sotto forma di Delegato Apostolico) dal Primate di Spagna. In un dispaccio diplomatico del 1 agosto 1937 si legge che il diplomatico incontrò "un freddo riserbo presso il cardinale Primate di Spagna e un'atmosfera di diffidenza da parte governativa, naturale conseguenza del risentimento della Spagna nazionale verso il Vaticano, dal quale essa si attendeva logicamente un più deciso appoggio morale" (89).
Note
60) C. F. Casula, o.c., p. 116. Per questo ci fu sconcerto in Vaticano quando si ebbe la notizia dell'abdicazione del re il 14 aprile 1931.
61) Cfr. D. Tardini, Diario Inedito, trascritto alla fine del libro di C.F. Casula, o.c., p. 328.
61 bis) Riferito in A. Rhodes, o.c., p. 125.
62) Il testo in: Archivio Vidal y Barraquer, Monserat 1971, vol. I, p. 24.
63) Uno di questi è Ramón Tamames, il quale nella sua opera 'La Republica - La era de Franco', Madrid 1975, p. 181, tende a minimizzare gli sforzi fatti dalla Chiesa per questo adattamento.
64) M. T. de Lara, La Guerra civil española - 50 años después, o.c., p. 164.
65) A. Rhodes, o.c., p. 125.
66) Discorsi di Pio XI, a c. Domenico Bertetto, Ed. Vaticana, Città del Vaticano, 1985, II, 603.
67) Discorsi, o.c., vol. II, p. 620.
68) Discorsi, o.c., vol. II, p. 781.
69) Discorsi, o.c., vol. II, p. 831.
70) Discorsi, o.c., vol. II, p. 859 - 861.
71) Enchiridion delle Encicliche, vol. V, Pio XI, Ed. Dehoniane, Bologna 1995, p. 937-959, passim.
72) cit. da C.F. Casula, o.c., p. 117.
73) Cfr. C.F. Casula, o.c., p. 117.
74) Cfr. C.F. Casula, La Santa Sede e il Franchismo dalla guerra civile spagnola al concordato: appunti e documenti, in AA.VV., A cinquant'anni dalla guerra di Spagna, Milano 1988, p. 82-84.
75) Discorsi, o.c., vol. III, p. 487.
Discorsi, o.c., vol. III, p. 555.
Discorsi, o.c., vol. III, p. 609 e 611.
77 bis) Enchiridion delle Encicliche, vol. V, o.c., p. 1176, par. 20.
78) Cfr. H. Thomas, o.c., vol. II, p. 557. Cfr. anche E. Malefakis, La guerra de España, o.c., p. 539 s. A questo punto si può inserire l'episodio dell'uccisione di alcuni sacerdoti baschi. Nella regione basca qualche vescovo e diversi sacerdoti parteggiarono per i repubblicani. Giravano voci che purtroppo durante la guerra alcuni di questi sacerdoti presero anche le armi contro i nazionalisti. La Chiesa ritenne vere queste voci e non approvò tale comportamento in quanto la lotta armata non è collimante con la vocazione sacerdotale. Nella lettera pastorale (1 luglio 1937) i vescovi indirettamente rimproverano questi sacerdoti "per non aver ascoltato la voce della Chiesa" (n. 8). Da notare che "i baschi, nella zona repubblicana, professarono sempre, in maniera pubblica e coraggiosa, la propria fede cattolica" (H. Raguer, art. c., p. 190). Il clero basco replicò a quest'accusa. In realtà nessun sacerdote di quella regione era iscritto al Partito Nazionalista Basco e nessuno aveva preso le armi, nemmeno i cappellani militari. In realtà tra gli eccidi perpetrati dai nazionalisti c'è anche una lista di 14 sacerdoti baschi fucilati dall'esercito di Franco (ottobre 1936) non responsabili di delitti comuni e né di resistenza armata ma solo per aver sostenuto il fronte repubblicano. Non si trattò di persecuzione religiosa ma di vendetta politica. (Cfr. H. Raguer, art. c., p. 161-165). Ugualmente resta come macchia l'uccisione (8-4-38) del leader della democrazia cristiana catalana, Manuel Carrasco i Formiguera, a Burgos da parte dei franchisti per il solo fatto di aver aderito alla Repubblica. Furono proprio queste atrocità commesse dai cattolici nazionalisti nella provincia Basca di tradizione cattolica che convinsero alcuni intellettuali cattolici francesi a prendere le distanze da Franco.
79) ASMAE-Archivio Storico Ministero Affari Esteri, Affari Politici, Santa Sede 1935, b. 35. 80) Cfr. C.F. Casula, o.c., p. 137; per tutta la vicenda con il Vaticano è utile consultare Antonio Marquina Barrio, La diplomacia vaticana e la España de Franco - 1936/45, Madrid 1983.
81) Cfr. H. Raguer, art. c., p. 153.
82) Relazione dell'incaricato d'affari francese Jacques Truelle, del 5 ottobre 1936, in AAFSS-Archivio Ambasciata Francia presso Santa Sede, Guerre Civile en Espagne, VI Espagne, Scat. 95). "Così la Santa Sede chiede ed ottiene che dal balcone del Palazzo di Spagna sia ammainata la bandiera del Governo di Burgos" (C. M. Casula, o.c., 139).
83) G.Martina, La Chiesa nell'età del totalitarismo, Morcelliana, V ed. Brescia 1984, p. 123 s.
84) Cfr. A. Rhodes, o.c., p. 131-132.
85) Ibidem, p. 133.
86) AAFSS-Archive de l'Ambassade de France près la Saint-Siège, Guerre civile en Espagne, VI Espagne, scat. 95.
AAFSS, cit., scat. 96.
Cfr. C. F. Casula, o.c., p. 146.
89) Telespresso dell'ambasciatore italiano a Salamanca all'ambasciata italiana presso la Santa Sede, ASMAE, Affari Politici Santa Sede, 1937, b. 35.
90) Cfr. AA.VV., Il Cardinale Gaetano Cicognani 1881 - 1962, Studium, Roma 1983, 174 s.