La lezione di Nelson Mandela 4 - La scelta della violenza e l'arresto
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La violenza è l’unica arma per resistere
Nel ’61 nel corso di una riunione segreta Mandela propone ciò di cui ormai era convinto vedendo la non incisività e mancanza di sbocchi dei disordini improvvisati, scioperi, resistenze inefficaci: il tempo della resistenza passiva è finito. La non violenza è una strategia perdente… La violenza è l’unica arma che possa distruggere l’apartheid.
A Stengel che gli chiede come si sia convinto dell’uso dell’ azione violenta, Madiba (il suo nome all'interno del clan di appartenenza, dell'etnia Xhosa) risponde affermando che essa si giustifica quando l’unico modo di fare un passo avanti, di risolvere i problemi è l’uso della forza, quando i metodi pacifici diventano inadeguati. Questa è una lezione della storia, nel corso dei secoli e …in ogni parte del mondo (N. Mandela, Io, Nelson Mandela, pag. 82) (7). E ancora: Un combattente per la libertà impara la dura lezione che è l’oppressore a definire la natura dello scontro, e all’oppresso talvolta non resta altra scelta se non usare metodi che rispecchiano quelli dell’oppressore. (Mandela N., Lungo cammino verso la libertà. Autobiografia, Feltrinelli, Milano,1996, p. 116 ) (8).
L’arresto del 1962. La condanna a 5 anni.
Mandela e Tombo si nascondono e vanno oltre confine, in Etiopia e Marocco per farsi addestrare nella costituzione di gruppi terroristici, azioni di sabotaggio, cellule operative, ma sulla strada per Johannesburg, mentre di nascosto si sta recando dalla moglie Winnie e dalle figlie nell’agosto del 1962, Mandela viene scoperto, arrestato e condotto in carcere. E’ la fine. Ormai, racconta Mandela nella sua autobiografia, avevo tutto il tempo per riflettere sulla mia situazione. Avevo sempre saputo che potevo farmi arrestare, ma i combattenti per la libertà negano questo genere di possibilità e quella notte, in cella, mi sono reso conto di non essere preparato alla realtà del mio arresto e della prigione. Ero turbato e preoccupato (9).
Pretoria e lo stato maggiore sono in festa e radio e mass media diffondono la notizia dell’incarcerazione del pericoloso leader e dell’inizio del processo di Rivonia, alla conclusione del quale il 7 novembre viene condannato a 5 anni di carcere e trasferito a Robben Island (isola poco distante da Città del capo, adibita dal 1700 dai coloni europei a prigione). Winnie ha il permesso di fargli visita una sola volta all’inizio della carcerazione. Si abbracciano per l’ultima volta perché passeranno 27 anni prima che i due coniugi possano riabbracciarsi nel 1990.
La nuova accusa. Il 3°processo. La condanna all’ergastolo del 1964.
Trascorso il primo anno di reclusione, Mandela e i suoi compagni vengono raggiunti da una seconda accusa, quella di sabotaggio, reato punibile con la pena di morte.
Questa rappresenta per lui l’ultima volta in cui parlare in pubblico e per questo Mandela decide di pronunciare personalmente la propria difesa, dichiarandosi colpevole di aver lottato per i diritti umani, contro leggi ingiuste, colpevole di aver lottato in difesa del suo popolo oppresso. Queste le sue parole memorabili:
Gli africani vogliono essere parte della popolazione generale e non confinati a vivere nei propri ghetti. Gli uomini africani vogliono vivere con le mogli e i figli dove lavorano e non essere costretti a un'esistenza innaturale negli ostelli per uomini. Le donne africane vogliono stare con i loro uomini e non essere lasciata vedove permanentemente nelle riserve. Gli africani vogliono poter uscire dopo le undici di sera e non essere confinati nelle loro stanze come dei bambini. Gli africani vogliono poter viaggiare nel proprio Paese e cercare lavoro dove vogliono e non dove dice l'Ufficio del Lavoro. Gli africani vogliono una quota equa del Sud Africa, vogliono sicurezza e una partecipazione nella società”.
“Soprattutto, noi vogliamo diritti politici uguali, perché senza di loro le nostre disabilità saranno permanenti. So che questo suona rivoluzionario per i bianchi in questo Paese, perché la maggioranza degli elettori saranno africani. Questo fa temere la democrazia all’uomo bianco”.
“Ma questa paura non può frapporsi sul cammino dell'unica soluzione che garantirà armonia razziale e libertà per tutti . Non è vero che l'affrancamento di tutti comporterà dominio razziale. La divisione politica basata sul colore della pelle è del tutto artificiale e, quando scomparirà, scomparirà anche la dominazione di un gruppo di un colore su un altro. Da mezzo secolo l'African National Congress lotta contro il razzismo. Quando trionferà non cambierà questa sua politica”.
“Questo allora è ciò che l'ANC sta combattendo . La loro lotta è veramente nazionale . È una lotta del popolo africano, ispirata dalla sua sofferenza e dalla sua esperienza. È una lotta per il diritto di vivere”.
“Nel corso della mia vita mi sono dedicato a questa lotta del popolo africano. Ho combattuto contro la dominazione bianca e ho combattuto contro la dominazione nera. Ho accarezzato l'ideale di una società democratica e libera nella quale tutte le persone vivano insieme in armonia e con pari opportunità. È un ideale per cui spero di vivere e che spero di realizzare. Ma, se necessario , è un ideale per cui sono disposto a morire”.
Viene condannato all’ergastolo l’11 giugno del 1964 e Mandela non ricorre in appello anche se sa che le strade sono state invase nei giorni del processo da migliaia di simpatizzanti che chiedevano la grazia per lui e che i capi del parlamento inglese, il capo dell’esecutivo sovietico Breznev e il rappresentante degli Stati Uniti si sono mossi per lui presso il governo sudafricano.
NOTE
7) Nelson Mandela, Io, Nelson Mandela, ed. Sperling e Kupfer, 2010, pag. 82.
8) Mandela N., Lungo cammino verso la libertà. Autobiografia, Feltrinelli, Milano, 1996, p. 116.
9) D. Lapierre, op cit., pag.163.