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“Perché lei fa tutto questo per me?” L'inizio

Fonte:
CulturaCattolica.it
Spesso mi viene chiesto come mai io abbia deciso di impegnarmi a favore della Vita e in particolare della vita nascente.
Dopo tanti anni e tanti colloqui con le donne, a volte mi viene chiesto:
“Perché lei fa tutto questo per me?”
Per dare una risposta devo ritornare inevitabilmente indietro nel tempo.

Morimondo, 29 Giugno 1980

Morimondo è una deliziosa località di grande valore artistico-estetico poco lontano da Milano, località di cui ho un ricordo permanente nella memoria: sapore di antichi mattoni trasportati verosimilmente con carri trainati da buoi affaticati, mattoni per costruire una abbazia di particolare splendore di secoli fa; oggi meta di chi vuole riempirsi gli occhi, l’animo e lo spirito di cose belle che sanno anche del passaggio delle tante generazioni.
Il monastero di Morimondo, nome che significa “morire al mondo”, cioè “vivere da risorti”, venne fondato nel 1134 dai monaci provenienti dal monastero cistercense di Morimond in Francia.
Pur essendo la quarta fondazione italiana e la prima in Lombardia, la chiesa abbaziale si scosta da tutte le altre edificazioni cistercensi del XII secolo.
Morimondo è un esempio di architettura cistercense già evoluta verso lo stile Gotico.
Così ci portano a dire le sue otto volte rettangolari che aumentano il senso di verticalità.
Il senso di ordine dei mattoni a vista e la totale essenzialità donano alla chiesa di Morimondo la sua maestosità.
Il Rinascimento e il Barocco non hanno alterato lo stile e l’ordine del XII secolo.
La rammento come parte centrale di una bella corte lombarda, cinta da un cascinale alle cui finestre splendevano folti gerani con mille fiori rossi che sbucavano tra foglie e foglie di un verde smagliante.
Cascate verdi e rosse da quelle bifore fatte da mattoni scuriti dal tempo che inesorabilmente è passato!

Il 29 giugno, poi, è il giorno del mio compleanno e io ne sono sempre felice; il passare del tempo appunto che con questo sgranarsi ti fa dono delle cose più inattese, magari insperate e non immaginate, è sempre sorpresa .
Il 29 giugno è, però, anche il mio onomastico visto che è la festa dei santi Pietro e Paolo e, la mia nascita in quel giorno, è origine dell’essere stata chiamata Paola.
Paola, per le cose strane della vita, visto che il nome scelto dalla mia mamma sarebbe dovuto essere Chiara, come si chiamava la nonna, morta in giovane età.
Ma lei, mia madre, era sola in quel momento, 1943, con i soldati italiani, tra cui il mio papà, stanziati in Russia, e le bombe che cadevano sulla mia Milano.
Proprio perché da sola con il suo pancione e gli aerei che ci bombardavano, la mamma, che a Milano non aveva parenti, decise di recarsi a Sermide, dove risiedevano i miei nonni paterni che lei non conosceva ancora essendosi sposata l’anno prima.
Forse aveva scritto qualche cartolina postale, forse aveva spedito in una busta una lettera di papà arrivata da Kiev, dove era stato trasportato il Comando militare in cui prestava la sua opera di barbiere.
Fu così che arrivammo dai nonni Edmea e Duilio, in quel paese, ultimo della Lombardia, sulla riva destra del Po.
A Sermide, i santi patroni sono, appunto, Pietro e Paolo, e la nonna Edmea pensò di dire alla mamma in dialetto sermidese:
“Sa nass ‘na putina (bambina), la ciamarem Paola”
E, così, fui Paola Chiara.

