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Il collirio della memoria

Fonte:
CulturaCattolica.it

Avevo preannunciato di mettere in linea alcuni testi del Vescovo greco-cattolico Ioan Ploscaru, autore di quello straordinario libro «Catene e terrore» (edito dalla casa editrice EDB di Bologna), testimonianza di fede e attaccamento alla Chiesa da leggere e diffondere.
Vorrei che fosse per tutti voi il Libro delle Vacanze. In questi tempi drammatici sarà una compagnia e un sostegno da comunicare a tutti, amici e parenti. E per chi insegna – compresa Religione Cattolica – la possibilità di spalancare alla memoria di quello che è stato il totalitarismo, che sarebbe stato vinto se ci fossero stati tanti uomini e donne così.
Ascoltiamo questa preghiera di Papa Francesco: «Madre del silenzio, che custodisce il mistero di Dio,
liberaci dall’idolatria del presente, a cui si condanna chi dimentica.
Purifica gli occhi dei Pastori con il collirio della memoria:
torneremo alla freschezza delle origini, per una Chiesa orante e penitente.
»

Ecco come si è svolto un mio interrogatorio:
«Non ti sei stancato della prigione?», mi chiese l’investigatore. «Non hai nessuno fuori? Non hai genitori, fratelli, sorelle, che desideri vedere? Te ne stai a marcire qui?».
«Signor investigatore, il maggior dono dell’uomo - dopo Dio, la salvezza dell’anima e la fede - è la libertà! La desidero anch’io, come ogni essere di questo mondo. Lei è stato in molte prigioni e ha visto le reti di ferro che sono tese fra un piano e l’altro. Lei sa che sono state messe perché i detenuti non si suicidino gettandosi nel vuoto. Un uomo che ha perso la propria libertà, non trova un senso a una vita di sofferenze e reclusione. Lei ha forse constatato che la libertà è al di sopra della vita, non solo per l’uomo, ma anche per gli animali. Alcuni animali, presi in trappola, si rodono il piede con i denti e scappano... Anch’io, come ogni creatura, desidero la libertà più della stessa vita. Capirà che, se non accetto le sue condizioni per essere liberato, vuol dire che ho qualcosa cui tengo più della vita: la fede in Dio! Io so che la mia sorte è legata a quella della mia Chiesa. Fino a che la Chiesa non sarà libera, neppure io lo sarò, e sopporterò con gioia tale privazione, che è più dura della morte. Le torture e le sofferenze non ci fanno decidere d’abbandonare la fede! Mettendomi nei vostri panni, capisco che non ci liberiate; quello che non capisco è perché ci facciate soffrire. Potreste giustiziarci: sarebbe più semplice e meno costoso. Non sto chiedendo che una prigione dove ci sia la possibilità di uscire all’aria aperta o di leggere un libro (anche la nostra mente è assetata di conoscenza!). A chi serve il nostro stato di abiezione?».
«Ma quali garanzie abbiamo, se vi facciamo uscire da qui?», mi chiese.
Si riferiva alla garanzia che avrei rinunciato al sacerdozio. Ma io non avevo chiesto questo, bensì il nostro trasferimento in un lager con il filo spinato, ma dove si potessero vedere il cielo e la natura di cui eravamo assetati.
«La garanzia saranno i soldati che sorveglieranno il lager».
«Dunque non desideri essere libero?», incalzò.
«Immagino che a tanti, o a tutti, lei abbia fatto tale proposta...», risposi.
Le risposte dei sacerdoti sono state identiche, benché fossero in celle, e anche in prigioni, diverse. C’è stato un periodo in cui gli investigatori sospettavano che noi avessimo un legame fra le prigioni, dato che davamo la stessa risposta. Una volta, uno mi chiese: «Tramite quali persone vi mettete in contatto fra voi e con quelli delle altre prigioni? Tutti infatti danno, approssimativamente, la stessa ri-sposta».
«Danno la stessa risposta non perché si siano consigliati, ma perché professano la stessa fede, che impone loro lo stesso atteggiamento in qualunque luogo siano!», risposi.

Sul sito della Diocesi di Forlì-Bertinoro, il resoconto di un incontro sull'argomento

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