L’amor che muove il sole e l’altre stelle
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«Ciò va inteso in senso non poetico, ma reale. Così lo intendeva del resto lo stesso Dante, quando, nel verso sublime che conclude il Paradiso e l’intera Divina Commedia, definisce Dio “l’amor che muove il sole e l’altre stelle” (Paradiso, XXXIII, 145). Questo significa che le stelle, i pianeti, l’universo intero non sono governati da una forza cieca, non obbediscono alle dinamiche della sola materia. Non sono, dunque, gli elementi cosmici che vanno divinizzati, bensì, al contrario, in tutto e al disopra di tutto vi è una volontà personale, lo Spirito di Dio, che in Cristo si è rivelato come Amore (Enc. Spe salvi, 5). Se è così, allora gli uomini – come scrive san Paolo ai Colossesi – non sono schiavi degli “elementi del cosmo” (Col 2,8), ma sono liberi, capaci di relazionarsi alla libertà creatrice di Dio. Egli è all’origine di tutto e tutto governa non alla maniera di un freddo e anonimo motore, ma quale Padre, Sposo, Amico, Fratello, quale Logos, “Parola – Ragione” che si è unita alla nostra carne mortale una volta per sempre ed ha condiviso pienamente la nostra condizione, manifestando la sovrabbondante potenza della sua grazia. C’è dunque nel cristianesimo una peculiare concezione cosmologica, che ha trovato nella filosofia e nella teologia medioevali delle altissime espressioni. Essa, anche nella nostra epoca, dà segni interessanti di una fioritura, grazie alla passione e alla fede di non pochi scienziati, i quali – sulle orme di Galileo – non rinunciano né alla ragione né alla fede, anzi le valorizzano entrambe fino in fondo, nella loro reciproca fecondità” (come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità)» [Benedetto XVI, Omelia dell’Epifania, 6 gennaio 2009].
Il pensiero cristiano paragona il cosmo ad un “libro” attraverso il quale risuona la Parola di Dio analogamente alle Sacre Scritture
In questo anno 2009, che, nel 4° centenario delle prime osservazioni di Galileo Galilei al telescopio, è stato dedicato in modo speciale all’astronomia, non possiamo non prestare particolare attenzione al simbolo della stella, tanto importante nel racconto evangelico dei Magi (Mt 2,1-12). Essi erano con tutta probabilità degli astronomi. Dal loro punto di osservazioni, posto ad oriente rispetto alla Palestina, forse in Mesopotamia, avevano notato l’apparire di un nuovo astro, ed avevano interpretato questo fenomeno celeste come l’annuncio della nascita di un re, precisamente, secondo le Sacre Scritture, del re dei Giudei (Nm 24,17). I Padri della Chiesa hanno visto in questo singolare episodio narrato da san Matteo anche una sorte di “rivoluzione” cosmologica, causata dall’ingresso nel mondo del Figlio di Dio, la Ragione per cui il Padre nello Spirito Santo tutto ha creato. Ad esempio, san Giovanni Crisostomo scrive: “Quando la stella giunse sopra il bambino, si fermò, e ciò poteva farlo soltanto una potenza che gli astri non hanno: prima, cioè, nascondersi, poi apparire di nuovo, e infine arrestarsi” (Omelia sul Vangelo di Matteo, 7,3). San Gregorio di Nazianzo afferma che la nascita di Cristo impresse nuove orbite agli astri. Il che è chiaramente da intendersi in senso simbolico e teologico. In effetti, mentre una teologia pagana divinizzava gli elementi e le forze del cosmo, e l’attuale secolarismo e ateismo dà il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, le due ali di fede cristiana e ragione di ogni uomo, portando a compimento la rivelazione biblica, contempla un unico Dio, Creatore, Signore e Logos – Amore dell’intero universo e riconduce ad esso la nostra intelligenza e la nostra libertà. Dalla testimonianza dei testi biblici di Esodo 3 fino alla formula “Io sono” che Gesù applica a se stesso nel Vangelo di Giovanni emerge che l’unico Verbo, Logos di Dio, l’unica Parola di Dio dell’Antico e del Nuovo testamento è l’Essere che esiste da se stesso e in eterno, tutto in atto, a fondamento dell’atto d’essere di ogni ente che viene all’esistenza, Creatore di tutti e di tutto, ricercato con la ragione dai filosofi, dagli astrologi come i Magi. Certo i sacerdoti e gli scribi di Gerusalemme, attraverso la Parola di Dio risuonata attraverso i profeti sapevano dove, quando e da chi sarebbe nato, notizie impossibili alla sola ragione e questo Dio che storicamente si rivela supera radicalmente ciò che la sola ragione, che i filosofi (e ogni uomo è capace di filosofia) erano giunti o giungono ad argomentare di Lui.
