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La «disinformatjia» non è una novità

Fonte:
CulturaCattolica.it
Educazione e coraggio per smascherarla

Ho già richiamato la grande figura del Vescovo Ioan Ploscaru. La sua fede e il suo coraggio. Ecco un episodio narrato nel suo libro «Catene e terrore» (che potrebbe essere un buon testo di lettura per le vacanze).
E' il racconto della sua reazione di fronte alle menzogne della stampa di regime. Varrà il suo esempio anche per noi oggi???

I giornali, tanto desiderati e recuperati a volte nei bagni per sapere cosa stesse succedendo nel mondo, erano diventati un peso. Nella nostra cella a Zarka leggevamo i giornali parzialmente, scegliendo ciò che credevamo essere interessante. Nelle grandi celle, invece, si leggeva interamente, dal titolo fino all’ultima parola. Era una specie di lavaggio del cervello: tutti erano costretti ad ascoltare.
Nella prima decade del giugno 1963, il maresciallo capo della sezione ci chiese se avessimo letto il giornale di quel giorno. Alla risposta affermativa precisò: «Avete letto dove porta il fanatismo?».
«Certamente!», rispondemmo.
«Leggete ancora una volta adesso!», continuò.
Rotaru prese il giornale e lesse ad alta voce: «Un prete del Messico ha istigato dei contadini, che hanno bruciato sul rogo due giovani perché avevano peccato...».
«Cosa ne dite?», chiese.
«Non credo a questa notizia - risposi -. Nel giornale non si precisano né il luogo, né alcun nome, né l’agenzia di stampa che ha trasmesso l’informazione, dunque niente di ciò che potrebbe essere controllato».
Il maresciallo fece rapporto all’ufficiale politico, che, il giorno seguente, 11 giugno, venne nella nostra cella. Chiese di me; mi presentai.
«Tu stai denigrando la stampa della Repubblica? – mi chiese –. Va’ fuori!».
Ubbidii. Fui portato nel sotterraneo, dove c’era una decina di stanze usate per gli interrogatori. Entrai in una di esse. L’investigatore l’ufficiale politico Rusu, si sedette al tavolo e io fui invitato a sedermi davanti a lui. Ripeté di nuovo la domanda che mi era stata posta in cella.
«Signor investigatore, che io non creda a una notizia, non vuol dire che stia denigrando la stampa. Non sono obbligato neppure a credere interamente alla sacra Scrittura, perché non tutto è dottrina di fede. Lei è un intellettuale: non tenga conto di ciò che dice un sottufficiale che vuole mettersi in mostra. Costui trasforma una parola in una questione di principio. Quand’ero a Jilava ho assistito a un caso simile. Un detenuto era in coma: un suo compagno bussò alla porta perché venisse il dottore. La guardia non era in corridoio. Allora il detenuto bussò coi piedi tanto forte che il rumore risuonò in tutto il piano. Arrivò il capo-sezione, aprì e chiese: “Chi ha bussato alla porta?”. “Io”, rispose l’autore e spiegò il perché. “Tu vuoi rovinare una porta del popolo?”, gli chiese il guardiano. Se avesse rovinato una semplice porta, sarebbe stato un delitto qualsiasi; ma se la porta apparteneva al popolo, la trasgressione assumeva proporzioni nazionali! Così anche adesso! Contestando una qualsiasi notizia, senza autore, senza agenzia di stampa, senza luogo e senza nome, sto denigrando?...». [Ioan Ploscaru, Catene e terrore, EDB]

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