Londra: abbandono terapeutico dei malati terminali
Secondo uno studio pubblicato recentemente dalla Barts and the London School of Medicine and Dentistry, nel 2007 e nel 2008 il 16,5 % delle morti nel Regno Unito è stato causato da forti e costanti dosi di sedativi, il doppio di quelle utilizzate in Belgio e in Olanda.- Autore:
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Da Londra giungono in questi giorni delle notizie che dovrebbero fare riflettere: i malati terminali sono lasciati senza cibo e acqua e senza cura. La denuncia arriva da un gruppo di medici britannici, specializzati in cure palliative. Secondo i medici, i malati in fin di vita sarebbero stati abbandonati a se stessi, privati di acqua e cibo e sedati in attesa di morire. Secondo uno studio pubblicato recentemente dalla Barts and the London School of Medicine and Dentistry, nel 2007 e nel 2008 il 16,5 % delle morti nel Regno Unito è stato causato da forti e costanti dosi di sedativi, il doppio di quelle utilizzate in Belgio e in Olanda.
Questi risultati sono l’esito dell’applicazione di alcune direttive che si ispirano al sistema Liverpool Care Pathway (Lcp), secondo le quali ai malati terminali è possibile togliere idratazione e medicine, per poi lasciarli sotto sedativi fino alla morte. Ovviamente lo scopo è quello di «alleviare le sofferenze del malato terminale».
Non possono che tornarci in mente le richieste e le motivazioni che hanno spinto la battaglia pro eutanasia in Italia e nel caso di Eluana hanno portato a richiedere la sospensione dell’idratazione. Quando sostenevamo che il vero pericolo non è l’accanimento terapeutico ma l’abbandono terapeutico molti hanno storto il naso, ci viene sempre detto che esasperiamo ed esageriamo alcuni timori e fattori; ci rammarichiamo invece di dover constatare che le nostre preoccupazioni sono reali, e purtroppo dove la battaglia culturale per la vita ha ceduto sulla difesa dei presupposti del legame di fiducia medico-paziente e sul dovere di curare e di dare quei sostegni vitali che non possono essere dichiarate terapie, le porte all’abbandono arbitrario dei malati e a percorsi eutanasici incontrollabili si sono aperte. Anzi occorre sottolineare come la libertà di scelta del paziente, alla base delle richieste di apertura a tali pratiche, venga poi sottomessa alla decisione di medici che decidono chi è in stato terminale e come deve morire. Attualmente in Gran Bretagna un paziente viene diagnosticato 'in fin di vita' da un team medico, dopo che gli specialisti ne hanno constatato alcuni sintomi, senza tener conto, come sottolineato dai medici che hanno dato l’allarme su questa pratica, che prevedere la morte non è scienza esatta. Da qui la decisone di non seguire più il malato dandogli dei sedativi, che non prende in considerazione neanche la possibilità di un miglioramento, tutto il contrario del prendersi cura del malato: un vero e proprio abbandono. Ci chiediamo quanto le scelte economiche incidano in queste pratiche, che dimostrano che il vero pericolo per i malati terminali è l’abbandono terapeutico. Anche il codice di deontologia medica richiama al dovere del medico di tutelare la vita, la salute fisica e psichica dell'uomo e di dar sollievo alla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana.
“Occorre affermare con vigore l’assoluta e suprema dignità di ogni vita umana. Non muta, con il trascorrere dei tempi, l’insegnamento che la Chiesa incessantemente proclama: la vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza.” (Benedetto XVI, Giornata Mondiale del Malato 2009).
Bisogna riscoprire il significato della sofferenza in senso cristiano; la potenza dell’amore è più forte del male che ci minaccia. “Maria invita tutti gli uomini di buona volontà, tutti coloro che soffrono nel cuore o nel corpo, ad alzare gli occhi verso la Croce di Gesù per trovarvi la sorgente della vita, la sorgente della salvezza. Vorrei dire, umilmente, a coloro che soffrono e a coloro che lottano e sono tentati di voltare le spalle alla vita: volgetevi a Maria! Nel sorriso della Vergine si trova misteriosamente nascosta la forza per proseguire il combattimento contro la malattia e in favore della vita. Presso di lei si trova ugualmente la grazia di accettare senza paura né amarezza il congedo da questo mondo, nell’ora voluta da Dio.” (Benedetto XVI, omelia pronunciata a Lourdes, 15 settembre 2008). Rivolgendosi alle migliaia di fedeli riuniti a piazza San Pietro per la XXXI Giornata per la vita, il Pontefice aveva sottolineato che “la vera risposta non può essere dare la morte, per quanto "dolce", ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano”.