Curare? Sempre. Tre libri sulle malattie inguaribili

Le malattie inguaribili. Curare? Sempre, a cura di Marco Botturi e Luciano Riboldi.
Terri Schiavo e l’umano nascosto. La medicina tecnologica e lo stato vegetativo
, di Giovanni Battista Guizzetti.
La morte dell’eutanasia. I medici difendono la vita
, a cura di Carlo Valerio Bellieni e Marco Maltoni.
Collana Bioetica - Società Editrice Fiorentina - www.sefeditrice.it

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Oggi in Italia una persona su quattro soffre a causa di una patologia cronica e quasi due milioni di famiglie vivono con un congiunto non autosufficiente a lungo termine”.

Tutti vediamo che questa “cronicità” è una realtà in aumento, ma al giorno d’oggi solo alla patologia guaribile è riservata, con tutte le sue conquiste, la moderna medicina: l’incurabilità invece sembra non riguardarla.

Ma ci sono medici, infermieri, tecnici e amministratori per cui i pazienti che sono solo in attesa della morte un valore ce l’hanno e raccontano le loro esperienze in questi tre interessanti libretti (un centinaio di pagine ognuno) di “Società Editrice Fiorentina”.

Con grande semplicità e con tanta passione questi uomini, che i media praticamente ignorano, raccontano del loro sconosciuto lavoro che consiste prima di tutto nel giocarsi in un rapporto con il malato, perché come dicono “solo dentro un rapporto i conti tornano”.

Certo le loro cure non servono a guarire ma ad accompagnare con dignità i pazienti alla morte, compito che nella nostra società di fatto non esiste più; per loro non è questione di come e quando staccare la spina: “…il desiderio di morire l’abbiamo sempre definito patologia… quando insorge cerchiamo di combatterlo... non di assecondarlo… Anche se la malattia è inguaribile la persona è sempre curabile.
Non è la malattia che genera disperazione ma solo la solitudine che prende quando non si ha più un abbraccio che sostiene e aiuta a non abbandonare la vita
.”

Ci spiegano cosa è realmente lo stato vegetativo, come curano le sofferenze, aiutano le famiglie dei degenti, come hanno superato ostacoli finanziari e burocratici e ci fanno capire come i cosiddetti malati terminali siano da considerarsi pazienti come gli altri anche se con una invalidità grave di modo che la sanità nei loro confronti dovrà rivedere le sue posizioni.

Come definirli allora: capaci, testardi, eroi? Fanno quello per cui l’ospedale era nato: accogliere e prendere in carico il sofferente, si ritengono solo realisti: “il realismo sposta l’energia dalla pretesa alla responsabilità…” cioè non aspettano risorse o progetti cominciano con cio’ che hanno, loro stessi.

Dare speranza quando tutto gioca contro” è il loro motto.