5 Febbraio - HANS JONAS e il "principio responsabilità"
Oggi, 5 Febbraio, accanto ad importanti anniversari (1515 - Aldo Manuzio ; 1590 - Bernardino de Sahagún; 1597 - Paolo Miki; 1642 - Joan Anello Oliva; 1881 - Thomas Carlyle; 1966 - Ludwig Binswanger; 1967 - Violeta del Carmen Parra Sandoval; 1983 - Giovanni Marcora ; 1999 - Eduardo Francisco Pironio; 1999 - Wassily Leontief; 2004 - Benvenuto Revelli; 2006 - Andrea Santoro) ricordiamo un grande pensatore, che si confronta con il dibattito contemporaneo, proponendoci una filosofia attenta all'etica e solidale con le future generazioni: Hans Jonas.- Autore:
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Ecco la presentazione del suo pensiero da parte di Vittorio Possenti, nell'articolo intitolato significativamente:
"E l'ecopensiero di Jonas riparte dal vivente. Lontano dalle derive del postmoderno emerge la lucidità del teorico del “principio responsabilità”"
"Io ho tentato di mantenere viva l'antica fiamma della metafisica che sembrava essersi estinta nella nostra epoca moderna": così illustra la propria opera Hans Jonas.
Col trascorrere del tempo si fa più vivido il suo progetto filosofico, di cui solo taluni aspetti sono stati sinora colti. Sollevando con vigore i problemi della tecnica, del rispetto responsabile della natura, del carattere della vita e del sì che essa merita, in special modo del finalismo intrinseco all'organismo vivente (cfr. il suo Organismo e libertà. Verso una biologia filosofica edito da Einaudi), Jonas ha riaperto strade che sembravano sbarrate per sempre.
Egli è giustamente noto per l'opera Il principio responsabilità. Un'etica per la società tecnologica, ampiamente discussa, eppure i suoi studi su una biologia filosofica e sull'organismo vivente potrebbero segnare una svolta di prim'ordine nella filosofia della natura e della vita dopo secoli di meccanicismo e di aspre opposizioni ad ogni finalismo.
Su questi aspetti Jonas ha compiuto un solido tentativo per superare il dualismo cartesiano. Sostenendo la necessità di una nuova metafisica nell'epoca della scepsi radicale, egli svolse una metafisica dell'autoaffermazione dell'essere ed elaborò un'etica in cui l'assiologia è radicata nell'ontologia. Con la fondazione ontologica e finalistica dell'etica venne decisamente abbandonato lo schema kantiano della separazione tra etica e ontologia, egemone da oltre due secoli, e dischiuso il cammino per una vera rivoluzione nella scienza morale.
Ciò potrebbe spiegare la scarsa attenzione delle culture laiche e illuministiche verso Jonas, e la difficoltà ad ammettere che l'etica moderna è inadeguata sulle questioni del futuro.
Questi aspetti, elaborati nelle opere maggiori, emergono come spunti stimolanti nelle dieci interviste di cui si compone Sull'orlo dell'abisso. Conversazioni sul rapporto tra uomo e natura (Einaudi).
Nei dialoghi che uniscono rigore e capacità di parlare alla gente, sono le questioni della crisi ecologica che devasta il pianeta, della necessità di costruire un nuovo rapporto tra uomo e natura, i difficili dilemmi dell'eutanasia, a ritornare puntualmente con nuovi approfondimenti.
Uno dei nuclei delle interviste ruota intorno alla necessità di una nuova etica che inglobi la responsabilità verso le generazioni future, a cui non possiamo consegnare un ambiente sempre più degradato.
Si tratta di un'etica non bilaterale, poiché se è vero che i posteri non possono fare nulla per noi, noi siamo obbligati a tenerli in conto. Le morali di tipo dialogico e consensuale come quelle di Apel e Habermas, dove la decisione raggiunta è legittima se raccoglie il consenso dei soggetti coinvolti, non è considerata idonea per avviare un'etica di responsabilità verso le generazioni future, poiché dal consenso attuale sono appunto esclusi i posteri.
D'altra parte non ci si può nascondere che i sistemi liberaldemocratici sono apparsi sinora incapaci di affrontare i problemi suscitati dalla crisi ecologica.
Non esistono finora sufficienti prove che il binomio tecnologia e mercato sia in grado di affrontare adeguatamente i problemi ecologici. Anzi l'evidenza empirica parrebbe contraria, poiché le economie occidentali non affrontano l'incognita ecologica, mentre il dissesto dell'ambiente prosegue senza apprezzabili mutamenti: interessi a breve sopravanzano i doveri di responsabilità a lungo.
Così rimaniamo soggetti al pensiero unico che quotidianamente suggerisce che le cose vanno nella direzione giusta e che non sussistano motivi per cambiare.
D'altra parte l'alternativa è antropologicamente difficile, poiché occorrerebbe avere un uomo diverso, disponibile a sobrietà e ascesi, capace di vedere oltre l'angusta logica del self-interest.
È questo possibile nell'epoca della secolarizzazione? Forse iniziamo ad accorgerci che l'esperimento di creare un uomo che veda solo il proprio vantaggio è fallito per troppo successo. Le nuove situazioni pongono un'inedita sfida al pensiero civile e morale, tributario di un'epoca in cui le questioni dell'ecologia e del futuro dell'uomo non si ponevano.
Fondarsi su Hegel, su Smith, su Marx è un'illusione costosa, poiché questi autori, pur diversi, hanno ignorato il problema e stanno diventando pensatori regressivi del passato.
Il concetto stesso di società aperta andrebbe riformulato.
Jonas ha dischiuso un nuovo modo di fare filosofia, che prendendo le mosse dall'organismo vivente e dall'essere, e non subordinandosi a priori alle scienze naturali, dà all'etica una nuova dimensione (la responsabilità morale nei confronti del futuro) e vede nella vita un finalismo.
Vedi anche qui l'articolo di Simona Bertolini - HANS JONAS E L'ETICA DELL'AMBIENTE: UNA LETTURA DE "IL PRINCIPIO RESPONSABILITÀ"
Sulla filosofia che si confronta con i problemi della società contemporanea vedi anche i link seguenti.