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“Diario clandestino” 2 - Perché dunque “Diario” e perché “clandestino”?

Fonte:
CulturaCattolica.it
Leggiamo dalla sua Introduzione (cfr. Istruzioni per l’uso pp. VII-IX)
“Questo “Diario clandestino” è talmente clandestino che non è neppure un diario… uno dei soliti diari nei quali l’autore si mette al centro dell’universo come se egli ne costituisse il perno. […] è tanto clandestino che non è neppure un diario, ma secondo me potrà servire, sotto certi aspetti, più di un diario vero e proprio a dare un’idea di quei giorni, di quei pensieri e di quelle sofferenze.
Perché è l’unica roba valida, sicuramente valida che possa oggi essere pubblicata.
E’ l’unico materiale autorizzato, in quanto io non solo l’ho pensato e l’ho scritto dentro il Lager, ma l’ho pure letto dentro il Lager. L’ho letto pubblicamente una, due, venti volte, e tutti lo hanno approvato.”

Ma perché dunque Guareschi finì nel Lager dal settembre del 1943 all’estate del 1945?
La spiegazione più dettagliata ci viene offerta da GiorgioTorelli, parmigiano come Guareschi, oltre che suo amico e collaboratore, nella sua bella biografia intitolata “I baffi di Guareschi”.
Eccone una breve sintesi: all’origine di tutto c’è una solenne sbronza.
Una sera dell’inverno 1942 Guareschi, ricevuta la notizia che suo fratello Pino era disperso in Russia (notizia rivelatasi poi falsa), rincasa con gli amici in via Ciro Menotti dove abitava a Milano, in preda a una solenne sbronza e grida a tutto il quartiere ciò che pensa di Mussolini e della sua politica. Ce n’è abbastanza per far uscire sul pianerottolo un vicino di casa di fede fascista, che non perde l’occasione per fare la sua zelante spiata. Ma un altro vicino di casa, per eccesso di premura fa ancora di peggio: memore dell’efficacia degli antichi rimedi, offre a Guareschi un bicchiere di ammoniaca in un po’ d’acqua e Giovannino la beve d’un fiato, procurandosi guai grossi allo stomaco che lo avrebbero accompagnato tutta la vita.
Va da sé che due giorni dopo, Guareschi, novello Renzo Tramaglino, dopo la sbornia incontrollata, viene chiamato al presidio fascista di via Mario Pagano: la pena, grazie all’intercessione di amici influenti (egli lavorava già per la Rizzoli), viene ridotta: richiamo nel Regio Esercito nel suo ruolo già acquisito di tenente d’artiglieria.
Ma l’ulcera procuratasi allo stomaco gli ottiene subito una lunga licenza, alla fine della quale Guareschi si ripresenta alla caserma di Alessandria appena in tempo per incorrere nel disastro militare dell’8 settembre 1943, le cui conseguenze egli racconta umoristicamente, (ma non del tutto…) nelle sue “Lettere al postero” poste all’inizio del “Diario clandestino”.
Dal rifiuto a collaborare con i Tedeschi all’internamento nei Lager il passo fu breve, ma lungo fu il calvario che lo portò di Lager in Lager tra la Germania e la Polonia occupata, tra il settembre del 1943 e l’estate del 1945.

Il 20 settembre 1943 Giovannino, con pochi altri prigionieri del Lager di Czestochowa viene accompagnato a visitare il Santuario della Madonna Nera (al comando tedesco hanno saputo che è giornalista e più volte cercheranno di ottenere la sua collaborazione…). Ecco uno stralcio del suo racconto tratto dal brano del “Diario clandestino” intitolato “Madonna nera”:
Entriamo nella Basilica e ci troviamo in mezzo a una folla di donne e bambini, davanti a un altare che è tutto un racconto fiabesco di ori e di luci, mentre un organo suona. Dopo un mese di vita in ambienti dove ogni cosa trasuda sporcizia e disperazione, dove ogni parola è un urlo, ogni comando è una minaccia, trovarsi d’improvviso in quell’aria serena, in mezzo a quel barbaglio d’oro, a quella calda onda di musica!...
Mi arresto perplesso sull’entrata, poi riprendo ad avanzare, e mi sembra d’essermi sfilato dal mio corpo coperto di stracci e d’averlo lasciato lì sulla porta, tanto mi sento leggero. (…)
Si leva un canto dalla folla e pare la voce stessa della Polonia: un dolore dignitoso di gente usa da secoli ad essere schiacciata e a risorgere. Di gente che viene uccisa sempre e che non muore mai.
” (pp.16-17)

Fu forse proprio un dono della Provvidenza questa visita al Santuario di Czestochowa, perché Guareschi intendesse, all’inizio del suo percorso di sempre maggior privazione di diritti e libertà, che poteva essere libero anche lì.

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