In primo luogo, infatti, Dio è nettamente trascendente, distinto dalla natura, dal cosmo che Egli ha liberamente creato: solo con fede e ragione la “fisica” e la “metafisica” giungono a una chiara distinzione l’una dall’altra. E soprattutto lo spirito umano che si innalza verso la contemplazione della realtà in tutti fattori cioè della verità attraverso le due ali di fede e ragione si incontra storicamente con un Dio che non è una realtà a noi inaccessibile, che noi non possiamo incontrare e a cui sarebbe inutile rivolgersi nella preghiera, come ritenevano i filosofi di sola ragione: c’è una continua alleanza tra Dio e gli uomini. Il Dio che emerge dalla Sacre Scritture ama ogni uomo e per questo entra personalmente, come un Tu nella storia umana e per rivelarlo a tutte le genti, ai molti dà vita ad una autentica storia d’amore con i pochi di Israele, suo popolo, e poi in Gesù Cristo, non solo dilata questa storia di amore e di salvezza di ogni uomo che egli ama, che punta a rendere giusto da peccatore, ma la conduce all’estremo, al punto da lasciarsi uccidere, di “rivolgersi contro se stesso”, nella croce del proprio Figlio, per rialzare con il dono del Suo Spirito l’uomo e salvarlo, liberarlo, chiamandolo a quell’unione di amore di amore con Lui che culmina nell’Eucaristia. L’Epifania, la “manifestazione” della presenza di nostro Signore Gesù Cristo, è un mistero multiforme. La tradizione latina lo identifica con la visita dei Magi al bambino Gesù in braccio alla madre a Betlemme, e dunque lo interpreta soprattutto come rivelazione dell’incarnazione dell’Essere, del Messia d’Israele ai popoli pagani che ne avevano diritto. La tradizione orientale, invece, privilegia il momento del battesimo di Gesù nel fiume Giordano, quando egli si manifestò con la prima esplicita teofania del Dio vivente cioè quale Figlio Unigenito del Padre celeste, consacrato dallo Spirito Santo. Ma il vangelo di Giovanni invita a considerare “epifania dell’unico Dio vivente, Padre, Figlio, Spirito Santo, dell’Essere Ragione, Logos di tutto ciò che esiste” anche le nozze di Cana, dove Gesù, mutando l’acqua in vino, “manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cedettero in lui” (Gv 2,11). “E che dovremmo dire noi, cari fratelli – così ha attualizzato mistagogicamente la Parola di Dio Benedetto XVI nell’Omelia dell’Epifania –, specialmente noi sacerdoti della nuova Alleanza, che ogni giorno siamo testimoni e ministri dell’”epifania” di Gesù Cristo nella santa Eucaristia? Tutti i misteri del Signore la Chiesa li celebra in questo santissimo e umilissimo Sacramento, nel quale egli al tempo stesso rivela e nasconde la sua gloria:”Adoro te devote, latens Deitas” – adorando, preghiamo così con san Tommaso d’Aquino.
Nel “libro” del cosmo che rivela la Parola di Dio, addirittura l’“assolo”, è Gesù
Il pensiero cristiano di fede – ragione – amore paragona il cosmo ad un “libro” – così diceva lo stesso Galileo –, considerandolo come l’opera di un Autore che si esprime mediante la “sinfonia” del creato. All’interno di questa sinfonia si trova, a un certo punto, quello che si direbbe in linguaggio musicale un “assolo”, un tema affidato ad un singolo strumento o ad una voce; ed è così importante che da esso dipende il significato dell’intera opera. Questo “assolo” è Gesù, a cui corrisponde, appunto, un segno regale: l’apparire di una nuova stella nel firmamento. Gesù è paragonato dagli antichi scrittori cristiani ad un nuovo sole. Secondo le attuali conoscenze astrofisiche, noi lo dovremmo paragonare ad una stella ancora più centrale, non solo per il sistema solare, ma per l’intero universo conosciuto. In questo misterioso disegno, al tempo stesso fisico e metafisico, che ha portato alla comparsa dell’essere umano quale coronamento degli elementi del creato, è venuto al mondo Gesù: “nato da donna” (Gal 4,4), come scrive san Paolo. Il Figlio dell’uomo riassume in sé la terra e il cielo, il creato e il Creatore, la carne e lo Spirito. E’ il centro del cosmo e della storia, perché in Lui si uniscono senza confondersi l’Autore e la sua opera. Su queste basi diventa di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme. E’ questo oggi un compito che sta davanti a noi, un’avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza.
Nel Gesù terreno si trova il culmine della creazione e della storia, ma nel Cristo risorto si va oltre perché non è affatto un semplice ritorno alla nostra vita terrena: il passaggio, attraverso la morte, alla più grande “mutazione” mai accaduta, il “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso, nella vita veramente vita eterna per l’anima e per il corpo in cieli nuovi e terra nuova che anticipa il punto della “ricapitolazione” di tutto in Cristo (Ef 1,10).
