Un antidoto all’eutanasia: visitare gli ammalati
Come tutte le statistiche e indagini rivelano, nessun malato chiede la morte se è curato, cioè se c’è qualcuno che si prende cura di lui non solo dal punto di vista farmacologico-terapeutico come è necessario, ma anche dal punto di vista umano, ponendo attenzione alle relazioni, ai suoi bisogni quotidiani e a quelli spirituali.- Autore:
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In questo periodo natalizio ci sembra bello sottolineare lo spirito con cui Papa Benedetto XVI è stato nelle scorse settimane a trovare i malati terminali e i malati in stato vegetativo all’Hospice Fondazione Roma. I momenti di vacanza ci sollecitano a ricordare la vicinanza e la visita ai malati che umanamente e cristianamente siamo chiamati a vivere. Noi abbiamo approfittato di un po’ di tempo libero e abbiamo visitato amici malati che si trovano in ospedale o a casa, e anche la nostra amica Erminia in stato vegetativo; lei ci aiuta in particolare a ricordare il valore che la vita ha sempre! Nessuno può mettere in dubbio che sia viva! L’incontro coi malati e con chi ha meno di noi ci aiuta ad allontanare la paura dell’ignoto legato al dolore e alla sofferenza che ci viene sempre raccontato ma raramente diventa incontro.
La visita che ha compiuto il Papa ci sembra molto significativa, e ancora una volta rende testimonianza della vita di queste persone malate e delle loro famiglie, e richiama i medici, noi e la società e la Chiesa alla necessità di stare loro vicini. Benedetto XVI durante la visita ha detto “non sempre è possibile trovare una cura per ogni malattia, e, di conseguenza, negli ospedali e nelle strutture sanitarie di tutto il mondo ci si imbatte sovente nella sofferenza di tanti fratelli e sorelle incurabili, e spesso in fase terminale. Oggi, la prevalente mentalità efficientistica tende spesso ad emarginare queste persone, ritenendole un peso ed un problema per la società. Chi ha il senso della dignità umana sa, invece, che esse vanno rispettate e sostenute mentre affrontano le difficoltà e la sofferenza legate alle loro condizioni di salute.” Infatti, come tutte le statistiche e indagini rivelano, nessun malato chiede la morte se è curato, cioè se c’è qualcuno che si prende cura di lui non solo dal punto di vista farmacologico-terapeutico come è necessario, ma anche dal punto di vista umano, ponendo attenzione alle relazioni, ai suoi bisogni quotidiani e a quelli spirituali. Anzi a visitarli e a conoscerli si scoprono iniziative e forme di espressione della volontà di vivere nella quotidianità dei malati sconosciute ai più. Benedetto XVI scrive nel testo della Giornata del malato: “ogni cristiano è chiamato a rivivere, in contesti diversi e sempre nuovi, la parabola del buon Samaritano, il quale, passando accanto a un uomo lasciato mezzo morto dai briganti sul ciglio della strada, "vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno»" (Lc 10, 33-35)”. Nell’Enciclica Spe salvi Benedetto XVI rispiega il senso della sofferenza: "non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l'uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l'unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore" (n. 37)
Oggi invece sempre più spesso si contrappone alla cura del malato la libertà di autodeterminazione fin quasi a richiedere il diritto alla morte, come per esempio succede in Svizzera, dove ci sono agenzie specializzate nel suicidio assistito che, sempre più, allarga i confini alle persone che pur non essendo malate sono “stanche” di vivere, o non trovano più un senso o uno scopo al vivere; ha luogo così anche lo strano fenomeno del “turismo della morte”. Questa naturalmente non è la strada del bene, ma quella della rassegnazione e della non valorizzazione della persona umana, qualunque sia la sua condizione, della riduzione della persona solo al suo efficientismo. Andrebbe maggiormente sottolineato invece che il malato non deve essere abbandonato, e quindi vanno aumentati i servizi verso i malati terminali e quelli in gravi situazioni di disabilità . Il Papa dice: “occorre offrire ai malati gesti concreti di amore, di vicinanza e di cristiana solidarietà per venire incontro al loro bisogno di comprensione, di conforto e di costante incoraggiamento. È quanto viene felicemente realizzato qui, all’Hospice Fondazione Roma, che pone al centro del proprio impegno la cura e l’accoglienza premurosa dei malati e dei loro familiari, in consonanza con quanto insegna la Chiesa, la quale, attraverso i secoli, si è mostrata sempre come madre amorevole di coloro che soffrono nel corpo e nello spirito”.
Innanzitutto è sbagliato e fuorviante contrapporre il diritto alla vita al diritto alla libertà. La libertà punto essenziale e irrinunciabile, non è la libertà intesa nel senso che “se non faccio del male agli altri allora posso fare qualsiasi cosa”, ma è la libertà di amare e di essere amato. La libertà infatti non è fine a se stessa, e oggi bisogna riscoprirne il senso vero: libertà è una dote intrinseca all’uomo, la libertà di scelta è e deve essere la libertà per il bene, è libertà con gli altri cioè relazione: una dimensione intrinseca dell’uomo infatti è il suo essere in relazione con gli altri e con Dio. La libertà non può quindi prescindere da questo essere in relazione con, e quindi ad esso deve essere commisurata. In tal senso tutte le legislazioni, anche quella che si sta discutendo in Italia non possono prescindere da questo elemento oggettivo, e quindi ogni richiesta di eutanasia è intrinsecamente sbagliata, perché lede sia il diritto alla vita sia l’autentico diritto alla libertà. Concludiamo con queste parole di Benedetto XVI che ci richiama questo insegnamento di Gesù: “Il Signore viene, è qui, accanto a noi! Questa certezza cristiana ci aiuti a comprendere anche la "tribolazione" come il modo con cui Egli può venire incontro e diventare per ciascuno il "Dio vicino" che libera e salva. Il Natale, al quale ci stiamo preparando, ci offre la possibilità di contemplare il Santo Bambino, la luce vera che viene in questo mondo per manifestare "la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini" (Tt 2,11)”.