"...la gioiosa testimonianza di Gesù risorto, speranza dell’Italia e del mondo"
"E' stata cambiata così la mia identità essenziale e io continuo ed esistere soltanto in questo cambiamento. Il mio proprio io mi viene tolto e viene inserito in un nuovo soggetto più grande, nel quale il mio io c'è di nuovo, ma trasformato, purificato, "aperto" mediante l'inserimento nell'altro, nel quale acquista il suo nuovo spazio di esistenza. Diventiamo così "uno in Cristo" (Gal 3,28), un unico soggetto nuovo, e il nostro io viene liberato dal suo isolamento. "Io, ma non più io": è questa la formula dell'esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula della risurrezione dentro al tempo, la formula della "novità" cristiana chiamata a trasformare il mondo. Qui sta la nostra gioia pasquale. La nostra vocazione e il nostro compito di cristiani consistono nel cooperare perché giunga a compimento effettivo, nella realtà quotidiana della nostra vita, ciò che lo Spirito santo ha intrapreso in noi col Battesimo: siamo chiamati infatti a divenire donne e uomini nuovi, per poter essere veri testimoni del Risorto e in tal modo portatori della gioia e della speranza cristiana nel mondo, in concreto in quella comunità di uomini entro la quale viviamo" [Benedetto XVI, Convegno ecclesiale di Verona, 19 ottobre 2006]- Autore:
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Benedetto XVI, il 19 ottobre ai partecipanti al IV Convegno ecclesiale e perciò a tutta la Chiesa in Italia, ha fatto dono di una direttiva pastorale per i prossimi anni in tutti gli ambiti ponendo al centro Gesù Cristo risorto. Tutto il fatto cristiano storico, oggi ancora attuale, ha la sua origine nell'avvenimento dell'incontro e della proclamazione di una notizia: è l'annuncio risuonato a Gerusalemme la mattina di Pasqua dell'anno 30, e che da allora attraverso la continuità dinamica o Tradizione della Chiesa non si è più spento nella storia del mondo, nella mia storia, e la fede mi garantisce che non si spegnerà mai. L'avvenimento dell'incontro e dell'annuncio si compendia in una sola parola greca, che è il nucleo originario della nostra fede: egherthe, cioè "si è ridestato", "è risorto", è "vivo", è "presente tra noi", noi lo abbiamo incontrato. Su questo Benedetto XVI ha dato l'essenzialità catechetica di tutto il Credo cattolico sulla quale, sotto la preminente e decisiva azione guida dello Spirito santo invocato con il cuore nella preghiera, può accadere una feconda comunione ed un nuovo entusiasmo apostolico e missionario di singoli e di vissuti ecclesiali fraterni.
«La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori. Nello stesso tempo essa non è affatto un semplice ritorno alla nostra vita terrena; è invece la più grande "mutazione" mai accaduta, il "salto" decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l'ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma con Lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l'intero universo: per questo la risurrezione di Cristo è il centro della predicazione e della testimonianza cristiana, dall'inizio fino alla fine dei tempi Si tratta di un grande mistero, certamente, il mistero della nostra salvezza, che trova nella risurrezione del Verbo incarnato il suo compimento e insieme l'anticipazione e il pegno della nostra speranza. Ma la cifra di questo mistero è l'amore e soltanto nella logica dell'amore esso può essere accostato e in qualche modo compreso: Gesù Cristo risorge dai morti perché tutto il suo essere è perfetta ed intima unione con Dio, che è l'amore davvero più forte della morte. Egli era una cosa sola con la Vita indistruttibile e pertanto poteva donare la propria vita lasciandosi uccidere, ma non poteva soccombere definitivamente alla morte: in concreto nell'Ultima Cena egli ha anticipato e accettato per amore la propria morte in croce, trasformandola così nel dono di sé, quel dono che ci dà la vita, ci libera e ci salva. La sua risurrezione è stata dunque come un'esplosione di luce, un'esplosione dell'amore che scioglie le catene del peccato e della morte. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé».
Tutto questo avviene concretamente attraverso la vita della Chiesa, ma occorre a livello esistenziale in vissuti fraterni di comunione esperimentarlo personalmente come primizia di questa trasformazione, che è opera di Dio e non nostra. Essa oggettivamente giunge a noi mediante la fede e il sacramento del Battesimo, che è realmente morte e risurrezione, rinascita, trasformazione in una vita nuova. E san Paolo che aveva esperimentato l'avvenimento dell'incontro con il Risorto scrive ai Galati: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (2,20).
