La lezione di Nelson Mandela 5 - In carcere
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Inizio della seconda fase
A questo punto possiamo considerare conclusa non la prima parte del libro che, come abbiamo detto, è fatta di continui flash back, ma la fase del tempo della lotta pubblica del leader sudafricano, del suo porsi come indomito e fiero oppositore dell’apartheid, della resistenza accanita col ricorso alla violenza se necessaria, della contrapposizione senza cedimenti e compromessi. La seconda parte del racconto dello Stengel abbraccia i 27 anni di prigione, il rapporto con le istituzioni, la presidenza e il ritiro a vita privata.
In questo lungo periodo, denso anch’esso di avvenimenti, ci è sembrato di poter individuare quattro fasi fondamentali che segnano altrettante svolte decisive nella storia del protagonista. Esse maturano, come leggiamo, nelle sue continue riflessioni, nella capacità di affrontare e accettare la realtà con la volontà di sempre costruire, nella fedeltà ai suoi ideali e principi fondamentali, nell’amore per il suo popolo. Sono questi momenti successivi che rivelano la vera fisionomia di Mandela, la sua struttura umana originale e ne segnano la grandezza.
In carcere
Anche in prigione, dove Nelson entra a 46 anni, l’apartheid regna: i neri restano neri, cioè segregati, trattati come esseri inferiori rispetto ai prigionieri bianchi, impediti nell’inviare posta e riceverla, privati della possibilità di leggere e scrivere, umiliati ed obbligati ad indossare calzoncini corti anziché lunghi. Non era consentito parlare e chi fischiettava era punito. La vita era tremendamente dura.
A Robben Island, in questo mondo separato dal mondo dei vivi, Mandela non si lascia piegare. Egli si impone subito fra i prigionieri politici per la sua determinazione, la decisa opposizione agli abusi dell’autorità, l’affermazione in ogni circostanza, della propria e altrui dignità (ricordiamo la battaglia per l’uso dei calzoni lunghi al posto dei calzoncini imposti ai neri). Le prove non mancano e quando un secondino gli comunica la morte del figlio Thembi e la richiesta di partecipare al funerale viene ignorata dalle autorità carcerarie, Nelson dovrà fare ogni sforzo per non mostrarsi vinto dal dolore e dalla tentazione della ribellione violenta (1969). Le lettere arrivano censurate e le notizie della moglie Winnie e delle bambine lo preoccupano (infatti in quegli anni Winnie viene perseguitata, obbligata ad abbandonare la casa, arrestata). Ma anche se la situazione sembra ogni giorno di più incupirsi, la calma, la disciplina, l’interesse per gli altri improntano il suo agire. Anche la cella può trasformarsi in un luogo privilegiato. Così egli scrive a Winnie durante il suo internamento:
“…la cella è un luogo ideale per imparare a conoscersi, per esplorare realisticamente e con regolarità i propri processi mentali ed emotivi. Nel giudicare i nostri progressi in quanto individui, tendiamo a concentrarci su fattori esterni quali la posizione sociale, l’influenza e la popolarità, la ricchezza e il grado d’istruzione. Ciò è importante, naturalmente, per valutare il successo di una persona nelle questioni materiali ed è perfettamente comprensibile che molti si adoperino per questo. Tuttavia, i fattori interni sono forse ancor più cruciali per stimare il nostro sviluppo in quanto esseri umani. Onestà, sincerità, semplicità, umiltà, generosità disinteressata, mancanza di vanità, disponibilità nell’aiutare gli altri – qualità alla portata di chiunque – sono il fondamento della vita spirituale… Meditare regolarmente, diciamo per 15 minuti al giorno prima di dormire, può rivelarsi assai proficuo a questo proposito. All’inizio può sembrare difficile definire gli aspetti negativi della propria vita, ma il 10° tentativo potrebbe portare frutti insperati. Mai dimenticare che un santo è un peccatore che non smette mai di provare a migliorarsi.”