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Idiozia e fanatismo dispotico alla Sapienza: dove è finita la ragione?

Fonte:
CulturaCattolica.it

Nella lettera di motivazione con cui i 67 professori della Sapienza si oppongono alla visita del Papa all’Università romana, si dice che Benedetto XVI asserisce che la Chiesa si è mossa nel processo a Galileo in modo più ragionevole di Galileo stesso. In realtà la sua è una citazione di Feyerabend: leggere per credere.
Tale citazione è nell’ambito di un discorso storico che mostra la crisi della cultura laica, che passa da un’esaltazione della scienza (periodo illuminista) a un ripensamento che arriva addirittura ad affermare la prevalenza delle conseguenze negative. Per questo si arriva (Feyerabend) ad affermare che la Chiesa ha fatto bene a fermare Galileo, o addirittura (C. F. Von Weizsacker) a vedere in Galileo il progenitore della bomba atomica, ultima conseguenza della scienza iniziata appunto con Galileo.
Tutt’altro è il pensiero del Papa, che afferma, a spiegazione delle citazioni fatte, con una chiarezza che non richiede commenti:
“Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande.
Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica”.
L’invito ad “allargare la ragione” che il Papa fa con insistenza è quanto mai opportuno di fronte allo spaventoso restringersi della ragione che constatiamo in ambiti, come quello dei docenti universitari che hanno accusato il Papa di essere nemico della scienza.
Certamente un atteggiamento ferocemente anticlericale si trovava già nei circoli illuministi della provincia francese del Settecento, che si riunivano dai bottegai o dai farmacisti del paese: ma una notevole rozzezza che può essere, se non giustificabile, spiegabile in un primo contatto con la scienza in persone di scarsa o nessuna cultura, può oggi trovare spazio in un ambito che dovrebbe essere il regno della scientificità vera e propria, fatta di precisione e di accurati riscontri delle proprie e altrui affermazioni?
“Noi ci dicevamo umiliati ed offesi dal fatto che un Papa ostile alla scienza fosse invitato a tenere la Lectio magistralis”, afferma il fisico Andra Frova, dell’Università La Sapienza, dando come motivazione una frase di Feyerabend, che erroneamente, attribuisce al Papa. Come è possibile un simile errore di lettura degno di un semianalfabeta?
No, non si tratta di ignoranza (o magari c’è un po’ anche di quella, nonostante i titoli accademici?). Come dice Pierluigi Battista (Corriere della Sera, 14 gennaio 2008), si tratta di pregiudizio bello e buono. Che significa, prosegue l’articolista, “non contrarietà a un argomento, ma sordità preventiva al cospetto di qualsiasi argomento…ostilità a priori, a prescindere da ciò che si dirà e da come lo si dirà”. Di più, l’uso della menzogna come arma per screditare l’“avversario”.
Ma non sono queste le caratteristiche di un atteggiamento irresponsabile e fanatico, che ignora la ragione? E se questo atteggiamento lo assumono dei docenti universitari, che non sembrano solo i “nuovi barbari”, ma impersonano il prototipo dei “cattivi maestri”, ci possiamo poi stupire se gli studenti che li seguono (pochi per fortuna) organizzano l’occupazione del Rettorato e una manifestazione sotto forma di goliardica “frocessione” nei viali dell’Università?
Per fortuna non tutti hanno smarrito il senno: Massimo Cacciari che clericale e di destra non si può proprio definire, commenta la vicenda della contestazione con la frase “è sempre fertile il grembo che partorisce i cretini”. E Livia Turco aderisce alla “veglia laica” di Giuliano Ferrara per affermare “il carattere illiberale della contestazione del diritto di parola” al professor Joseph Ratzinger.
Quest’ultima iniziativa mette il dito su una ulteriore piaga della vicenda: non solo di idiozia si tratta, ma di un vero attacco alla democrazia. Lo si afferma in un ampio e articolato fondo di prima pagina del Corriere, a firma Ernesto Galli della Loggia, il quale afferma tra l’altro: “C’è l’idea che in una democrazia che vuole essere tale la religione debba essere esclusa da qualsiasi spazio pubblico… Idea inquietante che mette inevitabilmente capo a una sorta di obbligatorio laicismo di Stato, di pubblica preferenza sociale accordata all’irreligiosità: tutta roba in cui l’autentica tradizione liberale si è sempre ben guardata dal riconoscersi, ravvisandovi giustamente una più che probabile anticamera del dispotismo”. (“Laicismo obbligatorio”, in “Corriere della Sera”, 15 gennaio 2008).
Quanto sono lontani questi epigoni del laicismo dall’apertura del laico e illuminista Voltaire, al quale si attribuisce questa frase: “Non condivido ciò che dici, ma sarei disposto a dare la vita affinché tu possa dirlo”!

Volantino degli universitari di CL
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