La lezione di Nelson Mandela 6 - Ubuntu: la scoperta della solidarietà
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La solidarietà
E una prima folgorante intuizione si fa strada in lui, intuizione che attinge al cuore della sua storia passata, agli insegnamenti appresi, alla tradizione della sua terra: non ci si salva da soli.
Nella Prefazione al testo dello Stengel è riportata questa affermazione del protagonista: In Africa esiste un concetto chiamato Ubuntu, il cui senso profondo è che noi siamo uomini solo grazie all'umanità altrui e che se, in questo mondo riusciamo a realizzare qualcosa di buono, il merito sarà in egual misura anche del lavoro e delle conquiste degli altri.
Mandela capisce, come commenta Angelo Inzoli, che nessuna resistenza prolungata, in circostanze così dure, poteva essere praticabile in solitudine. Nella sua strategia di lotta era vitale creare una alleanza con i compagni di prigionia nonché perforare il muro di indifferenza e di ostilità delle guardie. Creare un clima di familiarità e a volte delle opportunità di scambio con i guardiani aveva ai suoi occhi un potenziale eversivo rispetto alla logica dell’apartheid, che aveva basato tutta la sua efficacia sul rifiuto perentorio di ogni forma di integrazione e sull’indottrinamento sistematico dell’elettorato bianco, allertato permanentemente contro il “pericolo nero”. (10)
Con nuovi occhi sono guardate le persone che lo circondano, vittime e carcerieri.
Nella comunità fraterna, di aiuto solidale, di risorse condivise che viene lentamente a costituirsi fra internati, si affronta assieme ogni problema, il lavoro forzato, il cibo, la posta censurata, le richieste da avanzare, il comportamento da tenere. Piccole conquiste migliorano col passare del tempo le condizioni di vita dei detenuti. Non esistendo orologi e calendari, i prigionieri perdono la nozione del tempo e anche il proprio equilibrio mentale. E Mandela fra le prime cose che fa disegna un calendario sul muro della cella, per l’utilità sua e di tutti. Scrive lettere ogni giorno, ai famigliari e agli amici per conservare vivo il rapporto con le persone amate e l’Associazione, e chiede di coltivare un piccolo pezzetto di terra che trasforma in orto , delle poche verdure del quale fa dono ai compagni e ai carcerieri, conquistandosi lentamente la stima, l’aiuto e la confidenza ( alcuni vengono da lui di nascosto per chiedergli consiglio), diventa imbattibile nel gioco della dama vincendo anche i più giovani per la sua pacatezza e capacità di attenta osservazione.
Si dedica a studiare l’afrikaans e con l’insistenza ottiene dei libri di grammatica. Sa che è importante conoscere la lingua dei bianchi e oltre ad essa la loro storia, arte, letteratura. Non ci si può incontrare e parlare senza una lingua comune e la conoscenza del passato e della cultura di chi ci sta di fronte. E da uomo libero, osserva lo Stengel, frequenti saranno nei suoi discorsi i richiami alla storia, alle guerre, ai generali afrikaner, che avevano combattuto contro il dominio britannico.
Poichè nello stesso blocco di sicurezza si trovano riuniti tutti i prigionieri politici, Nelson si impegna a dare loro un’istruzione, per educarli, convinto, come spesso ripeteva, che: "L'educazione è l'arma più potente che può cambiare il mondo". Per realizzare una nuova società occorrono uomini che accanto a lui non solo riacquistino l’orgoglio della propria dignità, ma che sappiano leggere e scrivere e intendersi un po’ di politica e dopo un anno di lezioni ai detenuti, senza libri e senza sedie, ottengono alcuni sgabelli su cui sedersi e una tavoletta su cui scrivere.
Egli spiega ai suoi compagni che fra gli afrikaner, cioè i membri della popolazione dell'Africa meridionale (soprattutto Sudafrica e Namibia) di pelle bianca (11) e gli africani, la popolazione di colore, ci sono profonde somiglianze: entrambi hanno sofferto, subito la presenza di dominatori, lottato per la loro indipendenza. Una sola è la sofferenza per la quale Mandela non ha mai trovato rimedio né pacificazione in carcere: la forzata lontananza dalla propria famiglia
NOTE
10) Angelo Inzoli, Nelson Mandela, dalla lotta al dialogo, Aggiornamenti sociali, dicembre 2013.
11) Il termine afrikaner si riferisce ai membri della popolazione dell'Africa meridionale (soprattutto Sudafrica e Namibia) di pelle bianca, di estrazione calvinista ugonotta olandese, francese, belga o tedesca e che parlano l'afrikaans, una lingua derivata principalmente dall'olandese del XVII e XVIII secolo, che oggi integra prestiti dai linguaggi africani e dalla lingua inglese. Il suo primo utilizzo risale al 1707 ma non venne usato ampiamente fino a dopo la guerra Anglo-Boera agli inizi del XX secolo. Prima di allora le varie comunità bianche di lingua afrikaans erano conosciute come boeri, trek-boers, Olandesi del Capo (quelli che vivevano nella zona della Penisola del Capo) o voortrekkers. Si pensa che il termine Afrikaner sia stato usato per distinguere, all'interno della popolazione bianca, quelli di lingua afrikaans da quelli di lingua inglese