La Chiesa non è agente politico ma ha valenza anche pubblica
"Cristo infatti è venuto per salvare l'uomo reale e concreto, che vive nella storia e nella comunità, e pertanto il cristianesimo e la Chiesa, fin dall'inizio, hanno avuto una dimensione e una valenza anche pubblica... Gesù Cristo ha portato una novità sostanziale, che ha aperto il cammino verso un mondo più umano e più libero, attraverso la distinzione e l'autonomia reciproca tra lo Stato e la Chiesa, tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (Mt 22,21). La stessa libertà religiosa, che avvertiamo come un valore universale, particolarmente necessario nel mondo di oggi, ha qui la sua radice storica" [Discorso di Benedetto XVI ai partecipanti al IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana, 19 ottobre 2006].- Autore:
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Uno dei cinque ambiti su cui essere "Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo" è il tema della cittadinanza, cioè le questioni delle responsabilità civili e politiche dei cattolici. Cristo infatti è venuto per salvare l'uomo reale e concreto, che vive nella storia e nella comunità, e pertanto il cristianesimo e la Chiesa, fin dall'inizio, hanno avuto una dimensione e una valenza anche pubblica. Quell'anche sta a ricordare che questo ambito della presenza cristiana nella sfera pubblica non esaurisce il significato della fede nel vissuto umano e non è e non deve diventare nemmeno, pur eticamente rilevante, l'aspetto più importante in rapporto alla speranza principale nel destino dell'uomo per la dimensione profondamente nuova avviata da Gesù risorto innanzitutto per Lui, ma anche per ciascuno di noi, per tutta la famiglia umana, la storia e l'intero universo: questa è la speranza principale che non delude e di cui rendere ragione. Anche una speranza e quindi un impegno responsabile di plasmare in meglio il mondo e l'umanità, che il mondo possa essere "migliore" nel futuro della storia universale rispetto al passato e al presente, è, nel migliore dei casi, una speranza relativa, conseguente. Cristo non è del mondo, come pure i cristiani non devono essere del mondo ma di Gesù risorto, appartenere a Lui per rendergli valida testimonianza, per parlare di Lui, farLo conoscere, condurre a Lui, trasmettere la sua presenza e realizzare nel soggetto sociale "sui generis" della Chiesa quel modello di esistenza libero dalle potenze del mondo e che, superando la morte in tutte le sue forme possibili, doni un presentimento della vita da risorti: in un nascondimento, certo (Col 3,3), il quale, però, ha una tale efficacia da governare vitalmente l'intero tessuto della società umana. Cristo, i cristiani sono nel mondo, per il mondo, ma non del mondo: sono di Cristo e di Dio nella misura in cui muoiono con lui al peccato e risorgono lasciandosi assimilare a Lui, amare con il suo amore, con il perdono, con la non - violenza. La Politica il cui fine immediato è la giustizia, lo Stato possono essere interessati dal fine immediato della Chiesa che è la carità in modo indiretto, molto indiretto per un limite invalicabile: "La figura (schema) di questo mondo passa" (1 Cor 7,13).
Gesù, quindi, nei rapporti tra religione e politica ha portato storicamente una novità sostanziale, una laicità vera, una libertà religiosa di poter essere credenti in privato e in pubblico potendo non esserlo attraverso la distinzione e l'autonomia reciproca tra lo Stato e la Chiesa, tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (Mt 22,21). Laicità vera e libertà religiosa (per noi italiani nel senso del diritto positivo della nostra Carta costituzionale), che avvertiamo come un valore universale, particolarmente necessario oggi nel confronto necessario tra cattolici e fondamentalisti laicisti e religiosi, ha qui la sua radice storica. La Chiesa, dunque, non è e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, dell'intero tessuto della società umana, la cui anima è la giustizia, e le offre a un duplice livello il suo contributo specifico. La fede cristiana, infatti, purifica ed è avvocato della ragione e l'aiuta ad essere meglio se stessa: con la dottrina sociale pertanto, argomentata a partire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano, la Chiesa contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato. A tal fine sono chiaramente indispensabili le energie morali e spirituali che consentano di anteporre le esigenze della giustizia agli interessi personali, o di una categoria sociale, o anche, a livello continentale e planetario, di uno Stato: qui di nuovo c'è per la Chiesa uno spazio assai ampio, per radicare queste energie nelle coscienze, alimentarle e irrobustirle. "Il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società non è dunque della Chiesa come tale, ma dei fedeli laici, che operano come cittadini sotto la propria responsabilità: si tratta di un compito della più grande importanza, al quale i cristiani laici italiani sono chiamati a dedicarsi con generosità e coraggio, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo".
