Nell’attesa dell’intervento di Benedetto XVI al Convegno della Chiesa italiana a Verona
"Il passo fatto dal Concilio verso l'età moderna, che in modo assai impreciso è stato presentato come apertura verso il mondo, appartiene in definitiva al perenne problema del rapporto tra fede e ragione, che si presenta in sempre nuove forme" [Intervento di Benedetto XVI alla Curia del 22 dicembre 2005].- Autore:
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I Convegni, i momenti organizzativi come sta avvenendo qui a Verona, pur importanti, non vanno sopravalutati rischiando l'effetto di deresponsabilizzare le persone, tanto i singoli fedeli, quanto soprattutto i singoli Vescovi, che rappresentano invece l'unica struttura fondante e teologicamente fondata della Chiesa, in comunione con il Papa.
Ecco allora l'attesa qui a Verona, ma in tutta la Chiesa che è in Italia, del discorso al Convegno e dell'omelia alla Messa nello stadio di giovedì 20 ottobre. Si attende il giudizio, a metà di questi dieci anni nella linea pastorale di "Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia", sul percorso fatto e su quello da fare mettendo al centro la testimonianza sulla presenza di Gesù risorto, speranza del mondo.
Rifacendoci a uno dei tre interventi più significativi (Deus caritas est, Alla Curia del 22 dicembre 2005, a Regensburg), quello Alla Curia del 22 dicembre 2005 in rapporto al Vaticano II, interpretato ancora da molti come una rottura della continuità dinamica della Tradizione della Chiesa fin dagli Apostoli, affermò che il Concilio non era stato una "costituente" di una nuova Chiesa, né un momento di "discontinuità" rispetto al passato. Uno dei cinque ambiti del Convegno in cui essere "Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo" è la Tradizione, strumento più grande della comunicazione del vero nella vita della Chiesa, è la sua stessa continuità per la presenza reale del Figlio di Dio vivente. E' una risposta ad argomentazioni riduttive che non esprimono il Mistero cristiano nella sua integrità:concezione razionalista della fede e della rivelazione, un umanesimo immanentista applicato a Gesù Cristo, interpretazione meramente sociologica della Chiesa, soggettivismo e relativismo secolarizzato nella morale cattolica. Non sono pochi coloro che in questi quarant'anni di post-concilio, all'ombra di un concilio inesistente, tanto nella lettera quanto nello spirito, hanno seminato e seminano agitazione e inquietudine nel cuore dei fedeli.
In un ambiente culturale in cui si riflettono le opinioni più diverse su Gesù, occorre invece accogliere docilmente la rivelazione del Padre, quanto cioè lo Spirito ci dice veramente nel Concilio Vaticano II, lasciarsi colmare – quanto insiste Benedetto XVI – della gioia che viene dall'Alto, riposare serenamente sulla roccia che è la Chiesa e rivivere ogni giorno la nostra fede, la nostra entusiasta appartenenza a vissuti fraterni di comunione ecclesiale.
Chi – osserva il Papa – si era aspettato e continuamente ancora si aspetta che la riconsiderazione del rapporto con la modernità suggerita dal Concilio "trasformasse tutto in pura armonia, aveva sottovalutato le interiori tensioni e anche le contraddizioni della stessa età moderna, aveva sottovalutato la pericolosa fragilità della natura umana che in tutti i periodi della storia e in ogni costellazione storica è una minaccia per il cammino dell'uomo". Oltre alla Tradizione anche la fragilità è uno dei cinque ambiti del Convegno e fragilità non è solo malattia, handicap. "Questi pericoli – ha aggiunto il Pontefice il 22 dicembre – con le nuove possibilità e con il nuovo potere dell'uomo sulla materia e su stesso, non sono scomparsi, ma assumono invece nuove dimensioni: uno sguardo sulla storia attuale lo dimostra chiaramente".
La conclusione dell'intervento del 22 dicembre, che non piacque a qualcuno degli esegeti conciliari, fu netta e inequivocabile, secondo lo stile diretto e senza ambiguità di tutto il suo magistero. "Il passo fatto dal Concilio – spiegò Benedetto XVI – verso l'età moderna, che in modo assai impreciso è stato presentato come "apertura verso il mondo", appartiene in definitiva al perenne problema del rapporto fede e ragione, che si ripresenta in sempre nuove forma".
L'assise di tutti i membri della Chiesa italiana con tutti i loro Vescovi, tanto in "Testimoni del Gesù risorto, speranza del mondo" quanto nella riflessione preparatoria sugli ambiti della Tradizione e della Fragilità, attende un nuovo intervento di Benedetto XVI. Tutti i delegati, confluiti e Verona e aiutati da diverse relazioni e interventi, soprattutto dalla intensa preghiera comunitaria, attendono veramente il discorso del successore di Pietro.