Quel 29 giugno 1980, a Morimondo, resta nella mia anima, un giorno speciale: ero lì, con mio marito Luigi e altri amici, per un momento di spiritualità e il nostro parroco che ci guidava, ci sottopose la riflessione sul capitolo 31 del libro dei Proverbi, La donna sapiente:

La donna sapiente

10 Com'è difficile trovare una donna
di carattere!
Essa vale molto di più delle perle di corallo.
11 Suo marito ha piena fiducia in lei
e non sarà mai un miserabile.
12 Per tutta la vita gli dà felicità,
mai dispiaceri.
13 Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le sue mani.
14 Fa venire da lontano le sue provviste,
simile ad una nave mercantile.
15 Si alza prima dell'alba,
prepara il cibo alla sua famiglia
e ordina alle sue serve quel che devono fare.
16 Investe il denaro, frutto del suo lavoro,
comprando un terreno coltivato a vigna.
17 Lavora con grande energia,
le sue braccia non sono mai stanche.
18 Controlla che i suoi affari vadano bene,
la sua lucerna resta accesa
fino a tarda notte.
19 Mette mano alla lana da filare
e gira il fuso con le sue dita.
20 È generosa con i poveri
e aiuta i bisognosi.
21 Quando nevica non ha preoccupazioni,
perché tutti i suoi familiari
hanno vestiti di lana.
22 Si fa coperte per i letti
e splendidi vestiti di lino rosso porpora.
23 Alle riunioni degli anziani del luogo
suo marito è molto stimato.
24 Ella confeziona vestiti e cinture
e le vende ai mercanti.
25 È forte, gode la stima di tutti,
non ha paura dell'avvenire.
26 Parla sempre con sapienza
e dà consigli pieni di bontà.
27 Non è mai pigra né indolente,
si preoccupa dell'andamento della sua casa.
28 I suoi figli ne sono orgogliosi
e suo marito ne fa l'elogio.
29 Egli dice: "Molte donne sono straordinarie, ma nessuna è come te!”



Il brano, per me nuovo, mi arrivò dritto al cuore e cominciai a riflettere che così sarei voluta essere.
Il mio “spirito” era decisamente in subbuglio e me ne stavo in disparte per risentire risuonare dentro le parole ascoltate.
A quel punto accadde l’“irreparabile”: il sacerdote chiese la disponibilità di una coppia per un impegno particolare, salvaguardare la vita nascente.

Noi ci scambiammo un’occhiata e qualche parola, come pronti, per dire “SI’ ALLA VITA”.
Il mio spirito era tormentato; la richiesta di p. Ferdinando mi portava continuamente a pensare come può una donna sopportare la ferita lasciata dalla rinuncia alla vita del figlio che è in lei?
Ci camminiamo accanto, ci parliamo, a volte, avviciniamo i nostri corpi che, però, come esseri viventi, sono informati dallo spirito.
Spirito, termine con cui si traduce il greco “pneuma”, che nella più antica accezione significava «respiro», «aria», «soffio animatore».
In questa definizione che si riferisce alla parte più ineffabile di ciascuno di noi, tutto parla di Vita, di respiro, di cosa larga, grande, e, proprio così, credo si possa definire l’esistenza del figlio se pur nascosto e piccolissimo.
E’ qualcosa destinata a crescere, ad assumere un senso irrinunciabile nella famiglia umana.
Cosa ne è dell’animo di una madre così ferita da una tale perdita?
Parlando di vita umana è impossibile non considerare il significato profondo della sua perdita, della sua mancanza.
Ciò costituisce nella donna ma anche nell’uomo, una lama di sofferenza che si insinua nella parte più intima della persona che ha subito questo evento, tanto da attirare a sé le energie vitali, minando alla radice le relazioni profonde, quelle che danno significato alla nostra esistenza.
Tanti anni fa, da poco avevo iniziato la mia attività di ascolto delle emozioni al Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli, una signora mi telefonò e, con grande sofferenza, mi chiese se sapessi dove venivano sepolti i piccoli bimbi abortiti.
“Sa, vorrei almeno portare un fiore al mio piccolo”; erano passati venti anni e io non ebbi cuore di dire la verità sulla sorte che viene riservata a ciò che il mio amico Giuliano nomina dolorosamente ma, contemporaneamente con grande sdegno, come “rifiuti ospedalieri speciali”.
Ecco perché, occupandomi di vita nascente, mi sono incontrata tante volte con il male dell’aborto tanto da volerci mettere mano.

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