In continuità con il III Convegno Ecclesiale Italiano di Palermo del 1995 la chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito… Ma ciò non ha nulla a che fare con una "diaspora culturale dei cattolici". Benedetto XVI ha concretizzato dove i fedeli cristiani, pur differenziati nella mediazione politica, non possono non essere uniti nella tensione ideale: "Una speciale attenzione e uno straordinario impegno sono richiesti da quelle grandi sfide nelle quali vaste porzioni della famiglia umana sono maggiormente in pericolo: le guerre e il terrorismo, la fame e la sete, alcune terribili epidemie. Ma occorre anche fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicono fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana e in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale, La testimonianza aperta e coraggiosa che la Chiesa e i cattolici italiani hanno dato e stanno dando a questo riguardo sono un servizio prezioso all'Italia, utile e stimolante per altre Nazioni. Questo impegno e questa testimonianza fanno certamente parte di quel grande "sì" che come credenti in Cristo diciamo all'uomo amato da Dio".
Questi valori non sono negoziabili non perché confessionali ma perché non conformi all'etica richiesta dalla nostra Costituzione per il nostro sistema democratico, valori civili che la storia degli ultimi secoli dell'Occidente ci ha trasmesso e ritenuti veri valori da una condivisione tra tutte le forze politiche di allora. La loro radice è una "condensazione" di verità ebraico-cristiane della creazione con l'interrogarsi greco e il patrimonio romano che hanno mutato sostanzialmente il modo di essere da parte dell'uomo nel mondo, generando attraverso la civiltà europea un nuovo ethos di felicità nel mondo: negativamente nessuna creatura, neanche il divo imperatore augusto, possiede una sacralità divina immanente, positivamente ogni io umano nel suo essere dono del Donatore divino ha una propria e originaria indistruttibile verità, bontà, bellezza relativa al Creatore e quindi sempre fine nella democrazia moderna e mai relativizzabile a solo strumento, dal concepimento al termine naturale, per altri o tanto meno per altro come l'utile nei vari campi. Con la famiglia naturale fondata sul matrimonio e la libertà di educazione questo principio non è negoziabile, non sottoponibile, cioè, al principio maggioritario ultimamente deliberativo nella sfera pubblica perché a fondamento della democrazia stessa.
Oggi abbiamo ancora la Carta costituzionale e quindi il riferimento al diritto positivo ma la Chiesa si rende conto e non vuole imporre agli altri ciò che non comprendono, ma si aspetta da parte loro, almeno il rispetto per la coscienza di coloro che lasciano guidare la loro ragione dalla fede cristiana. Dove a questa libertà non fosse dato spazio per la dittatura del relativismo si rivendica il diritto a una resistenza passiva, offrendo la testimonianza di coscienza che in qualche modo, potrebbe far riflettere e condurre alla formazione di una nuova coscienza. Non è ancora la situazione italiana, salvo per il divorzio e soprattutto per l'aborto. Però anche l'Italia è un terreno profondamente bisognoso, perché partecipa a quella cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita, sul piano della prassi la libertà individuale viene eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare. Così Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica rischiando di provocare anche nei cattolici una silenziosa apostasia da Lui per l'impressione di essere divenuto superfluo od estraneo. In stretto rapporto con tutto questo ha luogo una radicale riduzione dell'uomo, considerato semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. L'etica di questa cultura sempre più egemone non è più conforme a quella della Costituzione nella prima parte e al fondamento della democrazia moderna illuminista ma a quel post-illuminismo del relativismo e dell'utilitarismo con l'esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. "Non è difficile - richiama Benedetto XVI -vedere come questo tipo di cultura rappresenti un taglio radicale e profondo non solo con il cattolicesimo, ma con tutte le confessioni cristiane, anzi con tutte le tradizioni religiose e morali dell'umanità: non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e sulla direzione della nostra vita. Perciò questa cultura è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza". Per non essere costretti ad una resistenza passiva occorre ecumenicamente sviluppare, anche con minoranze forti e creative, anche con laici che pur non credenti o praticanti condividono queste radici cristiane, una religione civile cristiana che plasmi di nuovo la nostra coscienza di europei, al di là della separazione tra laici e cattolici o di altre confessioni, faccia intravedere la ragionevolezza e il valore vincolante dei grandi principi che hanno edificato l'Europa e devono e possono ricostruirla.