Inguaribili uomini della speranza
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Avevo letto la mail che invitava al dibattito di Radioanch’io sulla sentenza di Strasburgo, e mi sono dato subito da fare. Innanzitutto mi sono informato bene su quello che era accaduto, sulla questione affrontata. Poi, a seguito di un dialogo con Luisella Saro, con Gianfranco Amato , con Stefano Spinelli e con Nerella Buggio, abbiamo deciso gli articoli da mettere sul sito. Poi, subito, la risposta a Radioanch’io. «Fate bene a parlare di queste cose, non dimenticate l’esperienza!»
La mattina presto, una telefonata alla Rai. «Sì, abbiamo visto la sua mail. Non abbiamo avuto il tempo di guardare i link». E allora ecco che ho fatto per telefono il racconto di quanto pubblicato, con la sottolineatura della ricchezza di esperienze vissute a scuola, insieme ad una ragazza affetta da fibrosi cistica.
E poi l’attesa. Di sentire le ragioni, di essere chiamato, di avere risposta alle nuove mail inviate durante la trasmissione; il tentativo di chiamare al telefono per rispondere alla richiesta di testimonianze dal vivo.
Epperò nulla. Le telefonate in diretta sono state poche, e la mia speranza di poter raccontare come col sito diamo voce a chi non ha voce (e sono proprio tanti, e sono sempre commosso dalla risposta dei visitatori che non solo firmano, ma esprimono un giudizio vero e sofferto, carico di speranze) non sembra avere avuto conforto.
Tutto inutile, allora? Non credo proprio. Innanzitutto per i rapporti vissuti, perché la prima novità nel mondo è una amicizia portatrice di speranza. E poi perché – anche attraverso l’ascolto della trasmissione – è stato sempre più evidente che quello che Cristo porta all’uomo è un bene carico di rispetto e di dignità. Infine, per la ritrovata consapevolezza che la verità ha solo bisogno di uomini che le si affidino e che ne siano testimoni.
Dove sta la proposta della Bonino, che per affermare la libertà deve cancellare chi fa problema? Dove sta la consistenza di Flamigni, per cui, di fronte alla vita di un uomo (se pur in piccolo, in formazione) sa solo parlare di gocce, di sperma, di «cose» e non di un disegno da accogliere, amare e rispettare così come è?
Si doveva parlare della accoglienza di persone che portano nella loro vita lo stigma della sofferenza, e si è finito per parlare di sterilità, di diritto al figlio (che per forza deve essere sano), di Far West (ovviamente vaticano…).
Chissà se riusciremo a raccontare la bellezza della vita con lo stupore di Madre Teresa? Con l’entusiasmo di Giovanni Paolo II? Colla semplicità di quella alunna di Luisella che non ha mai pensato «avrei preferito non nascere». Mai?
Noi, inguaribili uomini della speranza, non smetteremo mai di pensare che – prima o poi – riusciremo a dire, anche alla radio, ciò che muove la nostra vita.
Intanto non smettiamo di dirlo con il nostro sito, che ha una sola autorevolezza: quella di chi con tenacia non si rassegna a lasciare andare le cose, perché «tanto non possiamo farci nulla».
Crediamo al detto dei Padri della Chiesa: «Convertiti, e mille, intorno a te, si convertiranno».