Tutte le cose, infatti – scrive l’Apostolo –, “sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (Col 1,16). E proprio con la risurrezione dai morti Egli ha ottenuto “il primato su tutte le cose” (Col 1,18). Lo afferma Gesù stesso apparendo ai discepoli dopo la risurrezione: “A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt 28,18). Questa consapevolezza sostiene il cammino della Chiesa, Corpo di Cristo, lungo i sentieri della storia. Non c’è ombra, per quanto tenebrosa, che possa oscurare la luce di Cristo. Per questo nei credenti in Cristo non viene mai meno la speranza, anche oggi, dinnanzi alla grande crisi sociale ed economica che travaglia l’umanità, davanti all’odio e alla violenza distruttrice che non cessano di insanguinare molte regioni della terra, dinnanzi all’egoismo e alla pretesa dell’uomo di ergersi come dio di se stesso, che conduce talora a pericolosi stravolgimenti del disegno divino circa la vita e la dignità di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, circa la famiglia e l’armonia del creato. Il nostro sforzo di liberare la vita umana e il mondo dagli avvelenamenti e dagli inquinamenti che potrebbero distruggere il presente e il futuro, conserva il suo valore e il suo senso anche se apparentemente non abbiamo successo o sembriamo impotenti di fronte al sopravvento di forze ostili, perché “è la grande speranza poggiante sulle promesse di Dio che, nei momenti buoni come in quelli cattivi, ci dà coraggio e orienta il nostro agire” (Spe salvi n. 35).
La signoria universale di Cristo si esercita in modo speciale sulla Chiesa. “Tutto infatti – si legge nella Lettera agli Efesini – (Dio) ha messo sotto i suoi piedi/ e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di Lui,/ la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose” (Ef 1,22-23). L’Epifania è la manifestazione del Signore, e di riflesso è la manifestazione della Chiesa, perché il Corpo non è separabile dal Capo. La Chiesa è umanità illuminata, “battezzata” nella gloria di Dio, cioè nel suo amore, nella sua bellezza, nella sua signoria. La Chiesa sa che la propria umanità, con i suoi limiti e le sue miserie, pone in maggiore risalto l’opera dello Spirito santo. Essa non può vantarsi di nulla se non nel suo Signore: non da lei proviene la luce, non è sua gloria. Ma proprio questa è la sua gioia, che nessuno potrà toglierle: essere “segno e strumento” cioè sacramento universale di Colui che è “lumen gentium”, luce dei popoli (LG 1).
“Cari amici – ha concluso Benedetto XVI –, in questo anno paolino, la festa dell’Epifania invita la Chiesa e, in essa, ogni comunità ed ogni singolo fedele, ad imitare, come fece l’Apostolo delle genti, il servizio che la stella rese ai Magi d’Oriente guidandoli fino a Gesù. Che cosa è stata la vita di Paolo, dopo la sua conversione, se non una “corsa” per portare ai popoli la luce di Cristo e, viceversa, condurre i popoli a Cristo? La grazia di Dio ha fatto di Paolo una “stella” per le genti. Il suo ministero è esempio e stimolo per la Chiesa a riscoprirsi essenzialmente missionaria e a rinnovare l’impegno per l’annuncio del Vangelo, specialmente a quanti ancora non lo conoscono. Ma, guardando a san Paolo, non possiamo dimenticare che la sua predicazione era tutta nutrita delle Sacre Scritture. Perciò, nella prospettiva della recente Assemblea del Sinodo dei Vescovi, va riaffermato con forza che la Chiesa e i singoli cristiani possono essere luce, che guida a Cristo, solo se si nutrono assiduamente e intimamente della Parola di Dio. E’ la Parola che illumina, purifica, converte, non siamo certo noi. Della Parola di vita noi non siamo che servitori. Così Paolo concepiva se stesso e il suo ministero: un servizio al Vangelo. “Tutto io faccio per il Vangelo” – egli scrive (1 Cor 8,23). Così dovrebbe poter dire anche la Chiesa, ogni comunità ecclesiale, ogni Vescovo ed ogni presbitero: tutto io faccio per il Vangelo. Cari fratelli e sorelle, pregate per noi, Pastori della Chiesa, affinché assimiliamo quotidianamente la Parola di Dio, posiamo trasmetterla fedelmente ai fratelli. Ma anche noi preghiamo per voi, fedeli tutti, perché ogni cristiano è chiamato per il battesimo e la Confermazione ad annunciare Cristo luce del mondo, con la parola e la testimonianza della vita. Ci aiuti la Vergine Maria, Stella dell’evangelizzazione, a portare a compimento insieme questa missione, e interceda per noi san Paolo, Apostolo delle genti”.