E qui Benedetto XVI descrive quello che è avvenuto in lui e avviene in tutti coloro che incontrano Gesù Cristo risorto: «E' stata cambiata così la mia identità essenziale e io continuo ed esistere soltanto in questo cambiamento. Il mio proprio io mi viene tolto e viene inserito in un nuovo soggetto più grande, nel quale il mio io c'è di nuovo, ma trasformato, purificato, "aperto" mediante l'inserimento nell'altro, nel quale acquista il suo nuovo spazio di esistenza. Diventiamo così "uno in Cristo" (Gal 3,28), un unico soggetto nuovo, e il nostro io viene liberato dal suo isolamento. "Io, ma non più io": è questa la formula dell'esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula della risurrezione dentro al tempo, la formula della "novità" cristiana chiamata a trasformare il mondo. Qui sta la nostra gioia pasquale. La nostra vocazione e il nostro compito di cristiani consistono nel cooperare perché giunga a compimento effettivo, nella realtà quotidiana della nostra vita, ciò che lo Spirito santo ha intrapreso in noi col Battesimo: siamo chiamati infatti a divenire donne e uomini nuovi, per poter essere veri testimoni del Risorto e in tal modo portatori della gioia e della speranza cristiana nel mondo, in concreto in quella comunità di uomini entro la quale viviamo». Senza un concreto ed esistenziale vissuto fraterno di comunione ecclesiale autorevolmente guidato quello che è avvenuto una volta per sempre nel Battesimo non può riaccadere continuamente e se non riaccade a livello esistenziale non cambia e non trasfigura.
Ed è quindi passato al servizio della Chiesa in Italia alla Nazione, all'Europa e al mondo. E ha dato un giudizio illuminante: «L'Italia di oggi si presenta a noi come un terreno profondamente bisognoso e al contempo molto favorevole per una tale testimonianza». E ha fatto un'analisi sulla quale occorre ritornare.
Ha affermato che occorre rendere visibile «quel grande "sì" che in Gesù Cristo Dio ha detto all'uomo e alla sua vita, all'amore umano, alla nostra libertà e alla nostra intelligenza; come, pertanto, la fede nel Dio dal volto umano porti la gioia nel mondo. Il cristianesimo è infatti aperto a tutto ciò che di giusto, vero e puro vi è nelle culture e nelle civiltà, a ciò che allieta, consola e fortifica la nostra esistenza».
A questo punto ha ripetuto quanto aveva scritto nell'Enciclica Deus caritas est e che continuamente ripete: «All'inizio dell'essere cristiano - e quindi all'origine della nostra testimonianza di credenti - non c'è una decisione etica o una grande idea, ma l'incontro con la Persona di Gesù Cristo, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (n. 1). L'io umano cioè la persona umana è un connubio di ragione, intelligenza, amore e «perché l'esperienza della fede e dell'amore cristiano sia accolta e vissuta e si trasmetta da una generazione all'altra, una questione fondamentale e decisiva è quella dell'educazione della persona». «Un'educazione vera ha bisogno di risvegliare il coraggio della decisioni definitive, che oggi vengono considerate un vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e per raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per far maturare l'amore in tutta la sua bellezza: quindi per dare consistenza e significato alla stessa libertà». E qui ha ripetuto che i "no" a forme deboli e deviate di amore e alle contraffazioni della libertà, come anche alla riduzione della ragione soltanto a ciò che è calcolabile e manipolabile, sono "sì" all'amore autentico, alla realtà dell'uomo come è stato creato da Dio.
Compito immediato della Chiesa è la carità che rende visibile l'amore di Dio nel mondo, non di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine della società. Per questo lei si fa presente attraverso i fedeli laici, che operano come cittadini, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità. Occorre oggi, però, un'attenzione grande per le guerre e il terrorismo, al fame e la sete, alcune terribili epidemie. «Ma occorre anche fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicono fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla oscurando il carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale».
«Ma decisivo è il nostro essere uniti a Lui, e quindi tra noi, lo stare con Lui per poter andare nel suo nome (Mc 3,13-15). La nostra vera forza è dunque nutrirci della sua parola e del suo corpo, unirci alla sua offerta per noi, adorarlo presente nell'Eucaristia: prima di ogni attività e di ogni nostro programma, infatti, deve esserci l'adorazione, che ci rende davvero liberi e ci dà i criteri per il nostro agire».
E ha terminato, come nell'omelia allo Stadio nel pomeriggio con un inno alla Madonna: «Nell'unione a Cristo ci precede e ci guida la Vergine Maria, tanto amata e venerata in ogni contrada d'Italia. In Lei incontriamo, pura e non deformata, la vera essenza della Chiesa che vive nella storia, ci sentiamo fino in fondo parte di essa, diventiamo a nostra volta "anime ecclesiali", impariamo a resistere a quella "secolarizzazione interna" che insidia la Chiesa nel nostro tempo, in conseguenza dei processi di secolarizzazione che hanno profondamente segnato la civiltà europea».
Comunque su tutti gli ambiti di questo intervento occorre ritornare a riflettere personalmente e in vissuti fraterni.