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“Catene e terrore” ancora oggi

Fonte:
CulturaCattolica.it

Provocato da una bella recensione di Sandro Magister, ho acquistato e ho iniziato a leggere il libro “Catene e terrore” di Ioan Piloscaru, vescovo clandestino greco-cattolico nella persecuzione comunista in Romania.
Man mano che la lettura procedeva, la commozione, la stima e il desiderio di imitazione di un «santo» nostro contemporaneo sono cresciuti in maniera notevolissima. Credo che chiunque voglia capire qualcosa della storia della nostra Europa (e della tragedia che è stato il comunismo, dopo gli orrori del totalitarismo nazista) possa, leggendo questo libro, trovare soddisfazione compiuta. Ma non solo soddisfazione; soprattutto edificazione per una testimonianza di una fede capace di resistere ad ogni attacco di odio, non rinunciando mai né alla verità né alla carità.

Potete trovare sul sito di Sandro Magister [col suo permesso l’abbiamo anche riportato su CulturaCattolica.it] una acuta recensione e alcune pagine che non mancheranno di farvi riflettere (ed anche piangere), soprattutto perché si può vedere una fede in azione, capace di dare ragioni e di sostenere il cammino dentro una situazione avversa come quella che il vescovo ha descritto e sperimentato.
Una frase mi ha colpito; penso che potrebbe essere un motto da non dimenticare: «Se Dio vuole che la nave affondi, almeno affondi colla bandiera in alto!». È proprio il non aver dimenticato questa fierezza, che rende questa testimonianza così affascinante.
Riporterò altrove alcune pagine di questo libro da non dimenticare, ma prima una domanda. Che cosa è accaduto nel cuore degli uomini perché sia stato possibile umiliare in maniera così tragica la vita di tanti fratelli? Che cosa ha armato la mano di tanti «funzionari» per renderli capaci di calpestare la dignità di tanti uomini e donne loro concittadini? Ma poi il pensiero va al nostro tragico presente: che cosa fa dire a un uomo, colle mani insanguinate, dopo avere sgozzato in pieno giorno un altro uomo (che nulla gli aveva fatto): «Giuriamo davanti ad Allah che non smetteremo mai di combattervi. L’unica ragione per cui lo abbiamo fatto è che ogni giorno muoiono dei musulmani. Uccidere un soldato britannico è occhio per occhio e dente per dente. Ci dispiace che delle donne abbiano dovuto assistere a tutto questo ma nelle nostre terre le donne devono vedere lo stesso. Voi non sarete mai al sicuro. Sbarazzatevi del vostro governo. A loro non importa di voi»? E che cosa c’è nel cuore dell’uomo per fargli imbracciare un piccone e fracassare la testa fino ad uccidere tre inermi cittadini a Milano?
No, c’è qualcosa che non torna! L’ideologia comunista, il nazismo totalitario e bestiale, l’islam fanatico ed integralista non sono opera dell’uomo. Qui è all’opera satana, il nemico di Dio e di tutto ciò che Lui ha creato.
E come non rimanere allora sconcertati di fronte all’attacco dei soliti atei, che si illudono di usare la ragione e che vedono come unico nemico dell’uomo e della sua libertà il riconoscimento di Dio? «Solo un Dio ci potrà salvare» è il titolo che la redazione del giornale tedesco "Der Spiegel" diede a un colloquio che si svolse tra Heidegger e due inviati del settimanale. Il Dio che ci potrà salvare sarà quello di Gesù Cristo, purché i cristiani ritrovino il coraggio della loro fede e la fierezza della testimonianza.
Certo, molti segni presenti tra tanti che si dicono cattolici sembrano andare in altra direzione. Riscopriamo allora quanto ci ha raccomandato Papa Francesco: «Noi dobbiamo andare all’incontro e dobbiamo creare con la nostra fede una “cultura dell’incontro”, una cultura dell’amicizia, una cultura dove troviamo fratelli, dove possiamo parlare anche con quelli che non la pensano come noi, anche con quelli che hanno un’altra fede, che non hanno la stessa fede. Tutti hanno qualcosa in comune con noi: sono immagini di Dio, sono figli di Dio. Andare all’incontro con tutti, senza negoziare la nostra appartenenza.» [Papa Francesco, alla Veglia di Pentecoste 2013]

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